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Conflitti
Iraq: un nuovo Vietnam PDF Stampa E-mail
Scritto da Massimo Fini   
Sabato 17 Aprile 2004 01:00

Good Morning Occidente

Dopo gli scontri e le manifestazioni di Najaf, di Bagdad, di Bassora, di Nassiriya, che hanno provocato più di quaranta morti e 150 feriti fra gli iracheni e dieci morti e una trentina di feriti fra gli occidentali, dopo che i nostri carabinieri sono stati costretti a sparare su una folla in rivolta e a uccidere tredici civili, voglio vedere chi avrà il coraggio di sostenere che quella delle truppe americane e alleate in Irak è una «liberazione» e non un'occupazione e di negare che in quel Paese è in atto una guerra fra occupanti e resistenza popolare.

A ribellarsi in massa sono stati, questa volta, gli sciiti, cioè quella parte della popolazione irachena che, insieme ai curdi, più aveva subìto le violenze di Saddam. Ma evidentemente, pur se liberati dalla presenza del dittatore, gli sciiti sentono gli americani come occupanti. Anche perché tutti capiscono che questa storia della democrazia è una farsa.

Se si dovessero fare davvero elezioni regolari e libere in Irak gli sciiti, che sono il 65% della popolazione, le vincerebbero a redini basse e instaurerebbero una Repubblica teocratica, simile a quella iraniana, perché questo è il sentimento prevalente nella popolazione. Ma gli americani non lo possono tollerare.

Il nuovo governo di Bagdad, che dovrebbe «restituire l'Irak agli iracheni», sarà quindi un governo fantoccio in mano agli americani. Questo gli iracheni, sciiti o sunniti che siano, lo sanno benissimo. Col nuovo governo quindi la guerriglia non si fermerebbe, anzi si rafforzerebbe unendo, com'è già in parte ora, sciiti e sunniti nella lotta, in attesa di regolare i conti fra loro dopo aver cacciato l'invasore. E oggi nemmeno l'intervento dell'Onu, invocato dalle sinistre, risolverebbe nulla. Perché anche l'Onu è totalmente screditata. E a screditarla hanno provveduto proprio gli occidentali, prima aggredendo, senza l'autorizzazione delle Nazioni Unite e senza alcuna plausibile giustificazione, la Jugoslavia, poi aggredendo, sempre senza l'autorizzazione delle Nazioni Unite e sulla base di informazioni volutamente false, l'Irak.

La sola cosa da fare a questo punto, è che le truppe di occupazione si tolgano di mezzo al più presto. Ciò provocherà, con tutta probabilità, una guerra civile fra sciiti e sunniti, ma alla fine si avrà perlomeno una situazione stabile che rispecchi la realtà delle forze in campo e ciò che vuole la maggioranza della popolazione di quel Paese. Ostinarsi cocciutamente ad occupare l'Irak significa invece, come ha detto anche il sentore Ted Kennedy, infognarsi in un nuovo Vietnam.

E alla fine, come in Vietnam, ci sarebbe comunque il ritiro e il conseguente scontro, inevitabile dopo la cacciata di Saddam Hussein e la distruzione del vecchio, seppur feroce, equilibrio, fra sciiti e sunniti. E allora tanto vale anticipare i tempi in modo che il tributo di sangue non sia, com'è ora, sterile, del tutto inutile, senza futuro, senza senso e senza risultato.

 
No Global: Chi paga il conto? PDF Stampa E-mail
Scritto da Milena Zaffaroni   
Venerdì 16 Aprile 2004 01:00

La busta paga del movimento pacifista.

A Genova nel luglio 2001 il "Genoa Social Forum" di Agnoletto è riuscito a radunare oltre a, 300 mila persone , 700 associazioni e sigle per manifestare contro il liberismo globale.

La domanda sorge spontanea? Chi paga queste decine di migliaia di militanti itineranti, alloggiati e mantenuti per una settimana, fra concerti, conferenze, ospiti d'onore invitati dall'estero ?.

Personalmente sono arrivata a ipotizzare finanziatori di Paesi lontani che nel mondo globalizzato hanno "spinto ed aiutato" questa come le altre manifestazioni antiglobal.

Ad una prima analisi sembrerebbe un pensiero in antitesi, ma riflettendoci meglio le cose non sembrano poi così strane.

A conferma un giorno casualmente leggo che……

Il Wall Street Journal il 13 agosto del 2001 spiega in parte il mistero di chi paga gli antiglobal.

Così il quotidiano finanziario di New York riferisce che, il Genoa Social Forum è ricalcato sul modello di un International Global Forum, finanziato dalla "Foundation for Deep Ecology" una fondazione culturale creata dal miliardario D.Tompkins, e dotata di 150 milioni di dollari. Lo stesso è il padrone della Esprit Clothing Co, una multinazionale dell'abbigliamento giovanile, quindi grazie a questi fondi, l'International Global Forum a detta del Journal " funziona come una finanziaria che fornisce i capitali iniziali per il lancio di gruppi antiglobal in tutto il mondo".

Altro denaro arriva anche dai " fondi di solidarietà" che molte organizzazioni sindacali hanno creato. Domanda: Ma questi fondi non dovevano servire per l'aiuto economico ai lavoratori in caso di sciopero prolungato?

Anche la cosiddetta "Sinistra al caviale" d

 
Emergency: Il colore dei soldi PDF Stampa E-mail
Scritto da Paolo Zanetto   
Venerdì 16 Aprile 2004 01:00

Solidarietà rossa e politically scorrect.

"Pecunia non olet", dicevano i latini. Ma ne è passato di tempo da allora, e oggi ci sono soldi e soldi. Ci sono i denari sporchi di sangue, quelli degli imperialisti, dei governi guerrafondai, delle persone malvagie. E ci sono quelli delle persone perbene, delle anime belle, di chi sa elevarsi sopra al popolo rozzo sulle ali della solidarietà. Ad annusare i soldi ci pensano alcuni specialisti: sono i nuovi giudici della morale, e il loro giudizio non ammette appello. Gino Strada, il chirurgo con una passione per l'Afghanistan, ha fondato l'associazione Emergency con lo scopo di aiutare i poveracci che ne hanno bisogno. Il governo italiano gli ha offerto quattro miliardi per le sue attività umanitarie: Emergency li ha rifiutati. "Non accettiamo contributi da parte di un governo che ha deciso di prendere parte al conflitto in corso" ha spiegato il grande Gino ai pochi che non l'avessero capito. Sono soldi che puzzano, e non vanno bene.

Per fortuna di Strada e dei poveracci di tutto il mondo esistono anche soldi profumati. In ogni libreria si può acquistare il best seller della fronda di Emergency, il regalo definitivo per un Natale politicamente corretto: "Afghanistan, anno zero". L'ha scritto Giulietto Chiesa, inviato di guerra de La Stampa, uno che il suo mestiere lo conosce bene, dato che per anni ha fatto l'inviato a Mosca de L'Unità. Il libro è brillantemente illustrato da un altro amico "emergente", il vignettista Vauro, famigerato per le sue vignette talmente caustiche da essere interpretate dagli ignoranti che non votano Rifondazione solo come stupide. Emergency in questi giorni ha lanciato appelli contro la guerra in Afghanistan, teoricamente in favore del popolo afgano: quasi nessuno ha raccolto queste parole, con l'eccezione di alcuni Social Forum orfani della perdita di Luca Casarini, l'ex antiglobalizzatore oggi leader politico di un partito del 15 per cento virtuale (molto virtuale).

Tra i pochi che hanno saputo apprezzare lo spirito elevato dell'appello di Gino Strada c'è un signore milanese, Massimo Moratti, che l'ha fatto sottoscrivere ai giocatori della sua squadra di calcio. Il signor Moratti, come noto, fa il petroliere, mestiere capitalista e imperialista se ce n'è uno. Ma la moglie del signor Moratti, la celebre Milly, è un simbolo delle anime belle meneghine, una che conduce tutte le battaglie ambientaliste e politically correct dall'alto della sua frequentata terrazza con vista Duomo. Per andare a prendere un aperitivo con i suoi amici Gino Strada non deve fare molta strada, dato che la nuova sede della sua associazione, gentilmente offerta da quei volgari borghesi che governano il Comune di Milano, è in via Bagutta, tra Piazza San Babila e Via Montenapoleone. Molto chic, non c'è dubbio: il posto giusto dove intrattenere gli amici. Come il trio Jovanotti - Pelù - Ligabue, che per Emergency ha registrato la canzone "Il mio nome è mai più". Era dedicata all'intervento in Kosovo, ma è sempre d'attualità. Il testo? "Voglio i nomi di chi ha mentito, di chi ha parlato di una guerra giusta". Semplice ed efficace, specie per i teenager.

In occasione del lancio del disco Gino Strada aveva compilato un dettagliato elenco dei conflitti dimenticati, che si apriva - in rigoroso ordine alfabetico - con la tragedia dell'Afghanistan: "Le donne non hanno il diritto di essere curate, e negli ospedali si muore nell'indifferenza della comunità internazionale". A Strada va riconosciuto un primato: dopo l'11 settembre è stato il primo, almeno in Italia, a scagliarsi contro qualunque intervento della "comunità internazionale". Per correttezza è anche giusto ricordare che l'associazione Emergency ha aperto da anni due ospedali in Afghanistan, e che l'attività di Gino Strada aiuta migliaia di persone in tutto il mondo. In discussione non è il chirurgo delle zone di guerra, ma il giudice della moralità di noi altri. In altre parole: saremmo stati liet

 
Disinformazione all'italiana PDF Stampa E-mail
Scritto da Noreporter.org   
Giovedì 15 Aprile 2004 01:00

Il terrorismo che fa "scomodo"

Vi segnalo un curioso caso di disinformazione all'italiana.
Accendo il Televideo della Rai verso le 10:00 del 10 marzo 2004. Nella sezione "Esteri", leggo che ad Istanbul si è fatto esplodere un kamikaze, presumibilmente appartenente ad un gruppo fondamentalista islamico. La deflagrazione ha causato la morte di 10 persone ed il ferimento di altre 30. Il palazzo colpito ospitava la riunione di una loggia massonica turca, che doveva prendere una importante decisione riguardo l'ingresso del proprio paese nella UE.
Ho avvertito subito alcuni amici che si interessano di politica intrenazionale, per controllare se tg e quotidiani ne avrebbero parlato. I risultati sono scoraggianti: il 10 marzo nessun telegiornale ne parla. Il giorno seguente riscontriamo articoli solo su "Libero", "Il Patto" e "Rinascita"; il giornale di Feltri pubblica un lungo pezzo con una precisazione interessante. Già nei precedenti attentati alle sinagoghe ed al consolato inglese un gruppo islamico, legato ad Al Quaeda, aveva indicato nei massoni il vero nemico della Turchia, in quanto setta ebraica infiltrata nei posti di comando dello stato.
Tutto ciò conferma quanto scrive Maurizio Blondet da molto tempo a proposito di sefarditi, Giovani Turchi ed Ataturk. Aggiungo che il 9 marzo il ministro turco dell'economia era giunto a Bruxelles per illustrarela compatibilità del bilancio statale con i parametri di Maastricht
 
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