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Storia&sorte
LE BANALITA' DI HANNAH ARENDT PDF Stampa E-mail
Scritto da Claudio Mutti   
Venerdì 04 Giugno 2004 01:00

Tra le formule elaborate dalla teologia occidentalista, quella dell'"Asse del Male" è solo la più recente, visto che già un guitto prestato alla politica coniò a suo tempo il sintagma "Impero del Male" per demonizzare l'Unione Sovietica.

In origine, però, vi fu il "Male elementale", concetto partorito da un esponente della demonologia rabbinica, Emmanuel Levinas, per "spiegare" il nazionalsocialismo.

Nella interpretazione teologica elaborata dai chierici giudei e cristiani circa il cosiddetto "Olocausto", Hannah Arendt ha introdotto, com'è noto, un elemento di cui nessuno naturalmente osa negare la genialità: il tema della "banalità del male". Secondo la filosofessa ebrea, infatti, il Male epifanizzatosi in Otto Adolf Eichmann fu "banale", in quanto i suoi esecutori erano semplici tecnici e grigi burocrati.

È alquanto significativo che i risultati della riflessione di Hannah Arendt abbiano trovato la loro prima tribuna in un giornale statunitense. Fu "The New Yorker" ("New", non "Jew"), nel 1961, a inviare la Arendt come corrispondente a Gerusalemme, affinché potesse seguire da vicino le udienze della messinscena processuale allestita contro Eichmann.

Se qualcuno volesse rispondere in modo esauriente alle argomentazioni della Banalità del male di Hannah Arendt, che nell'edizione italiana (Feltrinelli 2001) si estendono per trecento pagine, un libro della stessa mole non basterebbe. Ci limiteremo perciò ad indicare schematicamente, replicando nella maniera più sintetica possibile, solo alcuni punti della Banalità del male: quelli in cui il testo della Arendt si rivela per quello che è, ossia un resoconto giornalistico adeguato al livello intellettuale del pubblico americano.

Fin dalle prime pagine, infatti, vengono acriticamente riportate affermazioni di Ben Gurion del seguente tenore: "milioni di persone, solo perché erano ebree, e milioni di bambini, solo perché erano ebrei, sono stati assassinati dai nazisti (…) la camera a gas e la fabbrica di sapone sono le cose a cui può condurre l'antisemitismo" (pp. 18-19). Indubbiamente il richiamo ai "milioni di bambini" trasformati in saponette non avrà mancato di produrre un certo effetto sul lettore statunitense. Chissà perché non sono stati evocati i paralumi fabbricati con la pelle degli ebrei… Forse per una dimenticanza (banale, per l'appunto) dell'illustre filosofessa-giornalista.

La quale, per quanto concerne

 
CINA: 15 ANNI FA IL MASSACRO DI PIAZZA TIANANMEN PDF Stampa E-mail
Scritto da Ansa   
Venerdì 04 Giugno 2004 01:00

Quindici anni dopo, il massacro di piazza Tiananmen del 4 giugno 1989 rimane una ferita aperta per la societa' cinese.

Decine di dissidenti - anche alcuni che negli anni scorsi erano stati ignorati dai servizi di sicurezza - sono ''spariti'' da Pechino, tenuti momentaneamente in arresto in alberghi della capitale o addirittura in altre citta', secondo loro familiari. Tra coloro che nei giorni scorsi hanno ricevuto le sgradite visite di funzionari di polizia c' e' l'ultraottantenne madre di Wang Dan, uno dei leader del movimento democratico rifugiato all'estero. Pochi giorni fa lo stesso Wang Dan e' stato fatto oggetto di pesanti attacchi da parte della stampa ufficiale cinese, che lo ha accusato di essere un ''agente'' del governo di Taiwan.

Nella notte tra il 3 e il 4 giugno del 1989 l' esercito cinese fu chiamato a liberare la piazza centrale della capitale dagli studenti che l'avevano occupata per due mesi, chiedendo riforme e democrazia. Gruppi di cittadini cercarono di fermare i soldati, che si aprirono la strada a colpi di fucile: il numero delle vittime non si e' mai saputo ma si ritiene che siano state centinaia, forse migliaia. Non si conosce nenanche il numero delle persone ancora in prigione che, secondo alcuni dissidenti, potrebbero essere tra le 300 e le 500. Oltre al fatto che si tratta del 15/o anniversario, due fatti hanno contribuito a rendere particolarmente ''calda'' la vigilia della ricorrenza. In primo luogo la lettera aperta indirizzata in marzo all'Assemblea del Popolo, il Parlamento, dal dottor Jiang Yanyong. Settantadue anni, una lunga milizia nel Partito comunista, chirurgo militare, Jiang e' uscito allo scoperto l' anno scorso, denunciando per primo le drammatiche dimensioni dell'epidemia di Sars, o polmonite atipica, in corso nel paese. Nella lettera inviata al Parlamento il dottore chiede di rivedere il giudizio di condanna inappellabile contro il movimento studentesco del 1989, affermando tra l' altro: ''L' errore fatto dal nostro partito dovrebbe essere risolto dal partito stesso. Quanto prima e quanto più accuratamente, tanto meglio''. Jiang - secondo quanto denunciato oggi dalla figlia Jiang Rui - e' una delle persone ''scomparse'', in questi ultimi due giorni, da Pechino.

La seconda circostanza che rende particolarmente drammatico l'anniversario e' il precipitare della situazione ad Hong Kong, dove i gruppi democratici denunciano pesanti tentativi di limitare la liberta' di espressione. Nel caso piu' clamoroso, tre popolari conduttori di programmi radiofonici si sono dimessi dopo aver denunciato di aver subito serie minacce. Non per niente l'iniziativa piu' attesa e' la consueta veglia in ricordo delle vittime del massacro che si terra' nella ''regione amministrativa speciale'' nella notte tra domani e sabato. Numerosi dissidenti, oltre al dottor Jiang, sono ''scomparsi'' nel corso della settimana: uno di loro, secondo la famiglia, e' stato prelevato dalla sua abitazione e portato ''in vacanza'' nella citta' costiera di Dalian. Invece Dean Peng - uno dei promotori del movimento per la liberta' di espressione su Internet -, Qi Zhiyong, un operaio rimasto ferito in piazza Tiananmen, e Liu Xiaobo, il piu' noto tra i dissidenti cinesi, sono agli arresti domiciliari.

Come tutti gli anni, i provvedimenti restrittivi hanno colpito anche l'anziana Ding Zilin, promotrice del movimento delle madri di piazza Tiananmen, ed alcune delle sue collaboratrici. In un'intervista telefonica ad un giornale di Hong Kong, Ding si e' peraltro dichiarata ''ottimista'': ''Vogliamo un dialogo pacifico e razionale con il governo - ha detto la donna, il cui figlio di 18 anni e' stato ucciso nel 1989 a piazza Tiananmen - e non penso che stiamo chiedendo troppo''.
 
“Esoterismo nazista” e deliri storici PDF Stampa E-mail
Scritto da Luca Leonello Rimbotti   
Venerdì 04 Giugno 2004 01:00

Maghi e Templari, il Graal ed Atlantide, paccottiglia massonica e commistioni new age: tutto questo ci propina il filone pseudo-storico del nazi-occultismo. Quando si parla dei capi del Nazionalsocialismo, l’obiettività e la competenza storica diventano un optional. Con risultati tutti da ridere.

Il filone letterario che lega il Nazionalsocialismo all'esoterismo è tra i più fortunati degli ultimi tempi. Dai romanzi fantasy agli articoli e ai saggi parastorici e parascientifici che intasano edicole, librerie e special televisivi, l'argomento è di quelli che tirano. Fanno a chi la spara più grossa. Nel caos di Templari, Atlantidi, Agartha tibetane, archeosofie, Graal e massonerie ammassate a casaccio, i poveri nazisti rimangono travolti da un insolito destino. Il sensazionalismo legato alle occulte, torbide, misteriose vicende del Terzo Reich, evidentemente, smuove a fondo l'immaginario di innumerevoli "esperti" d'occasione e di una folla di lettori in cerca di vibrazioni da rotocalco. Così facendo, peraltro, si alza un nefando polverone su un argomento che ha i suoi fondamenti storici, ma che viene letteralmente sepolto da una massa di ciarpame divulgativo, in cui le sciocchezze più comprovate coabitano con spezzoni di verità, e l'invenzione di sana pianta diventa difficile distinguerla dal dato reale e documentato.

Taluni apripista del settore - primo fra tutti il famigerato Il mattino dei maghi di Pauwels e Bergier, risalente agli anni sessanta del secolo scorso - hanno finito col creare un sotto-genere letterario, ponendosi come una vera "opera prima" che è stata fondatrice della sub-cultura nazi-esoterica ad alta diffusione. Alla quale si sono accodati nel tempo anche autori - come il politologo Giorgio Galli - che hanno messo a dura prova la loro buona fama scientifica, con libri come Hitler e il nazismo magico che, oltre alla grande tiratura, onestamente, e dispiace, non ci pare possa vantare molti altri meriti. Su questa scia si sono poi gettati nugoli di "specialisti" del settore, tra i quali brilla per approssimazione, scarsa conoscenza della lingua italiana e superficialità quel Mario Dolcetta che, con il suo fortunato Nazionalsocialismo esoterico, ha composto il più memorabile pastiche sull'argomento.

Nazionalsocialismo ed esoterismo: il terreno è scivoloso, siamo sul confine tra verità storica e fantasia, tra realtà e ciarlataneria … il terreno privilegiato delle mistificazioni giornalistiche, la palude dove la ciurma degli impostori è in agguato. Tuttavia, chiunque sia stato al Wewelsburg - preferibilmente per suo conto, senza la "preparazione" di suggestioni approssimative -, cioè nel fin troppo famoso castello westfalico in cui le SS avevano stabilito uno dei loro maggiori centri di formazione ideologica, anche se digiuno di solide letture è in grado di comprendere per personale verifica che, effettivamente, esistevano ambienti interni a quel partito e a quel regime, in cui l'idea di un contatto tra forze destinali, energie cosmiche superiori e simbolismi iniziatici aveva un reale fondamento. Esisteva veramente una concezione "magica" dell'essere, strettamente connessa con la mistica razziale, che in taluni ambienti, soprattutto legati a Heinrich Himmler e alle SS, aveva la sostanza di una fede religiosa a tutti gli effetti. La stessa mentalità hitleriana, inoltre, così votata al misticismo carismatico e ad una interpretazione della storia legata a eventi e personalità fatali, così intrisa di richiami alle forze provvidenziali, presenta lati in forza dei quali non è sbagliato verificare approcci di tipo "esoterico" nel pur pragmatico Führer. Come scrisse Jean-Michel Angebert, parlando della convinzione di Otto Rahn che il catarismo fosse una rimanenza pagana sotto spoglie cristiane, una concezione di neo-manichesimo pareva ben attagliarsi all'impianto gerarchico dell'ideologia nazionalsocialista: "In effetti, nella cosmologia hitleriana si ritrova la classificazione in tre ordini tipica degli gnostici: i puri, gli iniziati e la massa", secondo i tre ranghi della "casta dei signori", dei membri del partito e del popolo.

 

Mussolini il rivoluzionario PDF Stampa E-mail
Scritto da Adriano Romualdi   
Giovedì 03 Giugno 2004 01:00

La recensione di Adriano Romualdi al primo volume della monumentale biografia defeliciana di Mussolini testimonia la sua attenzione per l’avanguardia storiografica, anche se di matrice antifascista. Un invito a scoprire il messaggio rivoluzionario di Mussolini al di là delle sue caricature patriottarde e delle infamità antifasciste.

Mussolini il rivoluzionario è il primo solido pilastro di un’opera in quattro volumi che ha in cantiere il giovane storico Renzo De Felice. Essa abbraccia la vita di Mussolini dalla nascita al 1920 e descrive la formazione e le battaglie del futuro Capo del Fascismo dagli anni della giovinezza socialista a quelli del primo squadrismo. Un fascio di luce gettato su di un periodo decisivo della vita di Mussolini e un contributo prezioso ad intendere la sostanza profonda di questa genuina natura di ribelle e di lottatore.

Purtroppo, a distanza di vent’anni dalla morte, un discorso serio su Mussolini aspetta ancora di essere fatto. Da una parte ci sono la ingiuria, la diffamazione, la calunnia contro un avversario la cui ombra non dà pace e tregua. Dall’altra la patetica e casalinga rievocazione dei fedeli che rischia di deformare in una oleografia borghese la personalità del più spregiudicato rivoluzionario della storia d’Italia. Questo libro del De Felice può essere la prima pietra per la ricostruzione della viva immagine di Mussolini. Un libro serio, documentato, ponderato, scritto, per quanto possibile, senza pregiudizio. È, diciamolo subito, una sorpresa, perché l’editore del volume è il famigerato Einaudi e il prefatore il viscido, sfuggente, Delio Cantimori. Evidentemente qualcosa si sta muovendo nel complesso fazioso e retrivo della storiografia antifascista e, dopo l’orgia di banalità e di calunnie, qualcuno tra i più seri e tra i più colti sente il bisogno di incominciare ad usare un linguaggio più onesto e più pulito.

Non sappiamo se nei prossimi volumi dell’opera (“Il fascista” “Il duce” “L’alleato”) De Felice riuscirà a conservare la misura e l’equilibrio di cui fa sfoggio in questo primo libro, ma l’inizio è senza dubbio soddisfacente.

Mussolini il rivoluzionario è un’opera che pone le basi della ricostruzione della personalità di Mussolini. Perché Mussolini è stato soprattutto, innanzitutto, una figura di rivoluzionario. Un rivoluzionario: cioè un uomo dotato della istintiva capacità di agire in modo profondo ed incisivo sulle situazioni e sugli stati d’animo, non subendoli ma trasformandoli con un azione violenta, sconvolgitrice, imprevedibile. Un rivoluzionario: ossia una personalità capace di estrarre l’essenziale da un’idea, da una realtà, da un sentimento, e di rendere visibile a tutti, in un momento, ciò che è vecchio e ciò che è nuovo, ciò che è vivo e ciò che è morto, quel che va abbandonato e quel che va conquistato.

 

Capita spesso di sentir parlare... PDF Stampa E-mail
Scritto da Normanno.com   
Mercoledì 02 Giugno 2004 01:00

Capita spesso di sentire parlare della fine delle ideologie

di Dario Caroniti:

Il Parlamento europeo che uscirà dalle elezioni di Giugno sarà chiamato giornalmente a legiferare su temi economici ed etici che hanno fino adesso diviso quasi sistematicamente i parlamentari in due grosse fazioni: una facente capo ai socialisti, che raccoglie anche tutto l’universo verde ed ex comunista, caratterizzato da una ideologia portante progressista; e un’altra facente capo ai popolari, spesso e volentieri alleati con gli altri raggruppamenti della destra moderata europea.

In mezzo tra i due mantengono una propria posizione i liberali europei, alleati sui temi economici coi moderati e su quelli etici con la sinistra progressista.

Da questo punto di vista, le unioni e le divisioni che caratterizzano i grandi cartelli elettorali in Italia in queste elezioni non contribuiscono per nulla a fare chiarezza e nascondono una truffa sostanziale.

Per limitarsi a un paio di esempi, il gruppo parlamentare europeo dei popolari comprende i deputati di una serie quasi infinita di liste presentatesi in Italia.

Gli eletti nelle liste di Forza Italia, UDC, UDEUR e una serie di formazioni minori (ammesso che queste arrivino a ottenere seggi) prenderanno le proprie decisioni in base alle scelte del gruppo di appartenenza, che è il medesimo.

In questo momento si fanno campagna elettorale divisi, proponendo ognuno un proprio diverso programma, pur sapendo che alla fine il loro voto in Parlamento non si atterrà al programma presentato agli elettori italiani, ma a quello unico dei popolari europei.

Si aggiunga a questo fatto la confusione e la truffa ancora più grande causata dalla composizione stessa della lista del cosiddetto Triciclo.

Mettere insieme i deputati della Margherita, alcuni socialisti e i Democratici di Sinistra può benissimo essere un progetto valido, ma che avrebbe dovuto affrontare prioritariamente il problema della collocazione politica di questa nuova forza.

Il problema è che buona parte dei deputati europei uscenti della Margherita hanno fino adesso aderito al gruppo dei popolari europei, mentre gli altri aderiscono tuttora ai socialisti europei.

In questo modo l’elettore italiano darà il suo voto a una lista che non potrà mai avere un proprio programma e, se ne presenterà qualcuno, sarà appunto una vera e propria truffa, perché gli eletti di questa lista andranno ognuno per i fatti propri in base al partito di appartenenza, senza tenere conto di questo programma.

L’elettore messinese, per fare un esempio, si trova nella stessa lista Fava e Cocilovo.

Il primo ha sostenuto apertamente una battaglia contraria alle grandi opere pubbliche, specie in Sicilia, ha una visione progressista della famiglia e vuole comparare l’unione omosessuale al matrimonio.

Ha una visione dialettica della natura e della società umana, per cui considera gli attuali assetti sociali e le caratteristiche umane come momentanei equilibri dovuti all’attuale contingenza storica, superabili dal progresso del

 
UN EURASIATISTA A CAVALLO:UNGERN KHAN PDF Stampa E-mail
Scritto da Claudio Mutti   
Mercoledì 02 Giugno 2004 01:00

In un discorso tenuto ad Amburgo il 28 aprile 1924, Oswald Spengler rievocò la figura del barone von Ungern-Sternberg, che quattro anni prima aveva allestito un esercito “con il quale in breve tempo avrebbe avuto saldamente in pugno l’Asia centrale. Quest’uomo – disse Spengler - aveva legato incondizionatamente a sé la popolazione di vaste regioni, e se avesse voluto prendere l’iniziativa e la sua eliminazione non fosse riuscita ai bolscevichi, non ci si può figurare come risulterebbe già oggi l’immagine dell’Asia” (1). Il barone Ungern-Sternberg era già passato alla storia. E alla leggenda.

Dal noto libro di Ferdinand Ossendowski Bestie, uomini e dèi (2) alle biografie romanzate di Vladimir Pozner (3) e Berndt Krauthoff (4), che attrassero rispettivamente l'attenzione di René Guénon (5) e di Julius Evola (6); dal film sovietico Ego zovut Suche Batur, diretto nel 1942 da Aleksandr Zarchi e Josif Chejfiz (con Nikolaj Cerkasov nei panni dell'eroe negativo Ungern) ai fumetti di Hugo Pratt (7) della serie “Corto Maltese”; dai romanzi di Jean Mabire (8) e di Renato Monteleone (9)  

Uomo e scimmia, il Dna corregge Darwin PDF Stampa E-mail
Scritto da Noreporter.org   
Mercoledì 02 Giugno 2004 01:00

L'uomo è meno simile alla scimmia di quasto si pensi. le differenze genetiche tra l'essere umano e lo scimpanzé, la scimmia ciosé che più gli somiglia, sono infatti molto marcate. Lo sostiene uno studio internazionale pubblicato sulla rivista Nature che, per la prima volta, ha analizzato un cromosoma di scimpanzé, il 22 e l'ha confrontato con il corrispondente cromosoma umano, il 21.

I dati hanno dimostrato che i geni differenti tra le due specie modificano il funzionamento anche dei geni che sono identici. Secondo i ricercatori del Genomic Sciences Center (RIKEN, Yokohama), in questo modo le peculiarità genetiche finiscono per essere "Amplificate" separando l'uomo dalle scimmie in maniera più netta di quanto creduto finora. I ricercatori spiegano che queste differenze finiscono per modificare l'attività di almeno l'83% dei 231 geni presenti sul cromosoma 22. Inoltre, alcuni di essi hanno un ruolo chiave per lo sviluppo e il funzionamento dell'organismo: il loro cambiamento ha notevoli ripercussioni sui tratti caratteristici della specie. Da : "Libero" - giovedì 27 maggio 2004
 
La vera Resistenza PDF Stampa E-mail
Scritto da Corriere della Sera   
Martedì 01 Giugno 2004 01:00

Storia della battaglia di Cèzembre, l'isoletta-bunker che copriva le spalle alla cittadella di St. Malo. Per capire chi è che ha veramente difeso l'Europa dall'invasore

dal "Corriere della Sera" del 30 maggio, articolo di Gianluca Di Feo)

"...La battaglia più sanguinosa fu combattuta a Cèzembre, l'isoletta-bunker
che copriva le spalle alla cittadella di St. Malo : una Maginot in
miniatura, con tre livelli di sotterranei. Lunga 500 metri e larga poco più
di 250, ha conquistato il terribile primato di "terra più bombardata della
storia" : in un mese 120 mila tonnellate di ordigni. Nonostante questo
inferno, l'isola difesa da tedeschi e marinai di Salò ha continuato a fare
fuoco sugli americani.
L'assedio cominciò ai primi di agosto : navi, obici semoventi, bombardieri
la bersagliano senza sosta. Il 17 agosto St. Malo alza la bandiera bianca,
ma l'isola resiste ancora. E' a questo punto che gli alleati decidono di
usare un'arma mai usata prima : il napalm. Molti italiani sono terrorizzati
: il 20 agosto tre marò disertano e raggiungono la costa a nuoto.
Descrivono agli americani le condizioni della guarnigione : nei rifugi ci
sono 277 feriti, fra cui 17 repubblichini, manca l'acqua potabile e
scarseggia il cibo. Eppure, il 28 i bunker rispondono con l'artiglieria a
una nuova richiesta di cedere le armi. Dicono che Patton fosse infuriato :
il generale ordina di spazzare via Cèzembre. Due giorni dopo, l'apocalisse
: 265 bombardieri sganciano migliaia di bombe perforanti e barili di
napalm. Dall'isola si leva una nuvola di fuoco, simile al fungo di
un'atomica : il calore piega persino le canne dei cannoni, cancella ogni
forma di vita dalla superficie. Il primo settembre l'ammiragliato germanico
dà il permesso di resa al presidio. Dalle caverne escono anche 69 italiani
..."
 
"+Onda di Benevolenza"+ PDF Stampa E-mail
Scritto da Claudio Mutti   
Martedì 01 Giugno 2004 01:00

Appunti sulla penetrazione delle idee della rivoluzione nazionale europea nelle avanguardie intellettuali e religiose induiste in rivolta contro l'India anglicizzata e liberale.

Daun po’ di tempo assistiamo alla proliferazione di studi più o meno seri su quello che è stato chiamato, con espressione piuttosto discutibile, l’”esoterismo nazista” o il “nazismo esoterico”.
Per citare solo alcuni casi: il 1987 vide la pubblicazione di Hitler, l’élu du dragon di Jean Robin (Éditions de la Maisnie) e di Prima che Hitler venisse di Rudolf von Sebottendorff (Arktos); nel 1988 uscì presso l’editore Laterza un saggio di Giorgio Galli intitolato Hitler e il nazismo magico (1).
Quanto al libro di Robin, bisogna dire che esso ha segnato il punto più basso di una carriera che era cominciata all’insegna di opere di tutt’altro valore (2); basandosi su fonti totalmente inattendibili (per esempio Hermann Rauschning o David Lewis), manipolando a destra e a manca e intessendo una fantasmagorica ragnatela di presunti collegamenti, contatti ed influssi, Robin cercò di accreditare la tesi secondo cui Hitler sarebbe stato nientemeno che un precursore dell’Anticristo e, anticipando le grida d’allarme sul “nazislamismo” che vengono lanciate da alcuni recenti “crociati dello Zio Sam”, volle mettere in guardia contro la rivincita apocalittica preparata dal nazismo, alleato a un “certo Islam”.
Il libro di Sebottendorff era invece la traduzione di Bevor Hitler kam (München, 1933 e 1934), una storia della Thulegesellschaft scritta dal suo fondatore stesso. L’edizione italiana recava un saggio introduttivo di Renato del Ponte su La realtà storica della “Società Thule”. L’autore di tale introduzione, che sul periodico da lui diretto aveva precedentemente accreditato l’idea di una presunta “conoscenza segreta” della Thulegesellschaft (3), passava a sostenere una tesi ben diversa: la “Società Thule” non presenta affatto quelli che vengono chiamati da Del Ponte, con espressione che rivela una concezione alquanto riduttiva dell’esoterismo, “risvolti esoterici” (p. 4).
Da parte nostra, è sulla base di una logica elementare che neghiamo il concetto stesso di “esoterismo nazista”, in quanto l’esoterismo è l’aspetto interno di una dottrina tradizionale – e dottrina tradizionale il nazionalsocialismo non fu. Però, se un “esoterismo nazista” non è esistito, per il semplice fatto che non poteva esistere, non si può certo liquidare come fantastoria o come “seducente eggregoro” un fatto incontestabilmente vero: che legittimi esponenti dell’esoterismo tradizionale e, più in generale, ambienti e istituzioni tradizionali autentiche considerarono il nazionalsocialismo come il possibile alleato di una loro azione o, comunque, come una forza capace di determinare condizioni favorevoli al mondo della Tradizione. Ci riferiamo essenzialmente all’Islam e all’Induismo.
Per quanto concerne l’Islam e il contributo dato dai musulmani al tentativo messo in atto dal Terzo Reich, rinviamo il lettore alle opere di Stefano Fabei pubblicate dalle Edizioni all’insegna del Veltro (4).
Circa i rapporti intercorsi tra l’induismo e la Germania nazionalsocialista, invece, il lettore ha a disposizione uno scritto di Savitri Devi (5), L’India e il nazismo (Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 1979), che al suo apparire suscitò interesse, attenzione e apprezzamenti positivi non solo presso i sostenitori della realtà dell’”esoterismo nazista”, ma anche presso rispettabili professionisti della storiografia e presso osservatori di orientamento tradizionalista (6).
Ora, di fronte a certi tentativi che mirano ad assimilare la testimonianza di Savitri Devi alla letteratura nazioccultistica, riteniamo necessario presentare al lettore francese alcuni dati che probabilmente gli sono sconosciuti.
L’austriaco Agehananda Bharati, un docente universitario di antropologia e “practicing Tantric yogi” (7) che è lontano sia dall’induismo ortodosso sia dal filonazismo, ha raccolto una documentazione che conferma ed integra le

 
LA STANZA DI MONTANELLI… A BUCAREST PDF Stampa E-mail
Scritto da Claudio Mutti   
Lunedì 31 Maggio 2004 01:00

Quando Indro Montanelli tesseva le lodi di Corneliu Codreanu e dei suoi legionari

Nel luglio 1940 Indro Montanelli è a Bucarest, inviato speciale del “Corriere della Sera”. Alla guida del paese si è appena insediato il governo Gigurtu: ne fanno parte anche tre ministri legionari (tra cui Horia Sima) e un ministro degli Esteri, Manoilescu, che è il teorico romeno del corporativismo e simpatizza per il Movimento legionario. Il nuovo governo, sperando di indurre il Reich a proteggere la Romania dalle mire revisioniste di Ungheresi e Bulgari, cerca di staccarsi dal vecchio sistema di alleanze e di avvicinarsi all’Asse.

Nelle sue corrispondenze da Bucarest, Montanelli esordisce informando i lettori italiani circa i riflessi che il nuovo corso politico ha prodotti nel settore petrolifero: “Il petrolio romeno era in mano di sette società con capitale anglo-franco-belga-olandese (…) dominate da un ebreo tedesco trasformatosi in cittadino britannico, Otto Stern (…) È la fine dell’onnipotenza dello Stern” (25 luglio). E non solo dello Stern: “Uno dopo l’altro, i pezzi grossi della cricca giudaica prendono il largo. Gli dèi del vecchio Olimpo se ne vanno” (3 agosto).

Ma l’allineamento di Bucarest sulle posizioni italo-tedesche è arrivato troppo tardi e con l’arbitrato di Vienna del 30 agosto la Grande Romania deve restituire agli Ungheresi metà della Transilvania. Montanelli, trasferitosi in Ungheria, assiste al tripudio magiaro nella città di Debrecen: nella vicina puszta di Hortobágy, i butteri “benedicono al Duce e al Führer” (31 agosto).

Nei giorni successivi l’inviato speciale del “Corriere della Sera” è a Budapest, da dove spedisce in Italia un paio di articoli; ma così Montanelli si perde il grande evento della rivoluzione legionaria, che esplode in Romania il 3 settembre, costringendo il re Carol II a partire per l’esilio e portando al potere un governo nazional-legionario presieduto dal generale Ion Antonescu.

Tornato a Bucarest, sul “Corriere” dell’11 ottobre Montanelli rievoca la figura di Corneliu Codreanu, a due anni dalla morte. Esordisce così: “Codreanu era alto un metro e novanta, e aveva spalle in proporzione. Il collo, forte alla base, gli si snelliva in alto e l’attaccatura alla testa era gracile e delicata, quasi da fanciulla. Il viso era ovale e puro, sempre serio, con due rughe sottili fra le sopracciglia le quali erano nere e folte”. Il giornalista sottolinea l’ascetismo del Capitano: “Era sobrio fino all’astinenza. Digiunava il martedì e il venerdì fino alle cinque del pomeriggio (…) Non si curava delle donne. E anche per questo, forse, non si curava dei suoi vestiti”. Ne tratteggia il disinteresse e la generosità: “Non aveva nessuna idea del denaro (…) Sua moglie doveva sottrargli di nascosto il denaro, quando ce n’era, per impedirgli di farne dono ai poveri e agli amici, che erano poveri anch’essi”. Generoso anche con gli animali: in carcere, un cane “prendeva dalle mani del Capitano una

 
Trent’anni fa a Pian del Rascino PDF Stampa E-mail
Scritto da Noreporter   
Domenica 30 Maggio 2004 01:00

In uno scontro a fuoco dai risvolti mai pienamente chiariti il 30 maggio 1974 veniva ucciso dai carabinieri nella campagna reatina, Giancarlo Esposti, militante neofascista. Questo sanguinoso mistero arricchisce la fitta trama delle manovre occulte e assassine che avvolge la storia degli anni sessanta e settanta.

In uno scontro a fuoco dai risvolti mai pienamente chiariti, il 30 maggio 1974 veniva ucciso dai carabinieri nella campagna reatina, Giancarlo Esposti, militante neofascista. Questo sanguinoso mistero arricchisce la fitta trama delle manovre occulte e assassine che avvolge la storia degli anni sessanta e settanta. Nello specifico, all’indomani della sua eliminazione, si era tentato di scaricare su Esposti le responsabilità della strage di Brescia avvenuta qualche settimana prima in Piazza della Loggia durante un comizio sindacale. I servizi deviati realizzarono infatti un identikit del massacratore che era il ritratto sputato del militante caduto. Poiché il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, la manovra non riuscì per un semplice particolare: Esposti si era fatto crescere una folta barba e non corrispondeva così all’immagine ritratta dai facitori di piste che non avevano avuto il tempo di rendersi conto del nuovo aspetto assunto dal capro espiatorio designato. Da quel maggio 1974 la strategia della tensione e lo stragismo avrebbero preso un’accelerazione notevole contribuendo ad attrarre il partito comunista nell’area di governo e a far piazza pulita dei residui bastioni d’indipendenza energetica e di politica estera dell’Italia postbellica. Una serie di putsch intestini e discreti avrebbe messo fine alla tradizionale politica euro/araba perseguita dall’Italia e dal Vaticano e avrebbe insediato nei posti-chiave dell’intelligence il partito israeliano. Il tutto sarebbe stato accompagnato da una diffusa guerra civile d’élite, ovvero dagli anni di piombo che sarebbe costata centinaia di morti e quasi dieci migliaia di prigionieri politici. A trent’anni di distanza la cortina fumogena permane, rafforzata dall’accettazione acritica dei luoghi comuni imposti dagli interessi di scuderia del partito comunista.
 
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