Commissione 11 settembre: le responsabilità di Cheney |
|
|
|
Scritto da EIR
|
Mercoledì 19 Maggio 2004 01:00 |
di Paolo Raimondi, presidente del Movimento Internazionale per i Diritti Civili - Solidarietà Roma, 7 maggio 2004 -- Ci sono voluti un anno e sette mesi di battaglie, ma all'inizio di aprile la Commissione Parlamentare del Congresso americano sull'11 settembre ha cominciato a operare. E subito la verità è esplosa in faccia a Cheney e a Bush. L'effetto psicologico provocato dallo choc dell'11 settembre aveva paralizzato la popolazione americana e una efficiente orchestrazione dei mass media aveva mantenuto alto il livello di terrore. Poi l'emergenza della preparazione della guerra in Iraq e la prospettiva di una prolungata guerra preventiva generalizzata e di una guerra al terrorismo infinita aveva eccitato un falso patriottismo accecante. Un anno dopo il preannunciato fallimento dell'invasione dell'Iraq molte cose sono cambiate e i neo conservatori di Dick Cheney sono sulla difensiva. Il momento è arrivato di far chiarezza sull'11 settembre. Come è stato possibile? Chi lo ha fatto? Chi non ha voluto vedere? E perché? Queste sono alcune delle domande che molti americani, anche settori dell'establishement politico e militare, si stanno ponendo. La Commissione, presieduta dal repubblicano Tom Kean e dal democratico Lee Hamilton e composta da parlamentari di entrambi i partiti, dopo i primi tre giorni di audizioni ha espresso parole di condanna per l'amministrazione Bush, concludendo che se i vertici del governo si fossero comportati diversamente, la tragedia poteva essere prevenuta. Le accuse dei membri della Commissione sono apparse sulla prima pagina del Washington Post del 17 aprile fianco a fianco con il primo annuncio del libro "Plan of Attack" di Bob Woodward, il noto giornalista che denunciò il caso Watergate che costrinse Nixon alle dimissioni, in cui Cheney è identificato come l'architetto "febbricitante" dell'iniziativa guerrafondaia contro l'Iraq. In un'audizione l'ex responsabile del Consiglio di Sicurezza Nazionale (NSC) per l'antiterrorismo Richard Clarke ha riferito alla Commissione come Cheney non abbia tenuto neanche un solo incontro della sua task force per l'antiterrorismo prima che si verificasse la tragedia dell'11 settembre. Clarke, che è stato al governo con Bush senior, Clinton e Bush junior, ha pubblicato a marzo un libro intitolato "Contro tutti i nemici" in cui spiega di aver personalmente indicato il pericolo terrorismo ai principali esponenti del governo, ma che erano troppo presi dall'ossessione "Saddam". Subito dopo la sua testimonianza, Cheney è corso a telefonare alla trasmissione radiofonica del fondamentalista crisitiano Rush Limbaugh per dire che Clarke "non era del gruppo" del NSC. Si era dimenticato che Condoleeza Rice aveva nominato Clarke a capo della "gestione della crisi" proprio l'11 settembre, come prima decisione della giornata. Clarke venne dimissionato molto più tardi, dopo che aveva ripetuto più volte a Bush che l'Iraq non c'entrava niente con l'11settembre. Il libro di Woodward, pubblicato a puntate sulle pagine del Washington Post, dà supporto ai primi risultati della Commissione dettagliando anche come Cheney nel maggio 2001 avesse ricevuto il mandato di coordinare l'antiterrorismo e la sicurezza territoriale ma avrebbe ignorato la montagna di indicazioni e di prove raccolte dalla CIA e dalla FBI tra la primavera e l'estate, prove che parlavano di gravi rischi di attacco terroristico di vaste dimensioni. Il 18 aprile, ospite della trasmissione "60 minutes" della CBS, Woodward ha rincarato la dose contro Cheney accusandolo di aver trascinato gli USA nella guerra in Iraq adducendo pretesti che adesso risultano chiaramente screditati, come i presunti legami dell'Iraq con l'11 settembre e come i presunti arsenali di armi di distruzione di massa di Saddam. Per scrivere il suo libro Woodward ha consultato almeno 75 esponenti dell'amministrazione e ha tra l'altro scritto che Cheney è stato anche l'architetto di ciò che il Segretario di Stato Colin Powell ha definito un governo paralle |
Le torture del professor Wolffsohn infiammano Berlino |
|
|
|
Scritto da Guido Ambrosino
|
Mercoledì 19 Maggio 2004 01:00 |
Michael Wolffsohn, ordinario di storia contemporanea all'università militare di Monaco, ha difeso la tortura.
«Secondo me la tortura o la minaccia della tortura è un mezzo legittimo nella lotta al terrorismo», ha detto il 5 maggio a un talk-show. «Con metodi da gentleman», ha aggiunto, non se ne potrà venire a capo, perché «il terrorismo non ha nulla a che fare con le norme del nostro ordinamento civile». Queste parole hanno giustamente suscitato una tempesta. L'accademia militare di Monaco, insieme a quella di Amburgo, forma gli ufficiali della Bundeswehr. Il deputato democristiano Willy Wimmer ha scritto al ministro della difesa per sapere «se le tesi del professore facciano parte dei programmi di studio». Il socialdemocratico Peter Struck assicura che quelle tesi sono «intollerabili». Il ministro ha convocato per questa settimana Wolffsohn a Berlino, ma dovrà probabilmente limitarsi a una ramanzina. Il professore si sente protetto dalla libertà d'insegnamento e di ricerca.
La biografia e la personalità di Wolffsohn, non nuovo a formulazioni estreme, complicano la disputa. E' nato a Tel Aviv nel 1947 da genitori ebrei emigrati dalla Germania. Nel `54 la famiglia si trasferì a Berlino ovest, dove Wolffsohn ha studiato, con una interruzione per il servizio militare in Israele. Mentre la comunità ebraica si definisce come rappresentanza degli ebrei in Germania, Wolffsohn ci tiene a presentarsi come ebreo tedesco. Ai tedeschi rimprovera la rinuncia a pensare in termini nazionali. Per questo riscuote simpatie tra i conservatori. Ignatz Bubis, presidente della comunità ebraica scomparso da qualche anno, lo accusò di essere «l'ebreo modello per gli estremisti di destra». Ma ciò non toglie che Wolffsohn, come altri ebrei con un ruolo pubblico, sia bersaglio di risentimenti nazisti. In seguito al dibattito televisivo sulla tortura è stato sommerso da messaggi «con i peggiori insulti e perfino con minacce di morte», come ha detto a un settimanale.
Il professore ha innestato la retromarcia. Si rammarica per non aver marcato la differenza tra le sue «riflessioni scientifiche» e le notizie che giungono dalle carceri irachene. E «per non aver chiarito al di là di ogni dubbio la mia condanna morale e di principio di sadiche torture (come in Iraq e a Guantanamo)».
Pare che Wolffsohn deprechi maltrattamenti punitivi. E che rivendichi la tortura come estrema risorsa preventiva, per sventare piani terroristici, in circostanze d'«emergenza». Niente di nuovo. Quanti hanno praticato la tortura in passato l'hanno sempre giustificata come risposta d'«eccezione» a minacce incombenti, che fosse il complotto del diavolo o quello giudaico-bolscevico, o l'accerchiamento imperialistico, o la guerriglia comunista.
Né Wolffsohn è il solo a invocare l'«emergenza». A chi insiste per provvedimenti disciplinari contro il docente, perché la libertà d'insegnamento non esimerebbe dalla fedeltà alla costituzione (che considera «inviolabile» la dignità della persona), l'avvocato di Wolffsohn replica che lo stesso rimprovero si potrebbe muovere al ministro degli interni. Otto Schily, in un'intervista allo Spiegel, ha alluso all'uccisione «preventiva» di terroristi, a cui manda a dire: «Se amate la morte, potete averla».
Gli inviti a abbandonare i «metodi da gentleman» si moltiplicano. Durante un'audizione parlamentare nel 2002 l'allora responsabile della Cia per l'antiterrorismo, Cofer Black, dichiarò: «Dopo l'11 settembre ci siamo tolti i guanti». Nessuno avanzò obiezioni. Il 23 aprile la nostra camera dei deputati ha stabilito che la tortura è esecrabile solo «se ripetuta». Il professor Wolffsohn sfonda una porta aperta. Non si capisce cosa resti da discutere sul piano «intellettuale»: siamo alle esercitazioni pratiche |
Scritto da noreporter.org
|
Mercoledì 19 Maggio 2004 01:00 |
A Teheran una via dedicata al celebre martire nazionalista irlandese sta creando un caso diplomatico con gli inglesi  Bobby Sands al posto di Winston Churchill: è lo strano destino di una strada di Teheran, che alcuni anni fa è stata ribattezzata per ricordare il martire dell'indipendentismo irlandese. Gli scherzi della toponomastica hanno ottenuto intenti ancora più beffardi poiché la strada in questione si trova nelle immediate vicinanze dell'ambasciata britannica della capitale iraniana. Da qui le recenti pressioni da parte della diplomazia inglese per convincere il governo Khatami a rimuovere il fastidioso riconoscimento nei confronti di colui che Londra non ha mai smesso di considerare un semplice terrorista.
Un punto di vista difficilmente condivisibile da parte di chi ricorda che il 27enne di Belfast era stato condannato a 14 anni di galera solo per possesso di arma da fuoco, non per strage di civili inermi. In ogni caso nel 1981 Bobby Sands è assurto a simbolo della lotta di liberazione irlandese dopo essersi lasciato morire di fame in carcere al termine di un lungo braccio di ferro col governo di Margareth Thatcher per ottenere lo status di prigioniero politico. Nelle ultime settimane di carcere, ormai in fin di vita, Sands era stato anche eletto deputato a Westminster ottenendo oltre 30.000 voti. Risale a quell'epoca il legame tra il moderno eroe dell'indipendentismo irlandese e quello che alcuni considerano uno Stato-canaglia. Il governo iraniano si recò in via ufficiale ai funerali di Sands donando anche una targa commemorativa alla famiglia del giovane. Adesso, sebbene il ventennale della sua morte sia trascorso da tempo e nonostante un processo di pace in corso da anni, il ministro degli esteri inglese Jack Straw sta intensificando gli sforzi diplomatici per convincere l'Iran a cancellare quel nome scomodo dal quartiere dove ha sede l'ambasciata.
Fonti del ministero avevano inizialmente negato l'esistenza di pressioni in tal senso su Teheran: "vi sono problemi ben più importanti del nome di una strada", aveva assicurato un portavoce dello stesso Straw. Salvo essere poi smentito da un collega che in un'altra occasione dichiarava che "gli iraniani possono dimostrare la loro volontà di combattere il terrorismo anche cambiando il nome di una strada". Il ministro degli esteri iraniano Kamal Kharazi ha confermato che Straw si è rivolto personalmente a lui nelle visite in Iran degli ultimi due anni. E se l'ambasciata irlandese non ha preso una posizione ufficiale limitandosi a ricordare che Bobby Sands street è un'attrazione turistica per gli irlandesi che visitano il paese degli ayatollah, molto più decisa è stata la reazione della comunità nazionalista del nord Irlanda, secondo la quale il governo iraniano non deve cambiare la denominazione della strada anche per ricordare a Londra il suo passato di oppressione e violenza nei confronti del popolo irlandese. "Bobby non è morto da terrorista, ma da combattente per la libertà del nostro paese", ha affermato Danny Morrison, direttore della fondazione di Belfast intitol |
Scritto da Ansa
|
Mercoledì 19 Maggio 2004 01:00 |
Revival Evoluzionista ROMA, 19 MAG - Nelle scuole medie e superiori di tutta Italia il prossimo 27 maggio verra' celebrato il Darwin Day. Artefice dell'iniziativa e' l'Associazione nazionale degli insegnanti di scienze naturali, per rafforzare l'iniziativa delle Universita' di Bologna, Firenze e Padova, nella stessa data ha organizzato una giornata pro Darwin. Nelle lezioni verra' illustrata agli allievi l'importanza della teoria dell' evoluzione sia sotto il profilo scientifico sia sotto quello culturale. 'Pensare evolutivamente' per un giovane - sostengono gli insegnanti coinvolti nell'operazione - vuol dire arricchire le sue possibilita' di decifrazione e d'interpretazione del mondo. Laddove possibile, sono stati organizzati anche incontri con scienziati, studiosi del pensiero di Darwin, giornalisti e uomini di cultura nelle scuole stesse o nelle universita' in modo da allargare il dibattito il piu' possibile. |
Medicina: bimbi piu' intelligenti se allattati al seno. Ma allattarli al seno non ingrassa la Nestlè |
|
|
|
Scritto da Noreporter.org
|
Martedì 18 Maggio 2004 01:00 |
Bimbi piu' intelligenti se allattati al seno. Ad affermarlo il professor Gian Paolo Salvioli, direttore del centro dipartimentale dell'alimentazione umana dell'universita' di Bologna, oggi intervenuto al decimo congresso nazionale della societa' italiana di Neonatologia.
Secondo uno studio su diecimila bambini, il quoziente di intelligenza e' maggiore nei neonati allattati al seno. Difficile, pero', stabilire, ammettono i dottori, se si tratti di un elemento legato strettamente alle proprieta' del latte materno, o dal complesso rapporto che si instaura fra la mamma e il suo piccolo. Nonostante la propaganda e gli inni alla famiglia lanciati in coro da centro-destra e centro-sinistra,le politiche di tutela della famiglia non consentono alle mamme di allattare al seno i propri figli col rischio di perdere il lavoro o di subire cospicue detrazioni del proprio stipendio. Così si ricorre al latte artificiale ( e ad ingrassare le multinazionali come Nestlè),si mettono al mondo meno figli e le parole della politica lasciano il tempo che trovano. |
Brasile: il realismo del presidente Lula |
|
|
|
Scritto da A.Berruti
|
Martedì 18 Maggio 2004 01:00 |
Lodato dai banchieri ma criticato dai movimenti sociali. Dopo diciotto mesi di governo, Lula non può evitare che il suo PT si spacchi. Ma se all’interno stenta, sul piano internazionale il Brasile coltiva un progetto ambizioso: unire i paesi latinoamericani per arginare l’egemonia commerciale statunitense. Osannato, temuto, carismatico, goffo: comunque lo si giudichi, è intorno al presidente Lula da Silva che ruotano ansie e speranze del Brasile. Fare oltre che sognare, è stato il motto che lo ha accompagnato in questi primi diciotto mesi di governo, che però vari spezzoni della sinistra brasiliana giudicano in moto sempre meno tenero. In politica estera, al di là delle concessioni al FMI, il governo sta tenendo testa a Washington nelle trattative commerciali che danno forma all’ALCA. Ma se all’estero la sua popolarità è ancora intatta e Lula evoca una sorta di icona per la sinistra internazionale, in Brasile il clima da luna di miele è ormai un dolce ricordo.
Luna di miele finita
Il consenso di cui Lula ha goduto finora è in calo. Il malcontento popolare cresce proporzionalmente all’austerità voluta dal ministro dell’economia Antonio Palocci. I sondaggi indicano un crollo dell’indice di gradimento del presidente brasiliano dall’83% a poco più del 50%, una cifra inferiore persino alle preferenze elettorali che lo avevano proiettato alla guida del paese. E’ inoltre scaduta la tregua accordatagli dai movimenti della sinistra radicale e il suo stesso partito, il PT, ha bocciato la politica economica del governo in un vertice dello scorso aprile, salvo poi serrare le fila e approvare un secondo documento di appoggio incondizionato. Secondo il sociologo Emir Sader, le contraddizioni tra l’evoluzione ideologica di Lula e quella del suo partito sono ben visibili: il presidente sta annullando il PT in quanto soggetto politico, assumendo senza consultarlo le decisioni più delicate. Come per esempio la riforma delle pensioni o le contestate concessioni al Fondo monetario internazionale, lodate dai banchieri internazionali ma aspramente criticate da sinistra. Intanto l’eco dei primi colpi di scena sfoderati da Lula si sta dissolvendo. Per lanciare in grande stile la campagna Fame Zero (cui si è aggiunta Sete Zero), aveva annullato lo scorso anno l’acquisto di alcuni caccia bombardieri affermando di voler investire i soldi risparmiati nella lotta alla povertà. Poi aveva dato uno schiaffo a Microsoft, decidendo la conversione dei computer della pubblica amministrazione al software libero (Linux). Infine il parlamento di Brasilia aveva varato una storica riforma agraria e riconosciuto il debito nei confronti degli indios amazzonici, restituendo a una tribù del Parà 2 milioni di ettari di foresta. In realtà non c’è rosa senza spina e l’azione del governo è stata più ambigua. L’acquisto di una dozzina di cacciabombardieri da parte dell’aviazione brasiliana è stato soltanto rinviato. Come rivela il quotidiano messicano La Jornada, non solo quest’anno il Brasile pagherà i famosi 700 milioni di dollari per 12 jet militari, ma si prevede che entro il 2006 per ammodernare l’aeronautica si spenderanno 3 miliardi di dollari. Più di quanto possa permettersi ogni altro paese confinante. In Amazzonia, denuncia il WWF, la tutela ambientale è regredita e la sospirata distribuzione delle terre incolte alle famiglie contadine si avrà forse tra due anni, mentre nel 2003 se ne sono distribuite meno che durante il peggior anno dell’amministrazione Cardoso. Facile comprendere che per qualcuno il conto alla rovescia sia già iniziato: la fiducia delle masse contadine verso Lula, fa notare il Movimento dei senza terra (MST), è enorme ma non inesauribile.
Economia tra luci e ombre
La borsa brasiliana, dopo gli ottimi risultati dell’ultimo anno, perde nel primo quadrimestre 2004 il 5% netto, in controtendenza rispetto alla media delle piazze finanziarie latinoamericane. Colpa dello scandalo Diniz e del ritardo con cui la Banca |
Olimpiadi, anche i transessuali ad Atene |
|
|
|
Scritto da repubblica.it
|
Martedì 18 Maggio 2004 01:00 |
Via libera del Comitato olimpico internazionale.
I transessuali potranno andare alle Olimpiadi. Il Comitato olimpico internazionale ha infatti definito le condizioni in base alle quali gli atleti transessuali potranno partecipare alle gare, maschili o femminili a seconda dei casi. La prima condizione è che "siano state effettuate delle trasformazioni anatomiche chirurgiche". In pratica che ci sia stata l'asportazione "degli organi genitali esterni o delle gonadi", ovvero l'ablazione dei testicoli. La seconda condizione è che ci sia stato un "riconoscimento legale del nuovo sesso da parte delle autorità ufficiali competenti". Cioè, che gli atleti abbiano dei documenti rilasciati dallo Stato, attestanti la loro nuova identità sessuale. La terza condizione chiede che "un trattamento ormonale appropriato al nuovo sesso sia stato somministrato per un periodo sufficientemente lungo per ridurre al minimo i vantaggi del sesso precedente nelle competizioni". Questo periodo è stato fissato dal Cio in almeno due anni, prima che un ex-uomo possa gareggiare tra le donne, così da diminuire con gli ormoni la propria potenza muscolare "mascolina".
Queste norme superano gli esiti dei test del sesso, che, nel caso dei transessuali, continuavano a rilevare il vecchio sesso, impedendo così l'accesso alle gare. Le nuove norme hanno effetto immediato e aprono le porte ai transessuali sin dai Giochi di Atene in agosto.
|
Dovrai marchiare il tuo cane |
|
|
|
Scritto da www.noreporter.org
|
Martedì 18 Maggio 2004 01:00 |
Da luglio i nostri animali domestici saranno schedati con un microchip. Ogni giorno che passa la vita sempre più sotto controllo e programmazione.  La Commissione europea, tra mille polemiche, ha dato via libera al trasferimento alle autorità degli Stati Uniti dei dati completi dei suoi cittadini in volo transoceanico.
Dal prossimo 3 luglio cani e gatti saranno obbligati, come pure criceti e uccellini in gabbia, ad avere un passaporto individuale.
Di colore blu, con il simbolo stellato della UE al suo centro, rilasciato dal veterinario, questo documento si accompagnerà ad un numero tatuato sull’animale o inserito nella cute mediante microchip.
I due fatti sono emblematici di un’era in cui l’uomo ha deciso di abdicare alla sua indipendenza e offre, in una sorta di pegno sacrificale, i suoi più fedeli amici al dominio dell’intelligenza artificiale e totalitaria.
Uomini e animali saranno così schiavi, insieme, dei computers e del Big Brother. |
Quando Caino diventa Frankestein |
|
|
|
Scritto da Il messaggero
|
Martedì 18 Maggio 2004 01:00 |
Una raccapricciante relazione a Boston ci rivela il traffico d'organi espiantati a barboni, poveracci, malati di mente, prigionieri politici, schiavi. BOSTON - La relazione di Nancy Scheper-Hughes, antropologa medico dell'universita' della California meglio conosciuta come la "cacciatrice dei compratori di organi", è fissata per le sette del mattino. Mancano dieci minuti all'inizio e la sala è stracolma, oltre trecento persone. Posti in piedi. Comincia alla grande la terza giornata di lavori del congresso americano degli specialisti dei trapianti. Seduti nelle prime file medici che arrivano dall'India, Sud Africa, Pakistan, Filippine, Moldavia, Perù, Brasile. I paesi in cui il commercio di reni, o di fegato, è più florido. I paesi in cui i pescecani vanno in cerca di poveri cristi da ricattare, operare e ricompensare con misere somme di denaro. La dottoressa parla a raffica, il tono e il contenuto della sua relazione fanno sembrare la sala un'immensa aula di tribunale. Un processo sui diritti negati dell'uomo. Il velo strappato su un mondo in cui in cui una parte (ricca) riesce a vivere e a guarire a discapito di un'altra sconosciuta e povera. Quella che, per tirare avanti, spesso non ha altro che un organo del proprio corpo da vendere. "Spara" diapositive a raffica, prima gli elenchi dei paesi dove si fa il reclutamento, poi quelli dove si fanno gli interventi chirurgici, poi i compratori e le tariffe. Segue un lunghissimo rosario di foto: schiene di giovani uomini indiani massacrati da cicatrici che li attraversano dalla schiena all'addome, compratori che brindano in qualche parte del mondo prima di essere identificati e arrestati, chirurghi (molti turchi) che si prestano a impiantare organi comprati clandestinamente, mediatori che campano sulle disgrazie altrui, quelle dei pazienti e quelle dei venditori. Il dossier ammutolisce, la dottoressa Nancy ha sotto controllo l'intero commercio nel mondo. Anche con nomi e cognomi. Invita i medici in sala a mobilitarsi, a parlare, a denunciare e lavorare per le donazioni spontanee e gratuite. Finisce l'intervento ed è un'ovazione. Si siede, stanca e un po' assonnata, ma non si tira indietro se le si chiede di fermarsi un po'. In una delle diapositive che lei ha presentato c'è anche l'Italia tra i paesi da cui partono i "turisti dei trapianti". Un fenomeno preoccupante? «Negli ultimi tempi il fenomeno è diminuito, ma dall'Italia fino a non tanto tempo fa, partivano molti pazienti verso la Turchia. Lì veniva trapiantato generalmente il rene che arrivava dalla Moldavia o dall'Albania». Un viaggio tutto compreso? «Una tariffa unica per il trasporto, il soggiorno, sia in albergo che in ospedale, e il medico. Un rene della Moldavia e dell'Albania può costare circa 2700 dollari (più o meno l'equivalente in euro ndr), della Turchia dai 5mila ai 10mila. Il conto si fa presto». Lei ha disegnato il profilo di quelli costretti a vendere, chi sono? «Barboni senza casa, rifugiati politici, malati di mente, persone indebitate, poveri che non sanno come mandare avanti la famiglia. Tante donne sole». Lei ha anche fotografato i mediatori, non ha paura? «Questo e' il mio lavoro. Altrimenti come faccio a dire che dietro questo mercato ci sono gli stessi che fanno commercio di immigrati, ex prostitute, "mafiosi", organizzazioni criminali di tutto il mondo». Anche il medico turco Yusef Somnez... «Nel dossier ci sono tutti i protagonisti di questa tragedia. Ha visto quell'uomo pakistano che ha preso 1200 dollari per il suo rene perchè indebitato e ora non riesce più a lavorare perchè sta male?». Lei crede che se fosse legale pagare un organo le cose cambierebbero? «Gli organi mai e poi mai devono essere pagati. Questo commercio va stroncato solo con la denuncia». |
Tra incertezza e sfiducia |
|
|
|
Scritto da AGI
|
Martedì 18 Maggio 2004 01:00 |
Reso noto il rapporto ISTAT per il 2003. Crisi di competivita' e sbilanciamento geografico tra le nostre principali piaghe socio-economiche  L'ITALIA VIAGGIA CON IL MOTORE "AL MINIMO" E PERDE COMPETITIVITA' (AGI) - Roma, 18 Mag. - L'Italia viaggia con il motore "al minimo". E' come un'auto da corsa che ha i numeri per gareggiare in Formula Uno, ma si piazza sempre nella parte bassa della classifica perche' non ha il coraggio di rischiare: investe poco in ricerca e innovazione e non riesce cosi' a sfruttare le grandi potenzialita' che pure possiede. Prevale un senso di "incertezza" e, in qualche modo, di "inquietudine" nello scenario dell'economia italiana tracciato dal Rapporto Annuale dell'Istat. La crisi di competitivita' gia' delineata nel Rapporto dello scorso anno appare oggi piu' seria, ma c'e' anche la consapevolezza che ci sono tutte le possibilita' per cambiare marcia e cogliere la ripresa in atto a livello mondiale uscendo finalmente dalla stagnazione. Il presidente dell'Istat, Luigi Biggeri non usa mezzi termini nel descrivere un'Italia che "attraversa una fase inquieta", nella quale "aumentano le incertezze sul futuro e il clima di sfiducia". Un Paese, spiega, che "ha fatto sacrifici per entrare in Europa, continua a farli per mantenere la posizione, ma non si organizza per investire a sufficienza in comportamenti propulsivi, limitandosi a 'tenere il minimo'". Biggeri non si sbilancia su quanto crescera' l'azienda Italia nel 2004. Ci tiene a precisare che lo statistico si limita a rilevare i dati, mentre le previsioni le fanno gli economisti. E tuttavia il presidente dell'Istat riconosce che "l'Italia ha i numeri di un grande paese europeo". Si cominciano ad avvertire anche precisi segnali di miglioramento che, se confermati, potrebbero consentirci di agganciare la ripresa mondiale. Ma avverte che esistono "vincoli che condizionano le prospettive di sviluppo e limitano le nostre scelte, vincoli con radici profonde che si sono aggravati nella recente fase di stagnazione e che, per essere allentati, richiedono interventi di ampio respiro". |
|
|