venerdì 19 Luglio 2024

Il gran dio della neve

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E alla fine arrivò il freddo, la pioggia, la neve, il vento siberiano, con tutti i crismi di un Santo Inverno, a raggelare le chiacchiere pseudo-scientifiche e apocalittiche di Copenaghen.
Era prevedibile che il vertice si concludesse con un nulla di fatto: troppo allampanate erano le aspirazioni degli organizzatori, troppo irrazionali le tesi che supportavano il discorso. Quando poi poco tempo fa era stata rivelata la truffa messa in atto dai cosiddetti scienziati che truccavano le temperature in un arco di tempo che va dal 1981 ad oggi diventava ormai chiaro che questo mito apocalittico del “global warming” era destinato a sciogliersi. Ma quel che non era umanamente prevedibile era lo scenario di clamorosa beffa con il quale sarebbe calato il sipario sulla rappresentazione fanatica, beghina, medievale di Copenaghen.

Più che un segnale naturale, è sembrato un segno soprannaturale: il gran dio della neve rovesciava sull’Europa una valanga di ghiaggio per seppellire il chiacchiericcio sulla desertificazione del mondo. E se in Nord Italia le temperature calano a piombo verso i -12? centigradi, nella Russia dell’amico Putin si preannuncia un tonificante – 25?. E venti siberiani incominciano la loro corsa dalle regioni delle renne alle nostre finestre ben chiuse.
Il mito ecologista-apocalittico del global warming va in frantumi. L’inverno è inverno grosso modo come ai tempi dei nostri nonni; la primavera sarà dolce come quando eravamo bambini. E se qualche vostra amica dice: “Non ci sono più le mezze stagioni”, ricordatele che la prima volta che fu detta questa frase si era nel bel mezzo del Rinascimento italiano (XVI secolo) e che quella frase nefasta  rappresenta il primo segnale di invecchiamento certo. La prima ruga sull’anima di una persona.
Intendiamoci: un lento, graduale riscaldamento della Terra è in atto. E non possiamo che rallegrarci del fatto!  La Terra è un organismo grandioso che ha ritmi secolari e solenni. Noi veniamo da una grande glaciazione e andiamo verso un’altra grande glaciazione. La nostra civiltà storica sboccia tra una glaciazione e l’altra. Nel calduccio che separa due ghiacciate colossali, si alternano però i cosiddetti “periodi interglaciali” caldi e freddi. Nel Seicento-Settecento l’Europa ha vissuto in un periodo interglaciale freddo: siamo sopravvissuti, ma quanti piedi ghiacciati! E quanti poveretti morti assiderati…
Prima, nel Medio Evo si era invece in una fase più calda. Le temperature erano più calde di oggi, ed anche di domani. E non c’erano industrie. Non c’erano neppure i pericolosi lobbysti verdi. Cosa accadde? Vi fu un ampio scongelamento delle rotte del Nord; e i grandi navigatori vikinghi ne aprofittarono per scendere i fiumi della Russia, per approdare in Islanda, da lì in Groenlandia e da lì nel Canada. Anticipando Colombo e Amerigo Vespucci  giunsero in terra “americana”  battezzando la regione del loro approdo come Vinland: terra del vite. Infatti, grazie al riscaldamento ciclico della Terra, nel Canada così come in Inghilterra, spuntava la vite.

Che i grandi cicli della terra possano essere fanaticamente piegati alle visioni degli ecologisti si può spiegare solo facendo riferimento a colossali interessi economici:
ci sono società in borsa che pensano di far soldi quotando la truffa, ci sono politici di enti nazionali e sovranazionali che mirano a imporre nuove tasse con l’arma della paura, ci sono propagandisti che mirano ai 5000 dollarucci a conferenza, ci sono vecchi candidati tanto tromboni quanto trombati, ci sono dittatori che dopo aver affamato il loro popolo chiedono nuova manna dal cielo del primo mondo (cioè dalle nostre tasche), magari c’è pure chi spera che gli Europei, i più stupidi di tutti, riducano ulteriormente la loro competitività abbracciando la folle teoria del riscaldamento globale prodotto dalle industrie….
Ma intanto su tutto ciò oggi piove, nevica, ghiaccia e ulula un gran bel vento siberiano. Ci inchiniamo con riverenza al gran dio della neve.

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