sabato 20 Luglio 2024

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Capitan Harlock: un Odino cosmico che sconfigge il Ragnarock e supera l’uomo

Che l’Harlock di Matsumoto sia in tutto e per tutto riconducibile alla figura di Odino è innegabile: monocolo, con un corvo sulla spalla, imperscrutabile e irraggiungibile, conoscitore dei più grandi misteri dell’Universo, lanciato in una caccia selvaggia su piano cosmico, addirittura legato ai Nibelunghi in una delle sue precedenti incarnazioni e sempre accompagnato da temi musicali dal sapore wagneriano. Non è un mistero poi che sia sempre stato emblema del Principio Uranico che lotta contro le forze telluriche e infere: combattente contro le Mazoniane, donne-pianta mutevoli, ipnotiche e tentatrici che hanno colonizzato il sottosuolo terrestre, riaffermatore della Civiltà sulla Terra grazie al Fuoco del Cielo raccolto nel Pianeta d’Oro al centro dell’Universo e poi nemico giurato dei demoni Noo, incarnazione del Caos Primordiale che si oppone all’armonia cosmica della luce primigenia e confinato nell’oscurità sotterranea. Ma il nuovo Harlock dell’ultimo lungometraggio interamente in CGI si è superato nella simbologia mitologica. Al soggetto e alla sceneggiatura del maestro Matsumoto si è infatti aggiunta la regia di Shinji Aramaki, maestro della computer grafica e della fantascienza nipponica in chiave mitologica che già aveva creato una gigantomachia in chiave cyberpunk nel suo Appleseed, in cui i network senzienti Gaia e Alcione davano l’assalto alla cittadella libera Olympus difesa dal gigante robotico Briareo. Suo anche il bellissimo “Starship Troopers: Invasione” che ha dato un colpo di spugna alla propaganda anti-militarista, anti-autoritaria e con un occhiolino alla diserzione della trilogia filmica e che si ricollega invece in tutto e per tutto allo spirito originale del romanzo di Heinlein facendo dell’etica eroica, dell’abnegazione, del sacrificio e del cameratismo i pilastri della vita guerriera. L’influenza di Aramaki si fa sentire molto in questo lungometraggio dedicato al pirata dello spazio: oltre alle tute spaziali dei pirati dell’Arcadia che ricordano molto quelle di Starship Troopers, ritroviamo ancora una Gaia come nemico principale. Ma oltre al chiaro riferimento alla terrestrità che il nostro pirata uranico deve combattere, oltre al richiamo al titanismo usurpatore dell’Olimpo mosso da hybris proprio come in Appleseed – pensiamo alla nave chiamata Okeanos, proprio come il titano acquatico, che si contrappone all’Arcadia di Harlock o al Jovian Blaster, un’arma che tenta di imbrigliare l’energia di Giove per lanciare folgori cosmiche, un vero “furto della folgore di Zeus” che però non può aver successo perché i titani non ne hanno la padronanza – ecco affacciarsi un altro inquietante richiamo: la coalizione Gaia, una sorta di ente supremo di controllo internazionale retto da sette vecchi saggi tecnocrati e da un plenipotenziario nell’ombra dall’aspetto sacerdotale che controlla il mondo con i motti “ordine e pace” attraverso una rete che collega tutto l’universo diffondendo immagini virtuali. Come non pensare al Gaia New Order, il nuovo ordine mondiale auspicato dai nuovi internazionalisti internauti, un mondo in cui non esistono più confini, stati, religione, guerre e comunità, un mondo governato dalla rete internet dove la cittadinanza è data dall’account e dove ognuno può vivere in ordine e pace grazie al controllo virtuale. E come non pensare alla pseudo-religione di Gaia, il pianete vivente venerato nella più famosa corrente new age, quando la coalizione Gaia del film ha reso la Terra un pianeta inviolabile e sacro da venerare in maniera quasi psichica e onirica. A loro si contrappone appunto Harlock, l’odinico pirata la cui nave è accompagnata da folgori e tuoni, conoscitore dei punti chiave del Cosmo attraverso cui accedere alle vibrazioni che possono piegare lo spazio e il tempo, sposato idealmente alla nibelunga Meeme, un po’ Alto Elfo padrone dei segreti cosmici e un po’ Norna custode del Destino, grazie alla quale il pirata può maneggiare la Materia Oscura, inconoscibile e inafferrabile elemento che permea e regge l’universo. Con lui una ciurma di uomini liberi – tra cui il primo ufficiale che maneggia un’arma metà ascia bipenne e metà martello – gli unici uomini liberi del loro tempo, un tempo in cui l’umanità è morente e alla fine del suo ciclo, destinata a morire ed estinguersi fiacca e svilita e sempre più dispersa e lontana dalla Terra, il Luogo d’Origine oramai lontano e inaccessibile. I pirati di Harlock sono gli unici a non essere relitti, a non essere dispersi, poiché il proprio Centro lo hanno sempre con loro: è l’Arcadia, il cui stesso nome rievoca la Terra Primordiale e l’Età dell’Oro che viene mantenuta viva anche nei luoghi e nei tempi lontani dall’Origine. E sono liberi perché condizione per essere arruolati nell’Arcadia è combattere contro “tutto ciò che tiene legati” e che quindi impedisce di ascendere ed elevarsi. La loro missione, la missione del pirata Harlock, è piegare i nodi spazio-temporali per riavvolgere il nastro cosmico e tornare a un mitico punto d’Origine che possa mettere fine alla decadenza dell’Uomo. Ma è una missione impossibile, tornare indietro non è mai una soluzione e si risolverebbe tutto in un puro atto nichilista. Per riuscire si deve solo andare avanti e Harlock, l’unico ad esserne consapevole, è alla ricerca di un “miracolo” che possa far cogliere la luce nel momento più buio. Ed è qui che intervengono due personaggi chiave del film, i due fratelli Ezra e Yama. Il primo è ufficiale comandante dell’esercito di Gaia, mosso da odio, invidia e gelosia, non a caso raffigurato invalido, spezzato come ad indicare un Asse rotto, perduto, un’ancora strappata che lascia alla deriva. Il secondo invece un ragazzo idealista e sognatore ma che tenta in tutti i modi di rendere vivi i sogni – il sogno di far nascere i fiori nel deserto può sembrare sdolcinato e pseudo-ambientalista ma bisogna conoscere bene l’amore dei nipponici per i fiori e per i giardini per poter cogliere questo sogno nel giusto modo. E soprattutto un ragazzo dal nome che ricorda la Montagna (yama in giapponese vuol dire proprio montagna), l’Asse Cosmico che lega il Cielo alla Terra e che riuscirà a riportare l’Arcadia e Harlock sul pianeta Terra morente, a riportare quindi le radici uraniche sulla terra. Il tutto avviene poi con una simbologia numerica talmente palese ed evidente che è impossibile da ritenere casuale: Harlock, identificato da Gaia col codice 999, cede il passo al suo nuovo se stesso che riconquista l’Origine e il cui codice identificativo è 111. Il numero che in tutte le tradizioni rappresenta il Polo Iperboreo, l’Origine Primordiale, alla fine del ciclo (9) viene riaffermato nella sua unità originale. Il tutto avviene nell’attimo miracoloso, un “momento che si ripete nel tempo e diviene eterno”. Ma non è solo la Terra che deve rinascere, anche l’Uomo deve rinascere, superare la sua caducità, rompere i suoi legami mortali perché “anche se si muore, ogni vita porta in sé il seme dell’Eternità” e bisogna farlo fiorire per far sì che “se anche l’uomo muore, qualcos’altro possa nascere”. E come il vecchio Harlock ha riconquistato l’Origine, ora l’Origine deve essere riportata al mondo dal nuovo Harlock. Come la ciurma era formata dagli ultimi uomini liberi, ora è formata dai primi esseri che hanno superato l’umanità e che si risvegliano come qualcosa di totalemente nuovo – la scena del loro risveglio postmortem alla ripartenza dell’Arcadia è emblematica. Ora la missione dell’Uomo Nuovo è far rinascere l’umanità imprigionata nella sua illusione di progresso ed evoluzione, perché “anche se l’umanità evolve, non cambia nulla. Ma quell’Uomo continuerà per sempre ad andare avanti”.

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