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Bin Laden for president PDF Stampa E-mail
Scritto da Age   
Domenica 24 Ottobre 2004 01:00

Il fantomas del XXI secolo viene paracadutato nella campagna presidenziale americana. Bush è accusato di non volerlo prendere. E dove si troverebbe ? In Pakistan, il principale alleato degli americani nel mondo islamico, ovviamente.

ROMA - Ancora l'ombra di Bin Laden sulle elezioni presidenziali americane: dopo le critiche lanciate ieri dal candidato democratico John Kerry all'Amministrazione Bush ("Fossi stato alla Casa Bianca, lo avremmo già preso"), John Lehman, un esperto militare americano, assicura che il Pentagono sa esattamente dove si trova lo 'sceicco del terrore' ma non può catturarlo perché i rischi politici di un intervento militare in territorio pachistano sono eccessivi. Secondo l'esperto, le cui dichiarazioni sono state riportate questa mattina dal quotidiano La Stampa, Bin Laden si trova infatti nel Waziristan del Sud, regione "piena di talebani e di membri di al Qaida". Il presidente pachistano, generale Pervez Musharraf, sta "cercando di applicare la legge, ma è cirondato da persone che non sono d'accordo con lui, ed è già sopravvissuto a tre tentativi di omicidio", fa notare Lehman, che conclude: "Questo non è l'Afghanistan, dove c'era collaborazione e potevamo intervenire: alla fine lo prenderemo, ma non ora". In un discorso elettorale tenuto a Reno nel Nevada, Kerry aveva accusato il presidente George W. Bush di aver permesso la fuga del capo di al Qaida affidandosi ai "signori della guerra" afgani per dare la caccia all'arciterrorista nelle caverne di Tora Bora, alla fine del 2001. "Come è stato possibile fidarsi di loro", ha detto Kerry, "quando si ha a disposizione la Decima Divisione di Montagna, il Corpo dei Marines e tutta la forza e l'abilità dei militari meglio addestrati del mondo?". "Io li avrei usati", ha aggiunto lo sfidante democratico, "e avrei continuato a impiegarli fino alla cattura e all'uccisione di Osama bin Laden. Questo significa agire con durezza".

 
L'indotto dell' "affare Iraq" PDF Stampa E-mail
Scritto da Gazzetta del Sud   
Domenica 24 Ottobre 2004 01:00

Un ex ministro accusa Blair di essersi inventato le prove sulla presenza in Iraq delle ormai famose armi di distruzione di massa. Peccato non averlo detto prima dell'aggressione all'Iraq. Ma all'epoca l'ex ministro riceveva ancora lo stipendio dal Governo; preferibile quindi uscire ora allo scoperto e rimpinguare le proprie tasche con i guadagni di un bel libro-accusa.

LONDRA – Ancora una volta la Gran Bretagna con il fiato sospeso per la sorte di un ostaggio ed ancora una volta Tony Blair sotto pressione per l'Irak. Mentre su tutte le prime pagine dei giornali ieri campeggia il volto disfatto e rigato dalle lacrime di Margaret Hassan, l'ex ministro Clare Short sferra un duro colpo al premier accusandolo di aver deliberatamente ingannato il Parlamento ed il Paese sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein nel tentativo di giustificare una guerra che era stata già decisa a Washington. Clare Short era ministro per gli aiuti internazionali e lo scorso anno se ne è andata dal governo proprio perchè contraria alla guerra in Irak. Adesso, come spesso fanno i protagonisti della politica britannica quando perdono il posto, ha dato alle stampa il suo diario. Il libro, intitolato «A honourable Deception?» (un inganno onorevole?) non è ancora uscito, ma The Independent ne sta anticipando i brani più interessanti. Ed è certamente una lettura indigesta per Blair. L'ex ministro afferma di aver visto i rapporti dei servizi segreti sull'arsenale iracheno e sostiene che le esagerazioni sulla minaccia reale e incombente rappresentata dalle armi vietate di Saddam Hussein sono state fatte da Downing Street e non dagli 007. Inoltre rivela che anche i ministri più fedeli a Blair avevano non pochi dubbi sull'opportunità di invadere l'Irak. Le accuse di Clare Short sono molto gravi. Se venisse provato che effettivamente Blair ha mentito al Parlamento sostenendo che era necessario affrontare subito la minaccia «concreta ed incombente» delle armi di distruzione di massa irachene mentre sapeva che tali armi non esistevano più, le sue dimissioni sarebbero inevitabili. Per ora Blair non ha replicato alle affermazioni della Short, come non ha fatto alcun commento al drammatico video diffuso da al Jazeera nel quale Margaret Hassan, l'operatrice umanitaria sequestrata martedì in Irak, ha chiesto piangendo ai britannici, e in particolare a Blair, di favorire il suo rilascio ritirando le truppe dall'Irak. Non c'è da stupirsi del silenzio del primo ministro, del resto espressamente richiesto dal marito iracheno della donna, visto che lo sforzo generale in questo momento è quello di far arrivare ai sequestratori il messaggio che Margaret ha poco e niente a che vedere con la Gran Bretagna, a parte la cittadinanza. Non solo è nata in Irlanda, ma da 30 anni vive e lavora in Irak, paese del quale ha anche la cittadinanza. Denis Caillaux, il segretario generale di Care International, l'associazione di volontariato con la quale la donna lavora, ha rilasciato ad al Jazeera un messaggio nel quale chiede ai rapitori di «capire che è una irachena». Non che questo sia un salvacondotto, ma potrebbe aiutare, anche se da parte del governo ad interim iracheno non c'è alcuna disponibilità a trattare con i sequestratori, come ha detto il premier Iyad Allawi in un'intervista a Fox Tv. «Dobbiamo restare estremamente fermi e intransigenti sul fatto che porteremo i terroristi dinnanzi ai tribunali», ha affermato assicurando che si sta facendo tutto il possibile per liberarla. Intanto rimane un mistero l'identità dei sequestratori. Secondo fonti dei servizi segreti che hanno analizzato il video non dovrebbe trattarsi di integralisti islamici, come nel caso dell'ostaggio inglese Ken Bigley rapito e decapitato dal gruppo del giordano al Zarqawi. A questa conclusione sono giunti notando che nella registrazione la donna appare con il capo scoperto, non indossa la tuta arancione che, secondo il gruppo, è simbolo delle sofferenze dei membri di al Qaida incarcerati a Guantanamo ed è diventata parte del macabro rituale di morte inscenato dai terroristi. Questi indizi fanno sperare che Margaret Hassan sia prigioniera di un gruppo di estortori alla ricerca di un riscatto, anche se non si può escludere che possa essere ceduta da questi ad organizzazioni militanti. 

Satana, protettore dei marinai PDF Stampa E-mail
Scritto da ansa   
Domenica 24 Ottobre 2004 01:00

Un marinaio inglese potrà praticare riti satanici a bordo della Royal Navy. La libertà di religione prevede anche questo. Evidentemente "Dio ha stramaledetto gli inglesi"...

LONDRA, 24 OTT - Un sottufficiale della Royal Navy britannica ha avuto il via libera a praticare la propria religione a bordo della fregata Cumberland. Nulla di stravagante, se non fosse che la religione di Chris Cranmer e' il culto di Satana. Con l'autorizzazione del comandante, Cranmer puo' ora praticare rituali satanisti a bordo, ed ha anche il diritto di essere sepolto secondo rituali tipici della 'Chiesa di Satana', qualora fosse ucciso. Il sottufficiale ha 24 anni e da 4 serve nella Royal Navy.
 
Il prezzo dello sballo PDF Stampa E-mail
Scritto da tgcom.it   
Sabato 23 Ottobre 2004 01:00

Anche Elton John ha rischiato di non cantare più per l'uso eccessivo di marijuana. Lo racconta, in amarcord, il cantante rock sicuro che questo "com'ero alternativo" sia pagante nel mondo sensazionalista a pochi centesimi del "grande fratello"

Erano gli anni Ottanta, era l'Australia, era il divorzio dal Renate Blauel. Ed era la marijuana. Elton John ne fumava così tanta che a un certo punto della sua vita anche la voce ne risentì in maniera seria. "La prima cosa che mi disse il medico fu 'Stai fumando molta erba, vero?" ha confessato la star al "Daily Express". "Io rimasi di stucco e gli chiesi, 'come fai a saperlo?". Dopo allora John si sottopose a un'operazione per continuare a cantare.

Secondo il tabloid il cantante si diede pesantemente al fumo di cannabis quando viveva in Australia negli anni Ottanta, dopo il suo divorzio da Renate Blauel. Nel 1987 subì un intervento chirurgico, e all'epoca lo giustificò con un'infezione alle corde vocali. A vent'anni di distanza però, Elton John ha detto che fu l'eccesso di marijuana a causargli problemi, in particolare la formazione di piccoli polipi che furono rimossi dal chirurgo.

Il medico disse che "lo aveva capito dalla voce roca e bassa" e spiegò al cantante "che la cosa peggiore che poteva fare era fumare marijuana". Dal giorno dell'operazione Elton sostiene che la sua voce è diventata "più profonda, ha più risonanza ed è più forte". "Una volta ero un pianista che cantava" spiega, "oggi sono un cantante che suona il piano".

 
Voleva emulare Fidel ? PDF Stampa E-mail
Scritto da Agi   
Sabato 23 Ottobre 2004 01:00

Ciampi nel farsi applicare un pace maker ha scelto l'anestesia locale. Per non farsi oscurare sulle prime pagine dal premier cubano ?

"Il presidente sta benissimo, ha gia' parlato con i suoi collaboratori, ha letto i giornali ed ha fatto colazione": dal Quirinale lo staff di Ciampi rassicura sulle condizioni di salute del Capo dello Stato al quale stamane, in un ospedale romano (di cui non viene fornito il nome) e in anestesia locale, e' stato impiantato un pacemaker. La notizia e' stata data da una breve nota del Quirinale alle agenzie e ai TG, poco dopo le 11. "Un piccolo intervento programmato da tempo" dicono i collaboratori di Ciampi "per correggere quello che i medici definiscono 'un lieve disturbo nella conduzione elettrica cardiaca'". Ciampi tornera' al Quirinale "al piu' presto", forse gia' stasera. Lunedi' sara' in ufficio e martedi' riprendera' le udienze gia' programmate. Stamane, dopo l'intervento, Ciampi ha parlato direttamente con i suoi collaboratori alla presidenza della Repubblica: voce normale, allegra. La moglie Franca e' con lui. "Ha letto i giornali e ha fatto colazione (con biscotti e marmellata)" aggiungono i suoi collaboratori. Il 12 maggio scorso il presidente della Repubblica si fratturo' la clavicola destra cadendo sui gradini del suo appartamento al Quirinale. Al 'Celio' venne sottoposto a radiografie e gli venne prescritto un breve periodo di riposo.

 
A ridatece Gianburrasca ! PDF Stampa E-mail
Scritto da Corriere della sera   
Venerdì 22 Ottobre 2004 01:00

Non vogliono affrontare la prova del compito in classe e allagano la scuola. Un gesto forse un po’ troppo esuberante, comunque migliore dell’indignazione “politicamente corretta” stile associazione consumatori di tanti studentelli già vecchi e pedanti alla loro età.

MILANO - E’ sconvolto, il preside. «Incredibile, inaspettato, gravissimo», dice. Alza gli occhi al soffitto fino a ieri gocciolante e infradiciato, mitragliato di buchi come un casa di Falluja. «Siamo stati noi», gli hanno appena detto quattro studenti accompagnati dai genitori. Al primo piano del Parini ci sono i carabinieri. Più in alto gli operai con le scarpe nella segatura puntellano i muri ancora inzuppati d’acqua. Dallo scalone si sentono i singhiozzi di una ragazza. E’ una mattina di gelo nel liceo della buona borghesia milanese. Gelo, sconcerto, disagio sulle facce di tutti. Il preside, Carlo Arrigo Pedretti, legge la lettera che un papà gli ha appoggiato sulla scrivania. E’ una confessione scritta. L’ammissione che ad aprire i rubinetti e allagare il Parini non sono stati vandali, esterni o altro. Sono stati gli studenti. Cinque o sei studenti della prima liceo.
Tre ragazze e un ragazzo sono lì, con gli occhi bassi. «Siamo così dispiaciuti e increduli che siamo stati incapaci di autodenunciarci», hanno scritto. Poi, con sintesi perfetta, la notizia: «Niente silicone, ma colla comprata in cartoleria e domopak, volevamo creare soltanto un piccolo guasto per ritardare l’entrata a scuola ed evitare il compito di greco. Invece è stato un disastro».
Hanno sputato il rospo quando ormai non potevano farne a meno. I compagni, lo sapevano tutti. Alle otto e un minuto di lunedì, quand’è stata annunciata la chiusura della scuola per allagamento, in via Goito c’è stato un boato. Qualcuno non ha resistito alla tentazione di farlo sapere. Nella felicità collettiva per una vacanza non annunciata si è perfino fatto ringraziare. Forse si è sentito un eroe, un povero eroe del nulla protagonista di un gesto da ricordare: la verifica di greco sgamata, cinque ore di lezione saltate, una mattina da «tana e liberi tutti». Nessuno sapeva dei danni, racconta Massimo, terza liceo, io ne ho approfittato per cercare i biglietti di Milan-Barcellona. Ho detto anch’io grazie, all’istante senza immaginare le conseguenze», dice Stefano, seconda liceo. «Che figata, ho pensato. Hanno bloccato la scuola per un compito in classe», è stato il primo pensiero di Monica, quinta ginnasio. Adesso sono loro a sentirsi traditi. Qui non li vogliamo più, dicono. Hanno fatto una stupidata da meritarsi i lavori sociali. Dovranno pagare i danni. Non si può lasciare impunita una cosa del genere. E’ su questo che si discute dentro e fuori il Parini. Sul finale della lettera che scuote anche il più intransigente degli accusatori. «E’ stato un gesto ignobile, anche noi ci consideriamo ignobili. E questo, insieme al nostro dispiacere, è l’unico modo per sentirci dentro una scuola che è ancora così gran parte della nostra vita. Perdonateci, se potete». Un finale da pièce che prende in prestito il titolo di un film di Luigi Magni sulla Roma papale del XVI secolo, «State buoni, se potete», storia di san Filippo Neri, di infanzia abbandonata e istituti di rieducazione, un legame che qualcuno considera voluto. Perdona Aldo Scarpis, l’insegnante di greco, quello dell’«uno meno meno» a uno degli autori del sabotaggio. «E’ stata una bravata fatta in modo irresponsabile, di cui siamo tutti complici. Troppi reality show in tv, dove se fai porcherie non paghi mai». Condanna un genitore del consiglio di istituto: «Non può pass

 
L’ha presa a ridere PDF Stampa E-mail
Scritto da Agi   
Giovedì 21 Ottobre 2004 01:00

Fidel, vittima di un incidente mentre onora il Che, dà una lezione di stile a tanti.

Santa Clara (Cuba), 21 ott. - Brutta avventura per il presidente cubano Fidel Castro, che ha concluso in modo ben poco glorioso un comizio tenuto davanti a un'oceanica platea di studenti nel Mausoleo intitolato a Ernesto 'Che' Guevara di Santa Clara, 276 chilometri a est dell'Avana. Poi l'ha presa in ridere, ma intanto un ruzzolone gli e' costato una duplice frattura. Concluso il proprio intervento, il 'Lider Maximo' ha infilato con il consueto piglio marziale la scaletta in legno che dava accesso alla tribuna degli oratori; su di un lato la ringhiera pero' ha ceduto, e il 78enne Castro e' scivolato in basso tra lo sgomento di autorita' e spettatori, per lo piu' studenti neo-laureati. E' stato immediatamente soccorso, ma si e' procurato di certo la frattura di un ginocchio e, con ogni probabilita', anche di un braccio. Ha rifiutato di stendersi su una barella e allora lo hanno fatto accomodare su una sedia, dopodiche' ha preteso un microfono per rassicurare la platea. "Vi chiedo scusa per essere caduto", ha esordito. "Perche' nessuno possa fare speculazioni, vi comunico che ho un ginocchio fratturato e, forse, anche un braccio. Ma forse, questo non e' sicuro", ha scherzato, "sono rimasto intero, sono ancora tutto di un pezzo". Tuttavia ha voluto allontanarsi in gran fretta sulla propria 'Mercedes' di rappresentanza, non senza aver prima raccomandato ai notabili locali di andare avanti con il resto del programma prestabilito. Esattamente otto ore dopo, il leader cubano e' riapparso alla televisione e si e' messo a ridacchiare, minimizzando le conseguenze del capitombolo, e ha tenuto a sottolineare che le sue condizioni erano state descritte in maniera esagerata. "Certa gente ha sostenuto che io abbia voluto simulare la mia stessa morte per vedere che tipo di funerale mi sarebbe stato preparato", ha ironizzato. Pero' adesso dovra' sottoporsi a una lunga serie di accertamenti clinici: 'Lider Maximo', si', ma quasi ottuagenario.

 
Da Hollywood alla Tate gallery PDF Stampa E-mail
Scritto da Agi   
Giovedì 21 Ottobre 2004 01:00

Bin Laden, il socio della Casa Bianca che fa furore nelle videocassette prodotte dalla Cia e dirette dal regista di guerre stellari diventa a Londra un prodotto artistico.

Londra, 21 ott. - Due artisti londinesi hanno ricreato virtualmente la dimora afghana di Osama bin Laden. Ben Lenglands e Nikki Bell stanno raccogliendo i frutti del loro lavoro: quest' opera potrebbe ottenere uno dei più controversi riconoscimenti artistici del mondo, il Premio Turner, che attrae circa 100 mila visitatori l' anno nella galleria Tate Britain. Guidati dai movimenti di un joystick da videogioco, i visitatori della galleria possono esplorare la modesta abitazione dello sceicco del terrore. Per realizzare l' opera, Langlands e Bell - incaricati dall' Imperial War Museum - hanno visitato personalmente la casa che ospitò Bin Laden fino al 1996, anno in cui si trasferì in Sudan. La cultura compie sempre più spesso incursioni nel mondo della politica, ma questo ultimo lavoro sta facendo discutere in Gran Bretagna, dove ci si domanda cosa sia giusto o meno definire arte.

 
Eh no, dell’arbitro proprio no ! PDF Stampa E-mail
Scritto da Agi   
Domenica 17 Ottobre 2004 01:00

Le scaramucce inter/etniche in Olanda oltrepassano ogni limite pur restando nella goliardia da stadio. Ma converrete che assimilare il popolo eletto a quello del fischietto è davvero sintomo di cattivo gusto.

L'Aja, 17 ott. - E' stata sospesa ieri a dieci minuti dalla fine la partita tra l'Ado l'Aja e il Psv Eindhoven, valida per il campionato olandese di prima divisione, dopo che il pubblico di casa aveva ripetutamente indirizzato canti e grida a carattere anti-semita contro l'arbitro, l'internazionale Rene' Temmink. In quel momento la squadra locale era in svantaggio per 0-2. Temmink ha deciso di applicare le nuove norme del regolamento relative agli insulti nei confronti della direzione di gara; la sua decisione e' stata avallata dal sindaco dell'Aja, Dick Deetman, che era stato del resto messo sull'avviso dalla polizia. E' la prima volta in cui nei Paesi Bassi un incontro di campionato e' interrotto per tale ragione. Il mese scorso i tifosi dell'Ado si erano gia' resi protagonisti di analoghe intemperanze durante una partita della loro squadra contro l'Ayax, di uno dei cui giocatori avevano ingiuriato la fidanzata.

 
Qualcuno avrà difficoltà a scegliere PDF Stampa E-mail
Scritto da Corriere della sera   
Domenica 17 Ottobre 2004 01:00

Sarah Ferguson, la piccante duchessa che faceva scandali negli anni Ottanta, prova a rilanciare la sua sbiadita immagine posando nuda contro l’Aids. Si teme che l’effetto non sarà eccezionale

LONDRA - Ha posato nuda per beneficenza. Vista la moda crescente dei calendari non sarebbe strano. E anche la motivazione della «giusta causa» (raccolta di fondi a favore della ricerca sull'Aids) ha vari precedenti in Inghilterra (basti ricordare le non più giovani signore la cui storia è stata raccontata in «Calendar Girls»). Ma nel caso di Sarah Ferguson, irrequieta duchessa di York, ex moglie di Andrea, terzo figlio della regina Elisabetta d'Inghilterra, la scelta di posare nuda ha fatto scandalo. Con addosso solo dei gioielli e sandali rossi con tacco a spillo, Sarah Ferguson appare in un volume che contiene altri ritratti di nudo e intitolato «Four inches». I proventi andranno alla Fondazione creata da Elton John per combattere l'Aids.
L'IMMAGINE SUL «SUN» - «Subito dopo gli scatti, "Fergiè la rossa" è corsa a festeggiare il suo 45esimo compleanno insieme a tanti amici» si legge sul Sun, che pubblica la foto della duchessa senza veli. Ma l'immagine è tuttavia molto «castigata» e con lei nel libro ci sono altri nomi famosi immortalati dalla fotografa di moda Pamela Hanson. Tra le altre celebri top model come Kate Moss e Rachel Hunter e attrici come Rebecca Romijn-Stamos e Lara Flynn-Boyle. Tutte indossano soltanto i gioielli di Cartier e le calzature di Jimmy Choo, dai tacchi alti oltre dieci centimetri, ovvero quei «quattro pollici» del titolo del volume.

 
Finalmente veloce ! PDF Stampa E-mail
Scritto da Ansa   
Venerdì 15 Ottobre 2004 01:00

Un locomotore parte da solo sulla ferrovia calabrese e raggiunge i cento chilometri orari. Quasi un record per una linea negletta e trascurata dopo il 1943.

PAOLA (COSENZA) - Per circa tre ore un locomotore appartenente ad una ditta privata e' schizzato a quasi 100 chilometri l' ora sulla linea ferroviaria tirrenica, tra Calabria, Basilicata e Campania, fermando la sua folle corsa senza fare danni solo grazie all' intervento dei tecnici e del personale ferroviario. Il fatto e' accaduto stamani nella stazione di Longobardi, sul Tirreno cosentino. Il conducente del locomotore, che stava effettuando lavori sui binari, e' caduto ed il mezzo e' partito da solo sulla linea.
Da Paola e' scattato immediatamente l' allarme, verso Lamezia a sud e Sapri a nord. Tutte le stazioni ferroviarie sono state allertate, deviati i treni su binari alternativi, finche' dopo quasi tre ore il locomotore e' stato bloccato su un binario morto a Rutino, nel Salernitano. Non sono stati provocati danni, non si registrano feriti tranne il conducente caduto dal locomotore a Longobardi ma le Ferrovie hanno aperto un' inchiesta per cercare di capire come tutto cio' sia potuto accadere.
Il locomotore ha arrestato la sua corsa alle ore 9.30 su un binario morto, nei pressi della stazione di Rutino, non molto distante da Agropoli (nel Salernitano) lungo un tratto che della rete ferroviaria che e' in salita. Sulla vicenda, oltre alle Ferrovie dello Stato, stanno indagando anche gli agenti della sezione di polizia giudiziaria del Compartimento della Polfer di Napoli, coordinati dal dirigente Raffaele Salerno, che giunti a Rutino stanno ascoltando testimoni.

 
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