Italia vetusta
Un Paese sempre più vecchio le cui dinamiche demografiche, anche nello scenario di natalità più favorevole, finiranno per avere un “un impatto importante” sulle pensioni. È la fotografia scattata dal presidente dell‘Istat, Francesco Maria Chelli che ieri, nell’audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato sul Piano Strutturale di bilancio, ha previsto che nel 2051 l’età pensionabile raggiungerà i 69 anni e 6 mesi. In pratica, si dirà addio al lavoro alle soglie dei settant’anni. Lo scenario, definito “a legislazione vigente”, è il risultato inevitabile dell’inverno demografico che sta colpendo il nostro Paese.
L’inverno demografico italiano
I numeri d’altronde lasciano poco spazio all’ottimismo. Secondo l’Istat, La popolazione italiana scenderà da 59 milioni al primo gennaio 2024 a 58,1 milioni nel 2031, per arrivare fino a 54,8 milioni nel 2050.
“Anche negli scenari di natalità e mortalità più favorevoli il numero di nascite non potrà comunque compensare quello dei decessi – ha sottolineato il presidente dell’Istituto Francesco Maria Chelli – e i flussi migratori attesi non controbilancerebbero il segno negativo della dinamica naturale”.
Per tutte queste ragioni, il futuro appare a tinte fosche. L’ipotesi – più probabile è quella di “un’amplificazione dello squilibrio tra nuove e vecchie generazioni”. Per capirci: nel 2031, l’Istat mette in conto che le persone con più di 65 anni rappresenteranno il 27,7% del totale, stando allo scenario mediano, in pratica quello meno allarmistico. E non finisce qui: le stime Istat suggeriscono un ulteriore incremento, con questa percentuale che potrebbe arrivare al 34,5% nel 2050. Questo significa che le casse dell’Inps si troveranno a dover fare i conti con i“i fabbisogni di una quota crescente, e più longeva, di anziani”.
L’allarme dell’INPS
Parlando dei pericoli a cui è sottoposto il sistema previdenziale italiano, il recente Rapporto annuale dell’Inps – diffuso lo scorso 24 settembre – ha sottolineato che l’età media di accesso alla pensione in Italia pari a 64,2 anni, insieme alla generosità dei trattamenti rispetto all’ultima retribuzione, rischia di creare squilibri per il sistema previdenziale.
“Le previsioni Eurostat per l’Ue relative agli andamenti demografici – si legge – fanno presagire un peggioramento del rapporto tra pensionati e contribuenti, con rischi crescenti di squilibri per i sistemi previdenziali, soprattutto per quei paesi, come l’Italia, dove la spesa previdenziale è relativamente elevata”.
Nel 2021, l’ultimo anno per cui vi sono dati confrontabili, la spesa previdenziale italiana si è attestata al 16,3% del prodotto interno lordo (PIL), un livello inferiore solo a quello della Grecia, a fronte di una media europea del 12,9%.
Al 31 dicembre 2023 i pensionati italiani erano circa 16,2 milioni, di cui 7,8 milioni di maschi e 8,4 milioni di femmine per un importo lordo complessivo delle pensioni erogate di 347 miliardi di euro. Dal rapporto emerge inoltre che il reddito medio da pensione per gli uomini è superiore del 35% di quello delle donne.
“Sebbene rappresentino la quota maggioritaria sul totale dei pensionati (il 52%) – si legge nel rapporto- le donne percepivano il 44% dei redditi pensionistici, ovvero 153 miliardi di euro contro i 194 miliardi dei maschi. L’importo medio mensile dei redditi pensionistici percepiti dagli uomini era superiore a quello delle donne di circa il 35%. Per gli uomini il reddito da pensione è in media di 2.056,91 euro mentre per le donne è di 1.524,35 euro. Le retribuzioni femminili ritornano al livello a cui si assestavano prima della maternità solo dopo 5 anni dalla nascita del figlio”.