sabato 20 Luglio 2024

Il derby del cuore

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Così i kosovari vivisezionavano i serbi e inviavano gli organi in Israele

L’espianto di un cuore dal petto di un prigioniero eseguito senza anestesia. Lo ha raccontato alla tv pubblica di Belgrado un testimone di cui dispone la giustizia serba per dimostrare il traffico illegale di organi umani avvenuto in Kosovo durante il conflitto armato negli anni Novanta.
LA TESTIMONIANZA – «Mi hanno dato uno scalpello, dicendomi di cominciare subito l’espianto poiché non c’era tanto tempo. Io ho posato la mia mano sinistra sul suo petto, ho cominciato a tagliare e il sangue è subito schizzato», ha detto l’uomo aggiungendo che la vittima tra urla disumane ha ben presto perso conoscenza. «Non so dire se fosse svenuto o se fosse morto, io ero come fuori di me», ha aggiunto l’uomo, secondo il quale tale «intervento» è stato fatto nella classe di una scuola, con la vittima stesa su alcuni banchi.
LE INDAGINI – Lunedì il procuratore serbo per i crimini di guerra Vladimir Vukcevic aveva rivelato ai media l’esistenza di un testimone, un guerrigliero indipendentista albanese dell’Uck (Esercito di liberazione del Kosovo), che ha partecipato durante il conflitto armato contro i serbi (1998-1999) al traffico illegale di organi ai danni di prigionieri serbi, venduti poi sul mercato nero. 
Nell’intervista alla tv il testimone non precisa la nazionalità della vittima sottoposta al terribile espianto di cuore, ma Vukcevic ha detto di ritenere che fosse un serbo. Non viene neanche detto in quale località sia avvenuto l’intervento, ma sempre secondo Vukcevic si sarebbe trattato di un posto nel nord dell’Albania, al confine con il Kosovo, «alla fine degli anni Novanta».
IL TRAFFICO DI ORGANI – All’intervento, sempre secondo l’uomo intervistato, avrebbero partecipato anche due medici. A un certo punto, ha raccontato, uno dei due medici è intervenuto a incidere sul petto «poiché si era accorto che la mia mano tremava». E mancando forbici adatte a incidere e tagliare le costole, è stato lui, il testimone, a proporre di usare il suo pugnale. Tagliate le costole, uno dei medici ha messo le sue mani nel petto, «aprendo la cassa toracica». Così, dopo aver sezionato le arterie, «io ho preso il cuore, che batteva ancora». Il testimone ha poi raccontato che il cuore appena espiantato è stato sistemato in una cassetta per il trasporto di organi e condotto all’aeroporto di Tirana, dove i guerriglieri Uck sono stati accolti da militari albanesi. La cassetta è stata quindi consegnata a uno straniero, che è salito su un piccolo aereo privato apparentemente turco.
LE INDAGINI – Da tempo Belgrado insiste nelle accuse di traffico di organi avvenuto in Kosovo negli anni Novanta ai danni di prigionieri serbi. Accuse che hanno trovato conferma in un rapporto del parlamentare svizzero Dick Marty, approvato nel gennaio 2011 dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. La Ue ha nominato il procuratore Usa John Williamson alla testa di una commissione d’inchiesta. Pristina, a cominciare dal premier Hashim Thaci, ex leader Uck, nega con forza tali accuse.
 
Il Corriere omette di dire un paio di cosette: che l’eccidio regolare e continuato fu tranquillamente consumato all’interno della zona controllata dalla Kfor della Nato che proteggeva i criminali e che il principale cliente degli organi strappati ai serbi suppliziati fu Israele
 
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