 Lo spirito e il senso di questo 9 maggio in Russia
Oggi in una Russia sfiancata da una guerra lampo che si è subito trasformata in uno stillicidio senza fine, circospetti, anche un po' impauriti, gli invasori dell'Ucraìna festeggiano il settantottesimo anniversario della Vittoria Partiottica. Cioè della vittoria su Italia e Germania, della spartizione della Germania occupata, del varo di una tirannia di quarantacinque anni su mezza Europa, schiavizzata e depressa.
A suo tempo Stalin aveva cercato di compattare le popolazioni sovietiche rispolverando i temi patriottici, al fine d'impedire all'armata che veniva da ovest di restituire identità, libertà, nazionalità, ai popoli oppressi. Vi riuscì soprattutto mandando allo sbaraglio masse di asiatici che poco o nulla sapevano di cosa stesse accadendo e probabilmente nemmeno di chi li governasse. Ottenne il potere su mezzo mondo sacrificando masse intere di carne da cannone, con il sostegno dei carri, delle armi e dei soldi degli americani. Questi ultimi si mossero in modo di consentire ai russi di conquistare terreno senza infastidirli. Per loro Jalta significava due cose: spaccare e sottomettere l'Europa, subentrare alla potenza inglese. I russi erano da sempre i loro compari e tali restarono nel dopoguerra, utilizzati come spaventapasseri nella tragicommedia atlantista.
Quarantacinque anni dopo la Russia sovietica implose letteralmente. Non fu né aggredita né destabilizzata dagli occidentali, fallì di suo. Anzi, i capitali tedeschi ne evitarono il tracollo finanziario e l'intervento americano ne garantì la sopravvivenza politica e militare. Dapprima disarmando il nucleare ucraìno, quindi avviando una serie di rapporti bilaterali di amicizia Russia-Nato, mediante i quali non solo Mosca divenne membro aggiunto dell'Alleanza, ma la sola azione minacciosa che si verificò avvenne da est verso ovest, con le testate nucleari nell'enclave di Kaliningrad. Minaccianti l'Europa, non gli Stati Uniti.
Per un decennio (1997-2006) la Russia pensò di voltare pagina e di aprire un dialogo costruttivo con la Ue e, in particolare, con la Germania e la Francia. Poi cambiò di colpo, perché si rese conto di non poter reggere il confronto con gli europei in nessuno dei campi del soft power che all'epoca attuale conta più della potenza muscolare. Dal 2008 si è progressivamente posta come potenza anti-europea, contando, a torto o a ragione, sulla convenienza americana in questo nuovo gioco. Dal 2014 si è impantanata in una politica imperialistica stolta. Dal 2022 è passata alla prova muscolare che finora le è andata malissimo. Da allora, corsi e ricorsi psicostorici, il “patriottismo” russo si è tinto sempre di più di colori bolscevichi. Bandiere sovietiche, statue a Lenin e poi a Stalin, affermazioni sempre più perentorie della restaurazione dell'Unione Sovietica, almeno nello spirito e nella geografia. Ed è con questi toni che oggi gli invasori dell'Ucraìna festeggiano la vittoria del 1945 su di noi.
Al di là di tutto cioè a prescindere dallo schifo dei riferimenti moscoviti di oggi, teniamo presente che simili riaffermazioni astoriche perentorie, analoghi richiami collettivi trionfalistici e violenti, finora si sono sempre avuti, ovunque ciò sia accaduto, solo quando tutto stava finendo: sono i tipici tentativi disperati per esorcizzare l'inevitabile. Tutt'al più a Mosca possono sperare, in caso di una decisiva vittoria in Ucraìna, di metterci qualche toppa e di guadagnare del tempo, ma dalla china intrapresa non si vede propriocome potranno rialzarsi. Vedremo poi cosa resterà della Russia e se, guarita da tutto ciò, potrà ritrovare un ruolo ed evitare di scomparire. Sperando che, quando ciò accadrà, non debba dire ancora e sempre grazie agli americani. |