Scritto da Gengis Khan
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Lunedì 16 Agosto 2004 01:00 |
Due nuove Occupazioni ferragostane vanno ad arricchire il panorama romano:  Iniziamo dalla nuova OSA a Torrino (Roma- zona Mostacciacciano):
Si tratta della quarta occupazione a scopo abitativo Nella notte tra il 13 ed il 14 agosto prende vita la Quarta O.S.A. (Occupazione a Scopo Abitativo) romana.
Sulla scia di CasaPound, Casa D'Italia-Parioli, Casa D'Italia-Boccea nasce in Via Mar della Cina 179, CASA D'ITALIA - TORRINO, dando da subito un tetto a 14 famiglie bisognose, e rimarcando un problema - quello della casa - sempre più drammatico.
Le O.S.A. si affiancano alle O.N.C. (Occupazioni Non Conformi) nella lotta per la riqualificazione della città.
Di vera e propria Occupazione Non Conforme si parla invece riferendosi al MAFARKA, sito in via di Settecamini al numero 11, occupazione che nasce tra il 15 ed il 16 agosto con l'intento promuovere socialità in un quartiere completamente privo di strutture ricreative e culturali e per porre argine al degrado sociale e al decadimenti di una zona, la Tiburtina, sempre più abbandonata a se stessa. Nelle prossime ore diverrà attivo un sito del Mafarka.
Ad oggi ONC & OSA totalizzano 7 spazi liberati. Voci bene informate fanno presumere che il Mafarka sia l'ultima occupazione non conforme per il 2004.
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Sgombero in rempi record al Mafarka! |
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Scritto da Mafarka il futurista
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Lunedì 16 Agosto 2004 01:00 |
Sgombero immediato per il Mafarka. Ilocali di via di Settecamini 11 di proprietà di circoscrizione e Comune di Roma (in disuso e senza nessun assegnatario ufficiale)sono stati immediatamente sgomberati con un impiego massiccio di municipale, carabinieri, polizia e digos su richiesta espressa del Comune di Roma.
10 denunciati.
In una zona, quella della Tiburtina, flagellata da decenni dal degrado, dall'abbandone a sé e dalla più completa carenza di servizi, siamo certi che il Comune saprà rispondere altrimenti ad una domanda di socialità sempre più crescente...
Nonostante lo sgombero i fermati dichiarano:
Ci si vede alla prossima... |
Scritto da Repubblica.it
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Martedì 10 Agosto 2004 01:00 |
Succede anche questo: in Francia dei genitori tenevano i figli seminudi e malnutriti in casa tra gli escrementi. Il più piccolo, 13 mesi, presenta danni neurologici permanenti. In salotto, però, non mancava un costoso mega-televisore ultima generazione. Forse Darwin aveva ragione, ma al contrario: l’ “evoluzione” porta l’uomo a divenire una bestia. 
(9 agosto 2004) |
Scritto da lastampa.it
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Martedì 10 Agosto 2004 01:00 |
I poliziotti nostrani non vogliono più "Derrik" in tv. Vogliono invece vedere i nuovi sceneggiati polizieschi, dove il poliziotto è un impavido eroe. Peccato solo che un eroe non si curerebbe minimamente di quello che trasmettono in tv. Pensassero piuttosto a reprimere la criminalità i nostri "starsky e hutch" ROMA. Più di trecento note di protesta provenienti da tutta Italia da parte di poliziotti e di loro familiari, riguardanti quella che viene definita «l'estenuante presenza quotidiana su Raiuno» tra le 18 e le 20 dei telefilm dell'ispettore Derrick, sono arrivate all'Unione Sindacale di Polizia, la cui presidenza lo rende noto con un comunicato.
Le note di protesta, secondo il comunicato, si esprimono senza mezzi termini. «Fate qualcosa, siamo stufi dell'ispettore Derrick, i cui telefilm vecchi oramai come il cucco, sono privi di interesse di reali riferimenti attuali così come il look dei suoi protagonisti. O intervenite presso la Rai e lo fate sostituire con qualcosa di più attuale oppure ci riuniremo tutti a Roma, dopo le ferie, e in massa stracceremo i blocchetti degli abbonamenti facendone contestuale disdetta alla Rai».
L'unione sindacale di polizia afferma di «condividere pienamente questa giusta protesta e invita la Rai a cancellare dai suoi programmi questa che appare oramai come una pietosa e antidiluviana sequela di sceneggiati dell' ispettore Derrick (con tutto il rispetto dovuto ai protagonisti) e di sostituirla con uno dei tanti sceneggiati polizieschi italiani attuali e quindi più pieni di interesse». |
Sbatti il pancione in prima pagina |
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Scritto da Corriere.it
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Lunedì 09 Agosto 2004 01:00 |
La gravidanza è la nuova frontiera del gossip, quel genere “giornalistico” che consiste nell’impicciarsi della vita privata dei divetti più insulsi per sognare vite da star che noi poveri mortali non potremo mai avere. Ora anche il mistero della nascita della vita viene dissacrato dai riflettori. Pur di apparire sulle copertine, più d’una diva non ha esitato a farsi immortalare in stato interessante. Miseria della società dello spettacolo.  Agosto ’91, copertina di Vanity Fair , il primo piano di Scout Larue, immortalata un mese prima della nascita nel ventre perfettamente rotondo di mamma Demi Moore zittisce il pubblico: è il primo pancione mediatico. E, sorpresa, la curva fa più audience delle curve. Con gran sollievo e notevole vantaggio per la carriera le future mamme vip non sono più costrette a eclissarsi per i mesi che precedono e seguono il parto, anzi, pare che giovi all’immagine esibire la gravidanza e tutto ciò che un tempo era doveroso nascondere, dalle caviglie gonfie, alle occhiaie al seppur temporaneo cedimento delle forme. Addio piedistallo, messinpiega e trucco indelebile, i fan premiano l’eroina che ha il coraggio di prendere quindici chili per fare un figlio, sciuparsi il seno per allattare e disertare lo shopping per andare al parco con i marmocchi.
L’EVENTO - Così l’operazione-mamma è diventato un «evento promozionale» a cui nessuna rinuncia, meglio di una tournée e del miglior festival. I pancioni conquistano i rotocalchi, si annettono anche il tradizionale regno delle filiformi mannequin (in passerella abbiamo visto il pancione di Nina Moric e anche l’ex anoressica Kate Moss ha mostrato il suo profilo migliore in dolce attesa). Il baby-pride diventa istituzionale con le onorevoli maternità di Alessandra Mussolini e del ministro per le Pari opportunità Stefania Prestigiacomo. E quest’estate accanto ai pancioni di attrici, come quello di Monica Bellucci (anche lei copertina di Vanity Fair in luglio) o di Vittoria Belvedere, e mogli di calciatori - ultima in ordine di apparizione Martina Colombari - è andato in onda quello di Azzurra Caltagirone, neomamma di Caterina, terza figlia del presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini. Salvo precoci annunci ufficiali da parte delle dirette interessate (meno sono famose prima lo rivelano) è intorno al quinto mese, quando la curva diventa inequivocabile, che il pancione diventa un affare nel mondo del gossip. I paparazzi scattano e i rotocalchi pubblicano. «Non si tratta di scoop visto che non sveliamo nessun segreto e le signore in questione ci tengono a mostrarsi, ma è ciò che interessa ai lettori - spiega la direttrice di Novella 2000 , Bice Biagi -. Ogni mattina mi arrivano sulla scrivania 4 o 5 servizi su "pancioni vip"».
GLI SCATTI - Per i fotografi è tutto lavoro. Rino Barillari, esperto paparazzo della capitale confessa di avere un debole per le signore in dolce attesa. «Sono i servizi che preferisco. Mi piace scattare alle future mamme, le più belle sono state Isabella Ferrari e Lucrezia Lante della Rovere. Adesso il colpo da fare sarebbe scoprire il pancino di Letizia Ortiz, la giornalista che ha sposato Felipe di Spagna». Il profilo della futura regina sarà spiato e misurato da potenti teleobiettivi, così come lo è stato per anni, fino alla nascita dell’erede, quello della principessa Masako in Giappone. Rivelare una gravidanza prima dell’annuncio ufficiale è il tormentone preferito nel mondo del gossip. I titoli con il punto di domanda sono ormai un classico. Ma anche le gaffe. «Una volta feci le foto a Carolina di Monaco, sembrava incinta, finì in copertina con il punto interrogativo. Invece era birra e cioccolato. Succede», racconta Barillari.
IN SPIAGGIA - I bebè fanno notizia, e non soltanto i gemelli (in arrivo) di Julia Roberts e il pupo (già arrivato) di Sarah Jessica Parker, la single Carrie di Sex and the city . Lo hanno dimostrato gli autori di Domenica In che quest’anno hanno proposto agli abbonati la
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Scritto da repubblica.it
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Domenica 08 Agosto 2004 01:00 |
Al Grande Fratello inglese vince Nadia, un’impiegata di banca con un passato da uomo. È il degno finale di uno show che dello squallore esistenziale e dell’individualismo decadente ha fatto le proprie bandiere. E dopo il transessuale, cosa ci propineranno il prossimo anno per stupire le masse lobotomizzate? Un cavallo parlante?  LONDRA - L'ultima e più controversa serie del Grande Fratello britannico si è conclusa ieri con la vittoria di Nadia, un transessuale portoghese. Per alcuni giornali è la fine più appropriata per uno spettacolo che ha più volte toccato il fondo. Ma altri si preoccupano dei prossimi reality show che, sulla scia del successo registrato da un "Big Brother" spesso osè e pieno di scontri tra i partecipanti, ne preannunciano anche di più sconvolgenti.
La vincitrice, Nadia Almada, 27 anni portoghese, ha raccolto 3,9 milioni di voti, ovvero il 74 per cento delle preferenze del pubblico televisivo. Per tutto il tempo di permanenza all'interno della casa ha custodito un grande segreto: quello di essere nata uomo.
Impiegata di banca, è scoppiata in lacrime e ha cominciato a tremare quando la conduttrice Davina McCall ha annunciato la vittoria. "Grazie infinitamente - ha commentato - non ho parole per descrivere la mia felicità. E' stata dura dover mentire ai miei compagni sulla mia vita, ma volevo vincere lo show senza parlare di questo".
L'anno scorso la vincitrice della quarta edizione britannica era stata una ragazza scozzese vergine e appassionata di letture bibliche. I produttori, per elevare l'audience, optarono così per una quinta serie più spinta. Tra i concorrenti prescelti abbondavano i gay, le lesbiche e i bisessuali, e la selezione avvenne proprio sulla base dell'incompatibilità tra gli inquilini: si cercarono apposta concorrenti che difficilmente sarebbero andati d'accordo tra loro.
Il risultato è stato una lunga serie di litigi incrociati, culminati in una rissa con minacce di morte reciproche e l'intervento degli agenti della sicurezza. Non sono mancate inoltre le scene di nudo integrale e altamente erotiche, e per la prima volta nelle serie britanniche del programma, c'è stato anche un rapporto sessuale completo.
Il "Times" ha duramente criticato le scelte dei produttori e giornali come il "Guardian" e l'"Independent" hanno invece sottolineato l'accresciuta apertura mentale del pubblico britannico per aver fatto vincere un transessuale che ha più volte dichiarato di voler essere riconosciuto come donna.
Al secondo posto è arrivato Jason Cowan, un trentenne stewart di Glasgow, seguito da Daniel Bryan, 30 anni e Shell Jubin, ventunenne, arrivata quarta. Insieme ad altri 9 concorrenti sono rimasti chiusi nella casa che ospitava il reality show per 10 settimane.
(7 agosto 2004)
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Quell’epidemia mortale denominata progresso |
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Scritto da Agr
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Giovedì 05 Agosto 2004 01:00 |
La follia di voler mettere tutti ai “passi coi tempi” si è mostrata una volta di più disastrosa. Quasi quattrocentomila cinesi uccisi dalle vaccinazioni perché non avevano disinfettato le siringhe  Quasi il bilancio di una guerra quello delle morti in Cina per uso incauto di siringhe. Il ministero della Sanita' di Pechino oggi riferisce di almeno 390mila vittime che avrebbero contratto malattie mortali (Aids, epatiteB e altre) a causa di iniezioni fatte senza rispettare le piu' elementari regole d'igiene, neppure quella della sostituzione dell'ago dopo la somministrazione farmacologica. In Cina, caso unico al mondo, il 70 per cento dei circa 840 mila malati di Aids ha contratto la malattia vendendo il sangue. Su questa situazione quasi endemica, si aggiunge l'ombra dei trafficanti di sangue. Sembra infatti che i malati siano concentrati nella provincia dell'Henan, dove un gruppo di trafficanti acquistava il sangue dai contadini per poi rivenderlo con profitto agli ospedali della regione. |
Scritto da Giornale d'Italia
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Giovedì 05 Agosto 2004 01:00 |
Quel che il fenomeno Liboni ci ha mostrato. Il volto di un’italietta meschina in cerca disperata di emozioni d’accatto. Luciano Liboni ha attraversato il cielo delle estati italiane come una meteora.
Da tempo è divenuto assai arduo distinguere tra realtà, fiction e reality show, sicchè la storia in fondo banale di quest’uomo braccato è diventata il leit motiv estivo di un’opinione pubblica che si lascia catturare più facilmente da vicende periferiche che non dalle enormi problematiche che riguardano il suo futuro, immediato e no.
Senza averlo potuto immagnare, quest’uomo emarginato, con un passato alle mense della Charitas, forse sieropositivo, frequentatore assiduo del sottobosco più disagiato e multietnico dell’Italia centrale, ha così monopolizzato a lungo gli sguardi inumiditi degli italiani accaldati.
Ma tralasciando le tragedie individuali del Liboni, della sua vittima, Giorgioni e delle rispettive famiglie, a dar veramente spettacolo, senza saperlo, è stata un’Italia povera, triste e allucinata.
A cominciare dai media che per meglio vendere l’hard-show hanno confezionato per il protagonista nomi altosonanti, quale “lupo solitario” quasi a evocare una vocazione alla Robin Hood di un individuo che i latino-americani avrebbero invece battezzato con il ben più appropriato appellativo di “desperado”.
Il richiamo del “lupo” ha così sedotto, forse inconsciamente, tutti coloro che al sacrosanto disagio esistenziale che quest’epoca di post/civiltà non può non provocare, amano dare un sapore nichilsta, iconoclastico ed in una certa misura masochistico.
Da qui l’esaltazione per il “giustiziere” che serpeggiava nei forum dell’ultrasinistra e in qualche centro sociale, ultimi pietosi ricettacoli del pre/eroina.
Follia, demenza: certo. Ma come definire la corsa alla foto, accanto al sangue fresco, sul luogo dove il Liboni era stato abbattuto; una corsa che hanno fatto in molti, romani e turisti, per farsi immortalare presso la chiazza scura da cui era fuoriuscita la vita del braccato ? Che civiltà è ormai divenuta la nostra ? Chi mai avrebbe immaginato simili abbrutimenti prima dell’era del “Grande Fratello” ?
Ora che il Liboni è morto, perso nella tragica banalità di una storia criminale qualunque, sarà invece molto difficile dimenticare il triste spettacolo che abbiamo dato di noi e ancor più problematico guardare al futuro con ottimismo: il livello generale dell’agglomerato umano al quale ci siamo ridotti in pochi decenni può essere guardato dall’alto in basso da qualsiasi fauna di hinterland e favelas in ogni angolo del mondo. Nella costante miserabile della loro esistenza tutti quegli infelici non solo hanno attenuanti che a noi mancano del tutto ma possiedono codici comportamentali che il nostro sopravvivere ha smarrito. |
Corporatura pesante? Busta paga leggera! |
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Scritto da Corriere.it
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Mercoledì 04 Agosto 2004 01:00 |
Se sei alto e bello avrai una paga migliore. Accade negli USA ed in Gran Bretagna, dove centinaia di deliranti leggi “anti-discriminatorie” sono riuscite solo ad imporre il pensiero unico del politicamente corretto senza cancellare alcuna reale discriminazione. È sempre così: la modernità nasce per cancellare ogni disuguaglianza e finisce per lasciare in piedi solo quelle più immotivate ed odiose, come quelle basate sui pregiudizi estetici dell’era del narcisismo. La ballerina Anastasia Volochkova non avrà gradito di essere protestata dal Bolshoi perché, non più leggerissima, il suo partner faticava un po’ a farla volteggiare sul palcoscenico. Né il soprano Deborah Voigt avrà gradito la decisione della Royal Opera House di toglierle la parte per eccesso di obesità. Ma in entrambi i casi il criterio applicato dal datore di lavoro era legittimo in quanto strictly job related : strettamente correlato con le esigenze della prestazione artistica. Quando, invece, a essere penalizzata sul lavoro per qualche chilo di troppo è una segretaria o una cassiera, non ci sono giustificazioni: è una discriminazione illegittima. Eppure, a quanto risulta, questa discriminazione è di fatto molto diffusa: uno studio recente della Cornell University (New York St.) ci informa che le lavoratrici obese hanno mediamente retribuzioni più basse, a parità di ogni altra condizione, mentre gli eccessi di rotondità dei colleghi maschi non hanno effetti rilevanti sul loro trattamento. Curiosamente, risulta invece che altre differenze di aspetto fisico influiscano sia sul trattamento delle donne, sia su quello degli uomini: secondo due ricerche (delle Università di Miami e della Pennsylvania), godono di un trattamento medio migliore maschi e femmine di statura più alta; e una ricerca londinese misura la maggior retribuzione di cui godono mediamente i più belli, anche di sesso maschile.
Queste informazioni - che sorprendono per la precisione dei dati e del metodo con cui oggi si riesce a confermarne la fondatezza - vengono dai due Paesi, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, dove la legislazione antidiscriminatoria è stata inventata e raffinata prima e più che altrove: è lì che, negli anni ’60, si è incominciato con i divieti di discriminazione per motivi di opinione e di razza, cui si sono poi via via aggiunti i divieti riferiti alle discriminazioni di genere, di cultura, di etnia, di handicap fisico; ultimamente anche di età e di orientamento sessuale. Ora nel Regno Unito si leva qualche voce in favore di una legge che non si limiti a elencare i singoli criteri di differenziazione di trattamento illegittimi, ma ponga un divieto unico: un Single Equality Act che proibisca qualsiasi disparità. In questo modo, si pensa, sarebbe vietato differenziare i trattamenti anche in base al peso corporeo, alla statura o alla bellezza personale.
La cosa, però, non è così semplice. Ipotizziamo che la legge vieti qualsiasi differenziazione di trattamento che non sia riferita al contenuto del lavoro, al suo «valore»; resterebbe apertissimo il problema della scelta dei criteri di valutazione del lavoro tra i mille possibili. Certo, una selezione di quei criteri è compiuta dalla contrattazione collettiva, attraverso la definizione del sistema di inquadramento dei lavoratori. Ma un contratto collettivo può riferirsi soltanto alle caratteristiche della prestazione facilmente osservabili e misurabili, verificabili anche in giudizio; poi c’è una miriade di altre caratteristiche che si possono apprezzare soltanto in azienda, giorno per giorno, e per lo più non sono suscettibili di misura, né di prova rigorosa. Ad esempio |
Scritto da Agi
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Martedì 03 Agosto 2004 01:00 |
Lo sport è diventato una schifezza. Tra farmaci, inghippi, compravendite, estrogeni, sponsopres e varie pinzillacchere. Livio Berruti confessa: “le olimpiadi di Roma, nel 1960, furono le ultime pulite”.  Il doping? Lo sport ha alzato bandiera bianca. L'unica soluzione e' far fuori per cinque anni gli atleti beccati a doparsi". Toni duri quelli che Livio Berruti, campione olimpico a Roma '60, usa per descrivere il mondo dello sport attuale, a pochi giorni dall'inizio dei giochi di Atene. Per lo sprinter torinese, oggi sessantacinquenne, le ultime Olimpiadi libere da doping e interessi economici, sono state proprio quelle in cui vinse la medaglia d'oro nei 200 metri. "Le ultime Olimpiadi pulite? Quelle del '60. - afferma in un'intervista al settimanale Vita - La colpa? Degli atleti disposti a fare qualsiasi cosa pur di vincere, piu' ancora che degli sponsor". Secondo Berruti, i controlli antidoping non sono affatto seri. "Quello che conta - dice - e' solo il fattore campo. Basta ricordare come Ben Jonson risulto' pulitissimo ai mondiali di Roma dove il presidente dell'Iiaf era italiano". L'unica soluzione e' una maggiore severita': "Uniformita' di controlli e sanzioni esemplari, - suggerisce Berruti - altro che le pene ridicole comminate nel calcio. Dove se vieni beccato a doparti stai fuori tre mesi. Il campione deve essere un esempio da seguire. Se risulta positivo ai controlli, bisogna farlo fuori per cinque anni". |
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