Un libro di Adriano Scianca, edito da Altaforte, che non si può non leggere
Mussolini e la filosofia è uno dei pochi libri che non ho letto tutto d’un fiato. Solitamente, quelli che centellino, sono dei romanzi di cui mi cattura l’atmosfera e che cerco di prolungare volutamente il più possibile. Tipo Shogun o Musashi.
Il saggio di Scianca l’ho invece letto lentamente perché è così ricco ed articolato che già una sola lettura può essere insufficiente, se fosse rapida sarebbe inutile.
La domanda è come abbia fatto a scriverlo.
Un libro ai livelli di De Felice
Presuppone innanzitutto una conoscenza vasta e approfondita dell’argomento, quindi una memoria straordinaria, perché è stupefacente come si possa ricordare dove e quando Mussolini ha detto o scritto questa frase, quando e dove ha letto e studiato il pensiero di questo o di quello, dove e quando è stato citato quel suo incontro con quel tal filosofo, dove e quando quell’incontro si è riflesso in una scelta politica.
Infine c’è la capacità di mettere insieme il pensiero, sia in senso diacronico, sia in quello della logica in sé, quindi delle connessioni logiche: straordinario.
Ho detto più volte che Adriano è fuori dal tempo. Oggi che ci si scrive addosso, che si prendono scorciatoie, che si procede con il copia/incolla su cui s’innestano sentenze semplicistiche ad effetto, sulla falsa riga degli aforismi dei Baci Perugina, lo Scianca è palesemente di un’altra epoca.
Pur retrodatandolo in un’era seria e colta, anche lì primeggia. Questo suo ultimo libro non ha nulla da invidiare, per quel che riguarda la serietà e il rigore degli studi sul Duce, alle opere del De Felice, ed è immensamente superiore ad altri tentativi ambiziosi ma raffazzonati, tipo quelli del Bocca.
Il falso mito della cultura progressista
Il libro è impressionante, e ne emergono diverse cose. Innanzitutto la grande sete di conoscenza e la fantastica intelligenza, sia analitica che sintetica, di Mussolini, che tra gli statisti moderni in questo è sicuramente il migliore indiscusso insieme a Napoleone Bonaparte. Quindi la ricchezza culturale e la grande empatia universale del fascismo. Alla faccia dei denigratori, di quei poveracci che “il fascismo è incultura” e che “la cultura è di sinistra”. Niente di più falso: la prima metà del XX secolo ha conosciuto universalmente solo due filoni di cultura , a volte opposti, altre concordi: il fascista e il reazionario. La “cultura” progressista trovava asilo ai margini delle categorie sociologica, psicologica ed economica e anche lì era subordinata.
È stato solo manu militari che si è imposta e ha dominato la seconda metà del secolo scorso, quella che ha prodotto la deculturazione, con qualche eccezione volutamente o forzatamente eretica.
Bene non solo ricordarlo ma anche poter fare il confronto, e Scianca in questo ci aiuta non poco.
Mussolini tra Marx e Nietzsche
Mussolini e la filosofia non è il rapporto tra un amatore e l’oggetto di un diletto in cui crogiolarsi, è una continua ricerca di conoscenza, esistenziale, sociale, civilizzazionale.
C’è il Mussolini vitalista, idealista, razzialista, statista. C’è il lettore di Marx, Sorel, Hegel, Machiavelli, Oriani, c’è l’interlocutore di Gentile, c’è la figura riconosciuta dagli ambienti nicciani mondiali come arbitro nelle contese su Nietzsche, al punto da essere considerato autorità suprema perfino nel Terzo Reich. C’è il Mussolini al quale si rivolgono ripetutamente Heidegger, Schmitt e Spengler. Manca, ma non è essenziale, la corrispondenza con Freud. C’è il rapporto con Pirandello come quello con Evola, c’è il pensiero su Platone, c’è perfino la straordinaria visione mussoliniana sulla questione religiosa (paganesimo e/o cristianesimo), sulla borghesia e sulla razza bianca come decadenza e in contrapposizione la logica razziale spirituale, psicologica e rivoluzionaria, solo relativamente biologica.
In particolare va complimentato l’Autore per avere avuto il coraggio di affrontare il tema senza complessi e accantonando tutti i partiti presi.
È il fascismo ad assorbire il nazionalismo
Ne emerge – e per chi del Duce non ha un’idea preconcetta di qualsiasi tipo non è una sopresa, ma una perfezionata conferma – l’immagine di un uomo impegnato instancabilmente nel rigenerare il particolare e il generale. Chi si è lasciato deviare dagli stereoptipi fasulli, che li assuma da sinistra o da destra, resterà stupefatto da quello che noi non abbiamo mai disconosciuto.
Come non si stanca di ripetere Scianca, Mussolini è sempre rimasto intriso di una visione ampia, inizialmente cosmopolita, che non ha mai cessato di perseguire l’universale, attivando a questo scopo le qualità e le potenzialità nazionali.
Scrive l’Autore: “Il nazionalismo di Mussolini è un tema molto meno scontato di quanto non si pensi. L’equivalenza, o anche solo la contiguità di nazionalismo e fascismo è stata per molto tempo data per scontata dagli storici ed è tuttora un luogo comune del dibattito giornalistico. Le cose, tuttavia, stanno diversamente”. Cita poi il Del Noce: “Non c’è una specie di continuità ideale tra nazionalismo e fascismo; non è l’ideologia dell’Action Française a preparare il fascismo, ma è invece il fascismo ad assorbire il nazionalismo”.
E in chiusura d’opera Adriano Scianca riporta quanto affermato da Mussolini alla crocerossina Maddalena Mollier nel marzo 1945 nella sua residenza di Gragnano. Le questioni germanica, francese, spagnola, italiana – disse il Duce – non avrebbero avuto più interesse, lo avrebbe avuto solo l’Europa, purché Blocco Europa.
Anche questo lo sapevamo e non abbiamo mai cambiato idea in proposito.
Al di là di questa conclusione, che a noi sembra imprescindibile, va lodato Adriano per essere riuscito ad esprimere la complessità del pensiero mussoliniano come energia rivoluzionaria fisica e spirituale illuminata dalla mente: un’azione particolare e universale volta alla rigenerazione rivoluzionaria della Civiltà e orientata dalla filosofia. Dalla filo – sofia.
Complimenti!