sabato 20 Luglio 2024

Perché no a Zemmour dalla A alla Z

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Un po’ lungo ma telegrafico e c’è solo l’essenziale

 

L’offensiva di Zemmour in Francia non è isolata, rientra in una strategia per l’ Europa alla quale è necessario sottrarsi e che va combattuta.
Le ragioni vanno dall’impostura, ovvero la mistificazione e il sovvertimento di principi e di linee essenziali, alle strategie politiche che, nel perfetto leninismo dei suoi ideatori dell’alta finanza, hanno sempre due obiettivi precisi da centrare contemporaneamente.

Iniziamo dall’obiettivo tattico immediatamente percepibile
Riportare all’Eliseo la camarilla sarkozista per rilanciare la politica antifrancese e antieuropea (e anti-italiana, si pensi alla Libia) che Macron ha immediatamente rovesciato fino a lanciare una sfida all’egemonia americana in Europa.
Ma anche costringere la Francia a cedere terreno a cinesi e americani in Africa e finirla con la politica di Macron che, strozzandole dal Niger, ha ridotto le migrazioni fin dal 2018 non solo in Francia ma in Europa. Un’inversione della tendenza in vigore dal 1973 almeno.
Non sarà Zemmour in prima persona a compiere questi capovolgimenti ma, frenando la corsa di Marine Le Pen, è chiamato a permettere al candidato sarkozista di sfidare l’Eliseo ed espugnare la Francia per conto delle confraternite internazionaliste atlantiche.

Chi vota Zemmour vota Pecresse
È un fatto elementare. Lo è nella matematica ma anche nelle dinamiche.
Qualcuno s’illude che il polemista sia un uomo della Provvidenza nato sotto un cavolo per partenogenesi. Non è così. Il parlatore di talento ha avuto a disposizione per ben due anni, ogni sera, una televisione privata, Cnews, che lo ha proiettato nel firmamento dei presidenziabili.
Cnews è una televisione privata di destra lanciata dal gruppo Canal +(sinistra mondialista). Svolge insomma lo stesso ruolo svolto un tempo dalla 7.
L’imprenditore cui fa capo questa televisione, Bolloré, vicino anche per parentela agli ambienti della destra liberale che conta, aveva come direttore del gruppo Dominique Roux che, udite udite, è il padre di Valérie Pecresse, candidata della destra classica. Ovvero colei che tutta la strategia spinge verso la presidenza.

È un format
La strategia segue un format, già coronato da successo in Grecia tra il 2017 e il 2019.
All’epoca era necessario forzare la mano sul calo di Alba Dorata per favorire la destra occidentalista. Venne creata la televisione Teleasty ad opera del politico e magnate Giorgos Karatzaferis, diplomatosi, guarda tu le coincidenze, alla London School of Journalism. Questa televisione tenne una linea populistica estremista concorrenziale che impedì per un soffio ad Alba Dorata di raggiungere il quorum per restare in Parlamento e permise al partitello del giornalista Kyriakos Velopoulos, Soluzione Greca, fondato nel 2016 e che si definisce conservatore (sempre le coincidenze…), di ottenere dieci seggi.

I sostegni del “nemico” del sistema
I sostegni di cui gode Zemmour sono notevoli e mai nessuno nella storia di Francia ne ha avuti di comparabili in quell’ambiente politico.
A parte i finanziamenti, consideriamo l’équipe. Attorno a lui ci sono eminenti figure della destra reazionaria tra cui quel Philippe de Villiers, presunto emblema della Vandea che, prima di essere travolto da uno scandalo privato, era diventato personaggio pubblico per essersi presentato nel 1995 alle presidenziali con il solo scopo dichiarato di togliere voti a Jean-Marie Le Pen in modo da impedirgli di accedere al secondo turno e comunque da ridurne i voti e il conseguente potere contrattuale. Poco dopo la stessa destra lavorò per la scissione megretista di fine 1998 che fu ampiamente finanziata. Gli scissionisti manovrati di allora oggi sostengono Zemmour.
Nell’équipe dirigente della sua campagna ci sono storici sarkozisti convinti.

Sostituzione etnica
Il secondo obiettivo non è l’Eliseo ma la realizzazione anche in Francia di una sostituzione di orientamento, anima, spirito e cultura in un ambiente, quello della destra più o meno estrema, che ne ha da sempre di proprio.
In soldoni si tratta di scompaginare il Rassemblement National, mettere fuorigioco Marine e imporre una svolta zemmourriana, conservatrice, teocon e classista.
Si obietta che Zemmour ha ripreso dei temi abbandonati da Marine, lei si è moderata e lui radicalizza il discorso. Balle! La realtà è molto diversa. Marine non ha una Weltanschauung e neppure una strategia vera e propria, non è di certo suo padre, è la leader di una Francia populista, probabilmente è miope ma persegue il buon senso, e con buon senso ha sempre affrontato le questioni che Zemmour sta “sollevando” offrendo soluzioni praticabili, di certo molto più di lui.
Agli esasperati eccitati però servono parole di fuoco anche se castranti, anche se, così come vengono formulate, non hanno altro risultato possibile se non quello d’intimidire chi al governo si occupa della questione e, quindi, che favorire la ripresa delle migrazioni massicce, uno degli obiettivi principali dei fabbricatori di Zemmour. Siamo all’estremismo come malattia infantile. E come primo nemico del radicalismo.

La “demonizzazione” di Zemmour
Per queste ragioni Zemmour dev’essere demonizzato d’ufficio: perché possa, per reazione obbligata, far allentare in alto loco le chiusure dei flussi dall’Africa e perché rubi elettori a Marine Le Pen.
Così il prode si lamenta di essere trattato da fascista, da razzista e perfino da antisemita benché ebreo. In realtà, se fosse stato realmente boicottato gli sarebbe accaduto quello che accade a tutti quei, pochissimi, censurati che trovano una tribuna: minacce ai datori di lavoro, repressione fiscale, oscuramento, blocco della pubblicità. Per il vero qualcuno provò ad applicare quest’ultima mossa ma intervennero in difesa di Zemmour diversi personaggi a impedirla.
Ben strano boicottaggio di una persona che è stata inventata come candidato proprio dai media e non solo da CNews, ma che – come faceva notare il leader di sinistra Mélenchon – è stato proiettato per tre mesi fino alla dichiarazione della sua candidatura da una media di 164 articoli al giorno più video-interviste e passaggi televisivi. Frattanto il candidato Florian Philippot, che ha dalla sua diversi eletti locali e che ha guidato per mesi la campagna contro il Pass sanitario, è scomparso dai media. Media che a suo tempo oscuravano Le Pen totalmente (cosa che accadde perfino ad Almirante).
Nessun boicottaggio ma “demonizzazione” compiacente e complice.
Non si dimentichi che i social hanno cancellato le pagine di Trump mentre era alla Casa Bianca.
Youtube ha vietato pomposamente il video di candidatura di Zemmour ai minori. Considerato che questo è tecnicamente impossibile, si ricordi che i minori non votano. Non lo ha censurato, lo ha lasciato in linea mentre ha permesso alla “vittima” di dimostrarsi oggetto di complotto. E non è tutto: l’interessante televisione privata di destra TvLibertés che era stata eliminata da Youtube da qualche anno vi è stata miracolosamente riammessa il giorno stesso dell’annuncio della candidatura all’Elieseo. TvLibertés sostiene Zemmour.
E che dire della contestazione antifa al meeting di Villepinte? Gli antifa contestano e attaccano tutti i meetings del FN (oggi RN) da anni ma è la prima volta che, miracolosamente, li si lascia entrare: fa molta più pubblicità.

Il problema dell’identità
Zemmour fa continui richiami all’identità e alla civiltà, ma in realtà ha dei conti irrisolti con se stesso.
Non si tratta solo delle contraddizioni storico-politiche o delle sue identificazioni un po’ da mitomane con Napoleone e con De Gaulle mentre si richiama al Legittimismo e fa l’occhiolino a Vichy. Un sincretismo possibile e in fondo non grave, anche se molto ma molto meglio di lui aveva già fatto in merito Mitterrand. La questione sta invece in un’identità irrisolta che traspare incessantemente. Nazionalista francese, ritiene l’Europa una proiezione della Francia, di cui rivendica il nord dell’Italia e la Catalogna. Assume la storica identità anti-inglese, ma è amico di Farrage ed ha lanciato la sua campagna proprio da Londra. La sua visione giudeo-cristiana della civiltà lo spinge a rigettare gran parte delle sue radici. Gli antenati erano per la civiltà giudeo-musulmana e sfuggirono la Reconquista della quale ha dato il nome al suo partito il cui simbolo richiama quello della destra liberale ma con accorti collegamenti ermetici alla Kabbalah e a promesse messianiche. Di origine berbera, ma probabilmente araba visto che per “nobilitarsi” molti all’epoca di berberizzavano, deve ancora fare i conti con le sue radici.
Per queste ragioni abbiamo il suo fanatismo anti-musulmano e certe uscite come quelle secondo cui la Palestina non esiste ma è un’invenzione del Kgb.
Tra tante boutades estremiste d’effetto contro questo “male assoluto” c’è anche la soluzione d’imporre un nome francese per assimilarli. Poiché egli stesso dice di chiamarsi Eric in pubblico e Moishé in Sinagoga, l’effetto è l’opposto visto che è diventato un estremista biblico.
Il suo impianto ideologico è maurrassiano, ma tale pensiero nacque in opposizione alle oligarchie ebraiche, lui ne esprime una versione transgender.
È probabile che senta lui stesso un forte problema d’identità che non riesce a risolvere e così si trova ad essere fluido e trans-identitario, profeta del deserto nientificante di una destra fluida e trans-identitaria. La Comunità Ebraica ne disconosce, giustamente, la natura ibrida e confusa.

Le caramelle ai bambini
Una delle qualità-difetto dei francesi è il ragionare sovente da bambini.
È naturale che i bambini s’immedesimino nei giochi che fanno e perdano il senso del reale; così, per quanto si vogliano cartesiani, implorano di poter giocare (magari per sfogarsi di tutte le frustrazioni) e odiano che li si richiami al reale, come quando si fece notare, inutilmente, che la Linea Maginot non li proteggeva da invasioni tedesche esattamente da dove si erano già verificate due volte.
L’operazione Zemmour per alcuni è il regalo delle caramelle davanti all’entrata della scuola. Hai un bel mettere in guardia dai pedofili, la caramella sembra troppo buona.
Zemmour stesso dei pedofili potrebbe essere vittima perché la sua megalomania ne ha minato la lucidità.
Alcuni della destra radicale che lo hanno raggiunto sono imperdonabili, e parlo di tutti quelli che lo hanno fatto perché Jean-Marie Le Pen prima, e sua figlia poi, hanno fatto saltare le loro manovre politiche “intelligenti”; e parlo di quelli che lo hanno fatto per appartenenza di loggia; e parlo di quelli che lo hanno fatto per inseguire soldi e posti che probabilmente non avranno mai. Gli altri sono bambini ingannati cui bisogna continuare a voler bene e ai quali toccherà andare in soccorso quando le caramelle saranno finite.

La strategia a macchia d’olio
Zemmour non è solo un’impostura francese. La sua offensiva rientra in una strategia che ha – e come ti sbagli? – due obiettivi precisi.
Il primo è di carattere politico e rientra nella contesa tra potenze. L’imperialismo in Europa punta a mettere al proprio servizio gli apparati che intendono rappresentare e irregimentare le due tendenze oggi vive: la populista e la verde. Utilizzare queste forze vive contro la crescita, l’emancipazione e l’indipendenza dei propri popoli è il programma e per questa ragione sono serviti i sovranisti e serviranno ancor più i conservatori, perché di sovranità non si parlerà più, ma di conservare i privilegi dei vassalli dei padroni se ne parlerà eccome!
Il secondo rientra nella guerra metafisica e spirituale del Caos contro il Cosmos; il Caos è transgender, fluido e trans-identitario e, caratteristica prima del satanismo, è caricaturale: si maschera da Ordine, mentre ne distrugge i fondamenti. Si dimostra esattamente per l’opposto di quello che è: potrebbe essere la definizione più corretta dello zemmourismo.

Essere o disintegrarsi
Siamo nel pieno di un’offensiva anti-radici che ne comporta le sostituzioni.
Per questa ragione la scorsa settimana il vicepresidente di Vox ha augurato agli spagnoli la buona Hannukah e per queste ragioni a Roma pochi giorni dopo è venuto a pontificare l’ex sindaco di New York, Giuliani.
Non limitiamoci a rimarcare il genere di matrice che viene imposta a sostituzione di quella originaria. Che sia ebraica o anglosassone è meno problematico del fatto che sia sostitutiva e servile. Chi non ha una sua identità ne parla continuamente, la cerca, se la cuce addosso, ibrida, improbabile, e per giunta in questo tentativo disperato senza neppure il talento del polemista francese. Sarà forse meno peggio, in quanto inoffensivo, cercare l’identità in Russia o in Cina, ma è sempre la medesima storia, la medesima tara e il medesimo crollo interiore.
Il problema è sempre lo stesso: devi essere per divenire quel che sei.  Essere, non esistere; essere, non sembrare; essere, non costruirti; essere non atteggiarti.
Non si può compiere il processo opposto, ovvero raggiungere l’essere mediante il proprio divenire, il proprio opinare e il proprio atteggiarsi: questo scaturisce soltanto in identità artificiali che sono preda del disastro esistenziale e dell’equilibrio politico fondato, sempre di più, sul confronto tra diversamente squilibrati.
Rivoluzione creatrice e controsovversiva è la sola risposta. Ovvero proprio tutto il contrario di Zemmour e del teatrino in atto oggi alla destra della borghesia occidentale.

 

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