giovedì 18 Luglio 2024

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Segni dei tempi. Una volta il motto dominante era “mens sana in corpore sano”. Oggi, nella Mc Donald’s Age, essere obesi quasi quasi conviene.


Cresce l’obesita’ tra gli italiani e la Cassazione prende atto che il fenomeno del sovrappeso sta un po’ stretto nei limiti previsti dal Ministero delle Finanze per concedere l’assegno di invalidita’ a chi ha molti chili di troppo. Per questo la Suprema Corte ha stabilito che non sono piu’ vincolanti le tabelle – fissate da un decreto ministeriale del 1992 – usate per misurare il punteggio di invalidita’ e che attribuiscono una percentuale di handicap agli obesi che in nessun caso supera il 40 per cento (per avere l’assegno serve il 74 per cento). Ad avviso dei magistrati di legittimita’, invece, specie nelle forme gravi di accumulo adiposo, occorre valutare questa disfunzione in ”maniera svincolata dai limiti tabellari” e dare punti piu’ elevati, superiori al 40 per cento, a chi ha un rapporto molto squilibrato tra altezza e peso corporeo.
A questa decisione – sentenza 16251 della Prima sezione civile – ha portato la vicenda della signora Rita G. di Torino, un metro e mezzo di altezza per 130 chili, concentrati soprattutto sulle cosce. Proprio per le sue dimensioni, Rita aveva chiesto di essere dichiarata invalida al 74 per cento, ma il ministero aveva bocciato la sua richiesta. Cosi’ la donna si e’ rivolta (senza successo) alla magistratura che per due volte – prima il Tribunale e poi la Corte di Appello torinese – le rispose che, nonostante la mole, non raggiungeva il punteggio necessario. Il consulente tecnico, infatti, dopo aver sottolineato ”l’obesita’ ginoide con aspetto elefantiaco delle cosce” di Rita, concludeva la sua perizia dicendo che, ”secondo le tabelle ministeriali per l’invalidita’ civile”, poteva darle solo il 40% di invalidita’. Dunque, niente assegno.
Contro il ”no” Rita si e’ rivolta alla Cassazione e il suo ricorso ha fatto breccia tra i giudici che lo hanno accolto, nonostante il parere contrario espresso dalla Procura che aveva, addirittura,chiesto la declaratoria di ”inammissibilita’ ” del reclamo. In particolare, i supremi giudici hanno affermato che e’ vero che le tabelle ”includono l’obesita’ nella fascia di invalidita’ dal 31 al 40%”, ma tale percentuale e’ calcolata in riferimento a persone che hanno un ”indice di massa corporea compreso tra 35 e 40”, che non tiene conto delle nuove forme di obesita’ o di quelle piu’ gravi. Rita, ad esempio, ha un indice di massa corporea – calcola la Suprema Corte – del 57,7 che ”si ottiene, in base alle indicazioni ministeriali, dividendo il peso del soggetto per il quadrato della sua statura espresso in metri”. Nel caso in questione, spiegano gli ‘ermellini’: ”kg 130: 2,25 (1,50 per 1,50)= 57,77”. Deve quindi concludersi – afferma la Cassazione – che una ”situazione” come quella di Rita ”richiede una indagine diretta ad acclarare il grado di invalidita’, svincolata dai limiti specificati dalle tabelle”.
In pratica, adesso, alle persone ‘oversize’, potra’ essere riconosciuto un punteggio di handicap maggiore del 40 per cento dato che – per effetto di questa decisione della Suprema Corte – i periti chiamati a valutare il livello di obesita’ dovranno tenere presente non piu’ solo le tabelle, ormai inadeguate per misurare le nuove obesita’, bensi’ l

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