venerdì 19 Luglio 2024

Io non odio il lunedì

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La classica feria-malattia si sposta dal pubblico al privato

 

Ammalarsi il lunedì – magari dopo un fine settimana un po’ esagerato – sembra continui a essere un “vizio” dei lavoratori italiani. In oltre il 30% dei casi, infatti, il lunedì si conferma essere la giornata di inizio delle malattie. Ciò che invece un recente rapporto dell’Inps – sui dati 2011, cioè da quando è in vigore la normativa che prevede la spedizione on-line del certificato di malattia da parte dei medici – fa emergere è il rovesciamento della situazione precedente: ad ammalarsi di più sono i lavoratori del settore privato rispetto ai dipendenti del pubblico impiego. Come dire: ci si ammala più frequentemente nelle fabbriche che negli uffici degli enti statali.

I numeri parlano chiaro: i dipendenti del comparto privato si ammalano in media 17 giorni all’anno, mentre i “travet” degli uffici pubblici stanno a casa con il certificato 15,6 giornate. Una media che trova conferma anche nel Nordest. Dove si vede che ci si ammala di più in Friuli Venezia Giulia che in Veneto. I lavoratori friulani delle aziende private – sempre secondo i dati del rapporto Inps recentemente pubblicato da L’Espresso – stanno a casa per malattia 16,6 giorni all’anno, i colleghi veneti, meno cagionevoli, utilizzano il certificato per 15,7 giorni: ben una giornata di differenza per ciascun addetto. Nella pubblica amministrazione, invece, i numeri si equivalgono: i dipendenti pubblici in Friuli Venezia Giulia si ammalano 15,1 giorno all’anno, come i colleghi veneti che sono assenti dall’ufficio poiché a letto per 15 giorni nell’arco dell’anno.

Nella “geografia” delle malattie, l’80% della distribuzione delle assenze è concentrata negli “stop” fino ai dieci giorni. Dando un’occhiata poi alla distribuzione del numero di eventi per giorno di inizio della malattia il lunedì è nettamente preponderante (quasi nessuno si ammala di sabato o di domenica) con il 32% dei casi nel settore privato e il 28 nella pubblica amministrazione. Uno dei motivi del “capovolgimento” della situazione viene senz’altro attribuito alla legge Brunetta del 2008 che avrebbe reso il pubblico impiego più “virtuoso”: la normativa infatti riduce la retribuzione al solo salario base ai primi dieci giorni di malattia oltre a imporre che i certificati debbano essere redatti solo dai medici convenzionati. Un provvedimento che, secondo le stime dell’Inps, avrebbe ridotto le malattie dei furbi di almeno il 40%.

Nel complesso, con l’arrivo della crisi le malattie sono in aumento in tutti i comparti della produzione. Inoltre, il rapporto dell’istituto di previdenza mette in rilievo che ci si ammala di meno nelle aziende piccole (solo 1,5 giorni all’anno nelle ditte con meno di cinque dipendenti) dove probabilmente la “filiera” del controllo è più corta. Rispetto alle tipologie contrattuali dei lavoratori ad ammalarsi di meno sono quelli con il contratto a tempo determinato, probabilmente più “ricattabili” di chi ha il posto fisso e garantito.

Riguardo all’età, i lavoratori più a rischio malattia sono ricompresi nella fascia tra i 60 e i 64 anni: 29,8 giorni l’anno per i privati e 22,9 per i pubblici. La possibilità di dover stare a letto anziché in fabbrica o in ufficio cala un po’ nella fascia tra i 55 e i 59 anni: 24,8 giorni nel privato e 20,6 nel pubblico. Più “sani” i lavoratori giovani: tra i 25 e i 29 anni un dipendente privato si ammala 13,1 giorni, mentre un lavoratore pubblico 11,4 giorni.

 

 

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