Le partigianierie binarie inchiodano alla stupidità e alla mancanza di profondità.
Non si può liquidare tutto ad una sola dimensione, e non parlo di quelle costantemente ignorate della spiritualità e della metafisica, ma ad un semplice livello tangibile.
Abbiamo una dimensione orizzontale che è propria alle contese e ai confronti tra nazioni, continenti, modelli storici, e una che potremmo definire verticale che ci attesta come in ognuno di questi soggetti si esprime un capitalismo avanzato, gangsteristico, in cui comunismo, liberismo e fondamentalismo religioso si fondono e si manifestano in diverse gradazioni di barbarie.
Ragion per cui la nuova teoria che parla di occidentalismo contro multipolarismo, da qualunque parte ci si posizioni, è un’idiozia.
Ridistribuzione del bottino e confronti tra players
Soffermiamoci per ora sul piano che ho definito orizzontale, ovvero sui confronti di potenze.
Ci troviamo in piena ristrutturazione della gestione mondiale, e su questo siamo tutti d’accordo.
Ma non vi è lo scontro tra unipolarismo (mai veramente esistito) e multipolarismo (che non è affatto in piedi): è un costante rapporto di scissione e unità che, mentre oscilla tra soluzioni bipolari asimmettriche (Usa e Cina) e soluzioni apolari totalitarie, sta intanto articolando svariate alleanze-contese in ogni ambito.
I BRICS per esempio sono al tempo stesso il luogo della contesa più importante per il futuro, quella tra Cina e India che mettono in piedi alleanze diverse per contenersi reciprocamente, e anche uno strumento che vuole riformare il sistema di Bretton Woods e il WTO riequilibrandone il peso sulla crescita asiatica.
Intanto sorgono altre alleanze-contese, la più importante delle quali è la possibile intesa Giappone-India-ASEAN. A nessuno può sfuggire che oggi le relazioni tra nemici storici (anche se sostanzialmente mai troppo nemici) come Israele, Arabia Saudita e Iran, sono improntate a convergenze apparentemente improbabili. Si tratta ovunque di una corsa alla ridistibuzione del bottino da parte di élites formate su culture che, senza eccezione, sono da almeno ottant’anni ad impronta criminale.
Come hanno dedotto gli americani e gli indiani, oggi si tratta di un “multiallineamento nell’interdipendenza”.
Uno straccionismo postcomunista di ritorno
Nello stupidario globale va però di moda la tesi sloganistica di uno scontro tra Occidente (spesso definito impropriamente come impero) e una sorta di Sud globale che ne starebbe sfidando la civilizzazione.
Questo suddivide chi ci si adegua in occidentalisti da una parte e straccionisti dall’altra, perché non si tratta di esaltare civiltà vere o presunte dell’Est o del Sud-Est, bensì di prendere brechtianamente posizione per chi sarebbe vittima del perfido Occidente.
Quanto sia distorta e pervertita questa mentalità tardocomunista caricaturale lo simboleggia la scoperta dei bambini che lavorano nelle miniere di litio e cobalto. Di questo s’incolpa, giustamente, quello che viene definito Occidente, ma si dimentica che è soprattutto il frutto della metalità locale, del modo di concepire colà gli uomini, le donne, i fanciulli e la vita in genere. Nessuno ha imposto loro d’inviare a lavorare i bambini sotto terra, sono loro che lo fanno, da sempre, a prescindere. A chi si limita a liquidare tutto come frutto del male bianco (ma poi sono razzisti bianchi per non farsi mancare nessuna petetica contraddizione) consiglio di rivedersi il film Lawrence d’Arabia per capire che le concezioni non sono esportabili.
Tre malintesi che corrodono i cervelli
Va bene contestare l’intero sistema, ma limitarsi a farlo come se fosse il frutto esclusivo degli angloamericani – che vanno contrastati radicalmente, ma con efficacia, non da ubriachi impotenti – è sbagliato tre volte.
Innanzitutto le tare spirituali, filosofiche, politiche ed economiche che sono state standardizzate nel “secolo americano” partono da lontano: illuminati di Baviera, giacobini, dinastia Rothschild, la Germania di Marx prima e di Marcuse poi; e mi limito a quanto è più palese.
Poi i presunti rivali degli angloamericani – che rivali spesso non sono per niente – che si tratti di russi, cinesi, sauditi, iraniani, non hanno davvero niente di meglio da offrire nel modello vissuto e nelle scelte di fondo rispetto agli angloamericani e certamente sono di gran lunga peggio del peggior modello attuale europeo. Un modello sul quale sputiamo costantemente dall’alto di qualcosa che non c’è più, o non c’è ancora, ma che è un milione di volte meglio di ogni paragone odierno.
Infine si fa confusione tra Europa e sistema Wasp e, partendo dai due malintesi precedenti, questo induce i meno svegli a schierarsi contro l’Europa (poco importa se ricorrono al sotterfugio di dire Ue) perché così si sentono “rivoluzionari”. Poverelli!
Ciò pone i nostri baldi scriteriati a ragionare da quinte colonne di tutti gli altri, da partigiani disarmati, e a operare – sul piano orizzontale – contro la terra dei padri e dei figli e a sabotare il futuro dei nipoti.
Occidente, Occidentalismo, Europa
Tanto per cominciare bisogna scrollarsi di dosso i complessi acquisiti e sedimentati.
Occidente e Occidentalismo non sono affatto sinonimi.
Come esistono delle prerogative nordiche e meridionali, esistono delle preorogative occidentali e orientali. Di quelle occidentali (pragmatismo, senso di comunità nella libertà, libertà individuali) non c’è nulla di cui vergognarsi, tutt’altro. L’Occidentalismo è un’altra cosa, non solo perché sa di americano ma perché si fonda sulle logiche di contrapposizione binaria, non sulla centralità universale, plurale, armonica, imperiale. Per questo si può sostenere di essere l’Europa contro l’Occidente, ma come Occidente assurto a concetto geopolitico e a cultura binaria, non nelle sue prerogative di fondo che non possono non essere nostre.
E qui si passa dalla dimensione orizzontale, che c’impone di difendere l’Europa, QUALUNQUE EUROPA, nelle contese globali, a quella verticale che si traduce nel trasformare l’Europa in un qualcosa di futuro, d’inedito ma improntato sui suoi archetipi, sui suoi miti, sui suoi simboli, sui suoi autentici modelli e sul suo dna, per farne centralità imperiale di dinamiche future per le quali si possono e si debbono concepire tre livelli di relazioni.
Tre piani su cui operare
Il primo livello di relazione è quello delle intese di cointeresse, come doveva essere Parigi-Berlino-Mosca, poi tradita dal Cremlino, che è stata invece fraintesa da certuni come l’esaltazione servile del porcile putinista. Quel progetto apparteneva al piano delle intese ciniche che non possono mancare; tra queste il gioco di sponda con la Cina per impedire la chiusura del bipolarismo sull’IndoPacifico.
Il secondo piano riguarda i nostri interessi strategici e le nostre proiezioni negli spazi vitali; tra queste predomina l’esigenza euroafricana.
Infine c’è la necessità d’intese di alto livello (cultural-spiritual-politico) che vanno raggiunte e coltivate con civiltà vere, anche se in certi casi decadute, che sono in potenziale sintonia ontologica con noi. Penso a Giappone e India per cominciare.
Se non si considerano queste dimensioni, orizzontale e verticale, e se non si opera coscientemente e lucidamente in entrambe, non si combina assolutamente niente, tranne dare i numeri a vanvera.