giovedì 18 Luglio 2024

È la fine del mondo

Più letti

Global clowns

Note dalla Provenza

Colored


Non proprio, ma fuochino

Si chiama “2023 NT1” l’asteroide che giovedì 13 luglio ha “sfiorato” la Terra, transitando a circa 100 mila chilometri dal nostro pianeta: una distanza pari più o meno a un quarto di quella che c’è fra la Terra e la Luna. Un passaggio ravvicinatissimo in termini astronomici, che però non è stato rilevato da nessuno strumento. Provenendo dalla direzione del Sole, il blocco di roccia non era infatti visibile: il primo avvistamento, effettuato dall’osservatorio Atlas in Sudafrica, è avvenuto solo due giorni dopo, quando l’impatto era stato ormai scongiurato e il corpo celeste si stava già allontanando dalla Terra.

Una potenza distruttiva di oltre 600 bombe atomiche Un asteroide di tali dimensioni – una sessantina di metri di diametro – avrebbe provocato effetti disastrosi in caso di collisione con il nostro pianeta. Si calcola che il cratere generato dall’impatto avrebbe superato il chilometro di diametro: all’incirca come il Meteor Crater in Arizona, creato dall’impatto di un meteorite 50 mila anni fa. Secondo le stime, la sua potenza distruttiva era pari a quella generata da 600 bombe atomiche. Per fare un altro paragone, il meteorite di Chelyabinsk, esploso nel 2013 nell’impatto con l’atmosfera sopra la Russia, aveva circa un terzo del diametro di 2023 NT1 ed ebbe effetti devastanti: l’onda d’urto frantumò vetri e muri, ferendo centinaia di persone. Non essersi accorti del passaggio dell’asteroide costituisce dunque un grande problema: 2023 NT1 ha dato una grande lezione all’umanità, ricordando l’importanza di potenziare i sistemi di difesa planetaria. Si vedrà se questa lezione verrà colta o se cadrà nel vuoto.

Per la difesa planetaria occorre potenziare le osservazioni Il primo passo per proteggere la Terra dagli asteroidi consiste proprio nel potenziamento delle osservazioni. Secondo le stime dell’Agenzia spaziale europea (Esa), di tutti i blocchi di roccia “vicini” al nostro pianeta – circa un milione, con un diametro compreso fra i 30 e i 100 metri – il 98.9% non è visibile ai nostri sistemi di rilevazione. Soprattutto, sfuggono alle rilevazioni gli asteroidi provenienti dalla direzione del Sole, che rientrano in una sorta di “angolo cieco astronomico”. Prevedere una minaccia in arrivo consentirebbe invece di organizzare evacuazioni mirate. Per questo si sta lavorando a satelliti da posizionare fra il Sole e la Terra, dispositivi che permetterebbero di vedere anche i corpi provenienti dall’interno del Sistema solare. Ciò rientra fra gli obiettivi della missione Neomir dell’Esa: il satellite, previsto per il 2030, orbiterà proprio fra la Terra e il Sole e funzionerà come un allarme, attivandosi all’arrivo dei corpi celesti. Allo stesso obiettivo lavorerà la missione Near-Earth Object Surveyor lanciata dall’Ente nazionale per le attività spaziali e aeronautiche (Nasa).

Un asteroide appena scoperto verso la Terra: c’è anche una data del possibile (e molto improbabile) impatto
Per la difesa planetaria occorre imparare a deviare l’orbita Per difendere la Terra occorre poi lavorare su sistemi in grado di deviare la traiettoria di corpi pericolosi. Un caso di successo è rappresentato dalla sonda Dart della Nasa, che a settembre 2022 ha colpito l’innocuo asteroide Dimorphos, riuscendo a modificarne l’orbita. Nel 2024 partirà inoltre la missione Hera dell’Esa, con l’obiettivo di studiare da vicino gli effetti della collisione e sviluppare tecnologie per la difesa planetaria.

Ultime

Vestigia di un passato solare

Un'altra scoperta italiana nel Mediterraneo

Potrebbe interessarti anche