venerdì 19 Luglio 2024

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Il videogioco che ti insegna a uccidere e rapinare per guadagnare il rispetto della gang è sbarcato anche in Italia. Guarda caso si ispira alla vita giovanile nei quartieri americani. Ma, vista la serie impressionante di drammi familiari che sta sconvolgendo il nostro Paese, abbiamo poco da stare allegri.

ROMA – E’ negli scaffali dei negozi da una settimana soltanto, ma è già al centro delle polemiche. Né più né meno di quello che ci si attende quando un gioco si intitola “Gta”, tre lettere che sono un mito per gli appassionati di videogame e un incubo per chi vede in computer e console i cattivi maestri delle nuove generazioni.

“Gran Theft Auto: San Andreas”, appena uscito per PlayStation2, era il gioco più atteso dell’anno, e non ha tradito le aspettative dei suoi appassionati, né quelle dei suoi detrattori. Il videogame ha tutte le carte in regola per spaccare a metà il pubblico e creare due categorie, chi lo odia e chi lo ama: un marchio di fabbrica ormai mitico, un realismo esasperato, ambientazioni, contenuti e linguaggio degni di Tarantino.

Protagonista di Gta San Andreas è Carl Johnson, un ragazzo di colore invischiato in una guerra tra bande nei bassifondi di Los Santos, città di fantasia in tutto simile a Los Angeles. Come nei capitoli precedenti della saga, Gta San Andreas racconta l’ascesa del protagonista nella malavita locale a colpi di furti, rapine e omicidi. Carl Johnson può muoversi in lungo e in largo nell’intero stato di San Andreas, attraversando le città di San Fierro (San Francisco) e Las Venturas (Las Vegas) passando in mezzo a foreste, montagne, deserti, a bordo di ogni sorta di veicoli, dalla bicicletta all’elicottero, tutti rigorosamente rubati.

Per progredire nel gioco bisogna portare a compimento una serie di missioni – e non si tratta di pettinare bambole: risse e sparatorie sono la moneta sonante con la quale CJ, come tutti chiamano il protagonista, si guadagna il rispetto della malavita. Come se non bastasse, il gioco permette, ancor più che le versioni precedenti, totale libertà d’azione anche al di fuori della trama principale: si può aggredire qualunque passante per vedere la sua reazione. In compagnia di un altro giocatore è possibile organizzare spedizioni completamente slegate dal gioco mettendo a soqquadro l’intera città.







Caratteristiche che hanno puntualmente dato il via a polemiche identiche a quelle che hanno accompagnato le precedenti edizioni di Gta. La psicologa Vera Slepoj ha dichiarato all’agenzia Ansa che “attraverso il gioco si apprendono le regole che ci accompagneranno tutta la vita”, e si è chiesta: “Che modello di riferimento può essere questo, dove l’eroe è un delinquente che bisogna aiutare a fare delle rapine o compiere omicidi?”. Le ha fatto eco don Antonio Mazzi che, accomunando Gta ai reality show, ha parlato di una “società nella quale si inneggia alla scorciatoia per raggiungere un risultato e dove chi si impegna e sacrifica per una vita è poco più che un cretino”.

Commenti in tutto simili a quelli raccolti dal gioco negli Stati Uniti, dove Gta, in passato, è stato tirato in ballo persino da qualche candidato minore alle presidenziali. Le critiche che da sempre accompagnano l’uscita di Gta non sono probabilmente estranee al suo successo commerciale: il gioco è stato venduto in oltre 30 milioni di esemplari nel mondo. La Rockstar Games, che produce il gioco, incassa polemiche e successi e annuncia per il 2005 le versioni di Gta San Andreas per pc ed Xbox.

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