venerdì 19 Luglio 2024

Niente paura: il peggio deve ancora venire

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Ci preparano il pacchettone

Leggendo alcuni aforismi per rilassare la mente mi sono imbattuto in qualcosa di illuminante: “Niente va così male che non possa andare peggio”, di Arthur Bloch. Quasi per un’associazione meccanica di idee mi è venuto in mente il vincolo di bilancio del 3% che ad oggi occupa buona parte dei dibattiti politici. Se ne parla con insistenza, qualcuno vorrebbe rispettarlo, altri vorrebbero sforarlo un pochino, qualcun altro pensa di sforarlo parecchio….insomma questa soglia del 3% di deficit/PIL sta diventando come lo spread è stato per un paio d’anni, un tema di quasi-gossip, da intervallare tra Sanremo, i mondiali di calcio e la prima della Scala.
Accettando per un attimo la provocazione, si potrebbe obiettare al governo, che intende rispettarlo ovviamente, che una politica da deficit al 3% nell’attuale contesto di mercato rappresenta una manovra che non riduce il debito, ma che non stimola neanche l’economia e condanna il Paese alla recessione. A fronte di ciò ci sarebbe da costringere Letta a rispondere ad alcune semplici domande. Tra queste: come può un Paese in recessione da anni e un PIL reale in picchiata pensare di restituire i debiti mediante misure di austerità? Cioè sottraendo liquidità al sistema economico, che ne avrebbe bisogno per produrre ricchezza, e quindi anche liquidità?
Ma è qui che l’aforisma di Bloch mi ha illuminato. Anche ammesso di avere davvero Letta al tavolo e costringerlo a rispondere a questa considerazione, mi sono detto che in fondo si tratta ormai di un tema di retroguardia, demodé come si direbbe, perché tra poco meno di 12 mesi inizierà a produrre effetti concreti il Trattato di Stabilità, noto anche come fiscal compact, che da Gennaio 2015 obbligherà tutti i Paesi aderenti al trattato ad osservare il pareggio di bilancio e a ridurre l’eventuale eccedenza del rapporto debito pubblico/Pil superiore al 60% ad un ritmo del 5% all’anno.
Stiamo parlando di un fabbisogno di circa 45 miliardi di euro per conseguire il pareggio di bilancio e di circa 55 miliardi per ridurre ogni anno il debito/Pil del 5%, per un totale di 100 miliardi tondi tondi da tirare fuori nell’arco del 2015!
Per chi avesse poca dimestichezza con i numeri ricordiamo che uno dei cavalli di battaglia dell’ultima tornata elettorale è stata l’IMU, una imposta che a seconda di come la si vuole vedere provoca (o provocherebbe) un gettito di circa 4-5 miliardi.
Qualcuno dirà che si potrebbe chiedere la sospensione dell’applicazione del fiscal compact, che si potrebbe anche chiedere il rinvio dell’applicazione del pareggio di bilancio, e così via. Certo, sul piano teorico si, ma con tutta onestà non punterei molto sul quartetto “cetra” Napolitano-Letta-Alfano-Renzi per perorare cause nazionali di fronte alle autorità europee.
Soprattutto, è il silenzio assordante di questi mesi che mi preoccupa. Non un dibattito serio, non una presa di posizione, nulla. Volendo davvero condurre una battaglia politica per rinviare l’applicazione dei due vincoli occorrerebbe creare un consenso, aprire una tavola rotonda a livello europeo….ma nulla di tutto questo sta accadendo.
Quale può essere la spiegazione? A me ne viene in mente una. Che stiano preparando un pacchettone di privatizzazioni da 100-200 miliardi da proporre magari verso settembre, cioè abbastanza tardi da poter mettere tutti di fronte alla ineludibilità della decisione, all’odioso “ce lo chiede l’Europa”, ed evitare così che il tema possa anche minimamente aprire un serio dibattito politico? Però, come direbbe Arnold Bloch, potrebbe andare anche peggio, e potrebbero pensare ad un prelievo forzoso sui conti correnti bancari o all’impiego delle riserve della Banca d’Italia, ma io non voglio essere così pessimista (sic!), vedo già abbastanza tragico un piano aggressivo di privatizzazioni, tanto, in un modo o nell’altro, continuiamo a trasferire ricchezza ai nostri indebiti creditori!

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