lunedì 1 Dicembre 2025

Sta bruciando Budapest

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Sessant’anni fa iniziava l’assedio della capitale magiara. Uomini risoluti, degni e coraggiosissimi si apprestavano all’ultima battaglia. Li comandava Ferenc Szalasi, fondatore delle Croci Frecciate

Autunno 1944, l’armata sovietica è alle porte dell’Ungheria, il Maresciallo Horty cerca di imitare Badoglio ma è preso d’anticipo: il 15 ottobre viene catturato da Skorzeny e i Magiari si apprestano alla resistenza estrema. Fenec Szalasi, il capo delle Croci Frecciate diventa capo del governo.


Assumendo il potere, Szalasi aveva indirizzato ad Hitler il seguente messaggio:


“Mi rivolgo a Lei, Eccellenza, nella mia qualità di Capo dello Stato e di Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d’Ungheria, come alla Suprema Guida nel presente, titanico, scontro delle concezioni del mondo e al Führer designato della nascente comunità europea. Le annuncio che l’Ungheria è ormai schierata totalitariamente e senza alcuna riserva nel fronte ideale costituito dai patti Antikomintern e Tripartito e che l’esercito ungherese si batte deciso e risoluto a fianco del grande alleato germanico”.


Il 4 novembre, nelle fastose sale del Palazzo Reale, gli esponenti del nuovo regime, insieme con numerosi parlamentari e alti ufficiali, ma anche i rappresentanti della nobiltà coi caratteristici costumi, i Diszmagyar e le scimitarre, si erano dati convegno. Davanti ad un Szalasi pallido e commosso era stata condotta la Corona di Santo Stefano – millenario simbolo del reame d’Ungheria – e all’ombra delle alabarde della Guardia della Corona il nuovo Capo dello Stato aveva prestato giuramento. (…) Dal 4 novembre, da quando le armate russo-romene di Malinovskij avevano raggiunto il margine sud-orientale dei suoi sobborghi, Budapest era città di prima linea.


La città verrà difesa palmo per palmo in una battaglia che si protrarrà fino al 24 gennaio 1945.


Szalasi e le Croci Ferrate s’immoleranno nella strenua difesa. Szalasi venne impiccato il 12 marzo 1946 e salì sul patibolo con dignità esemplare (nella foto)

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