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Scritto da Gabriele Adinolfi   
Giovedì 13 Aprile 2023 10:08

Venire a capo del grande disorientamento!

Un tempo i comunisti si opponevano indistintamente alle classi dirigenti mondiali che per loro rappresentavano il dominio di classe borghese, e a ogni potenza imperialista. Tutto questo aveva una coerenza in sé, ma era inficiato da due vizi di fondo: in ogni Paese finivano sempre per il lavorare per “il re di Prussia”, in senso nemmeno troppo figurato e, quando riusciva loro una rivoluzione, producevano automaticamente lo stesso scarto sociale, i medesimi meccanismi classisti e imperialisti, ma in uno scenario devastato. Disastri dell'utopia.

I nazionalisti sostenevano il dominio della propria società sulle altre, del proprio imperialismo su quello altrui, garantendo la classe dirigente e le discriminazioni sociali. Oggi i sovranisti li copiano fuori tempo caricaturandoli in una sorta di campanilismo mercantile. Meglio se a guadagnare uno si chiama Brambilla, piuttosto che Meyer o Dupont!

Poi intervenne la Rivoluzione che, ad autunno inoltrato, affermò la grande Primavera.
Essa introiettò nella potenza nazionale la dinamica socializzante, la spinta all'eguaglianza delle opportunità e dell'ascesa sociale e guerriera. Intervenne sulle leggi del capitale, del lavoro e del mercato e determinò al tempo stesso qualcosa di Locale e di Universale.
Aprì la strada a grandi cambiamenti etici, spirituali e sociali che venivano a capo delle utopie marxiste e del cinismo nazional-liberista.

Poi i popoli persero la guerra mondiale contro la classe dirigente internazionale di cui faceva già parte anche la bolscevica.  Per una quarantina d'anni ancora avemmo comunque dei tentativi ideali, culturali, poetici, per rimettere tutto in causa con un nuovo vitalismo, oggi perduto,

Adesso i comunisti, tranne una minoranza, si battono per i “diritti civili” all'interno di una società sempre più divaricata socialmente. Dall'utopia sono passati alle rivendicazioni da assemblee condominiali.

Poi ci sono gli “antagonisti”, un sottoprodotto terminale della destra radicale che ha ormai trent'anni di inutile stagnazione. A furia di scimmiottare i comunisti di una volta, anch'essi sono giunti alla conclusione di doversi porre sistematicamente contro la classe dirigente, senza distinzioni. Benché questo atteggiamento pecchi di sclerosi incapacitante, può anche essere considerato emotivamente corretto.
Peccato che, sempre a furia di scimmiottare i rossi di un tempo, anch'esso si sia condensato nell'ostilità antinazionale, a sostegno della medesima classe dirigente, solo più brutale e totalizzante, presente in esotici concorrenti mercantili e imperialistici degli europei e si sia quindi mutato in odio verso il padre, la madre e il fratello.

In conclusione
, sia le sinistre arcobalen/open/antifa che le destre terminali lavorano per il re di Prussia, inteso come s'intendeva allora. Oggi si direbbe per il Grande Fratello.
Mentre le loro cellule grigie stanno appresso a scenari onirici, di dubbio gusto ma sempre irreali.

È giunto il tempo di rimettere tutto in causa con un nuovo vitalismo, orientato da centralità spirituale ed etica e dall'essere coscienti. Tutto questo va rimesso in forma, a partire da ognuno di noi.

 

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