venerdì 19 Luglio 2024

Ultime notizie!

Più letti

Global clowns

Note dalla Provenza

Colored

 

Berlusconi non è il capo dell’estrema destra

L’area per fortuna non esiste. Quantomeno non ha confini precisi né una sua vera fisionomia.
C’è però una marea di uomini che reagiscono automaticamente a determinati impulsi e che per alcune motivazioni irrazionali si riconoscono tra loro.
Questa variegata e inidentificabile nazione “ennerre”  (vecchio acronimo di nazionalrivoluzionario) ha la splendida prerogativa di pensare irrazionalmente, il che la pone in una condizione spirituale positiva, quella fanciullesca.
Se questa sua fanciullaggine ha la ventura d’incontrare  guide che siano fanciulle dentro e mature fuori la miscela diventa esplosiva. Purtroppo di solito accade esattamente il contrario e l’irrazionale conduce uomini senza capi ma con piccoli ras che devono la loro posizione alla mediocrità del loro operato ad avvitarsi su se stessi e ad esprimere ragionamenti falsati, viziati e a volte demenziali.
E l’irrazionale si mescola così con impulsi democratici, individualistici e con il disordine delle anime.

Sorpresa!

Berlusconi in Israele ha fatto sobbalzare più o meno tutti i componenti della nazione “ennerre”. Il fatto è già di per sé bizzarro: perché sobbalzare? Cosa c’è di sorprendente o di strano? Come se non bastasse l’irrazionalità della reazione, anche i suoi contorni si sono rivelati stupefacenti. Alcuni si sono sentiti “traditi” da Berlusconi, altri invece sono molto “soddisfatti” perché questo dimostra, udite udite, che Berlusconi non è il capo dell’estrema destra.
Già reagire in tal senso per Fini e Alemanno era parzialmente fuori luogo, ma farlo per un uomo che viene dal liberismo mediaset lascia davvero di stucco.
E questo rivela immediatamente due problematiche irrisolte con le quali si devono fare i conti.
Sono le problematiche del “discernimento” e dell’ “identificazione”.

Discernimento

Partiamo dal discernimento.
Berlusconi è un capo di governo che fa gli interessi suoi, della sua parte e, compatibilmente a questi, persegue alcuni interessi legati al suo Paese.
Tale è e come tale va analizzato.
Se vogliamo leggere bene cosa è andato a chiedere e proporre in Israele la lettura è assai semplice:
un piano per la pace in Palestina con una parte essenziale di mediazione offerta alla UE e, all’interno di questa, con un ruolo chiave per se stesso e per l’Italia.
Ha poi chiesto che si levino le ostative israeliane alle operazioni dell’Eni.
Lo ha fatto dopo aver dato scacco agli israeliani nella partita per il South Stream e contro il Nabucco.
Lo ha proposto quando gli israeliani sono in qualche difficoltà internazionale e in linea di collisione con Londra: il patto offerto lo aiuta a continuare a colpire i Proci e a provare a isolare Murdoch dai suoi stessi maggiori sponsores.
Tutto questo avviene senza contropartita, a meno di voler considerare tale la retorica anti-iraniana o la proposta di contribuire a calmare Hamas (cosa che poi non garba proprio a Tel Aviv).
Non c’è ragione di considerare questa mossa un “tradimento”. Sempre che non si voglia sostenere che lo è nei confronti di Bettino Craxi e del suo filo-palestinesismo acceso.
Ma la gestione berlusconiana è di sicuro e da sempre molto meno filo-palestinese di quella del suo predecessore e tuttavia non ha chiuso le porte alla Palestina se è vero, come è vero, che l’Italia ha primeggiato negli aiuti a Gaza, che Berlusconi ha ricevuto i palestinesi a Palazzo Chigi il giorno della bocciatura del Lodo Alfano e che, partendo per Gerusalemme, ha condannato le stragi dei civili palestinesi.
Va aggiunto che nulla lascia pensare che le uscite di Berlusconi preludano a una modifica delle sue linee di politica estera che stanno emancipando l’Italia dal controllo inglese e dal sigillo americano, semmai inducono a prevedere l’opposto; ma lo si vedrà e lo si valuterà col tempo.
Discernimento, prego. Berlusconi è un premier, di matrice liberale, e va analizzato per quello che fa e non per quello che vorremmo o non vorremmo che facesse.

Ancora sul discernimento

I motivi che inducono gran parte della nazione “ennerre” a sobbalzare quando qualcuno si reca in Israele sono svariati. Io mi limito ad elencarne due, quelli che ritengo più importanti. Uno è la causa palestinese che però, diciamocelo francamente, a me preme tantissimo ma purtroppo oggi come oggi appassiona ben pochi di noi.
Un altro, che ci accomuna un po’ tutti, è la difesa della memoria dei Vinti di cui si continua a fare scempio. Questa causa non interessa molto agli uomini di Stato e di governo che sono sempre disposti a svenderla se non a regalarla.
Quando uno si reca alla Knesset i riflessi condizionati scattano perché partono puntuali gli insulti e le ignominie.
Tuttavia anche qui bisogna discernere. Altro è se a sputare sui Lari sono uomini usciti dal loro Clan (come fu il caso di Fini), altro se sono eredi di una tradizione antifascista, come ad esempio Chirac. Il quale, rammentiamolo, in contrasto con Mitterrand, nel disegno di rafforzare il Franco e la sua posizione nello scacchiere finanziario internazionale, chiese l’incriminazione a posteriori di Vichy.    Ciò non fece di lui un filo-ebraico ma un calcolatore francese, tanto che passò alla storia per aver preso a pugni un agente israeliano che voleva impedirgli di parlare con i palestinesi. Del resto i palestinesi gli hanno dedicato una via a Gaza con tutto che è ancora vivente .
Le cose sono insomma molto più complesse di come le si percepiscono elementarmente.
Ma comunque stiano le cose un fatto è certo: a pochi in questi decenni è importato offrire un  minimo di rispetto ai Vinti, o, come direbbe il generale Longo, ai Vincitori della guerra perduta. Tra questi pochi enumeriamo Mitterrand, Kohl, Craxi e lo stesso Berlusconi .
Tutto questo, dal punto di vista dell’analisi, nulla cambia ma dal punto di vista del discernimento sì.

Identificazione

Il punto dolente non è però il “discernimento” mancato e neppure la rozzezza o la mancanza di analisi. Ambo le qualità non sono democratiche e vanno quindi demandate a chi deve tracciare le rotte.
Il fatto preoccupante che sta dietro il “Mamma mia Berlusconi in Israele!” sta nel meccanismo di “identificazione”.
Continua a permanere, in tutto e per tutto nei destroterminali, in fase latente ma sempre in agguato in coloro che hanno invece intrapreso una via di azione concreta e di emancipazione, la tendenza a “sentirsi rappresentati”. Il che, francamente, è desolante.
Da quando il fallimento annunciato della destra teminale ha spinto numeri considerevoli di persone a seguire quei pochi che avevano anticipato i tempi e a confrontarsi attivamente con il reale, si sono fatte finalmente largo analisi degli scenari e logiche tattiche e strategiche.
Nel delinerare e nell’identificare i luoghi e i tempi per le incursioni corsare non può, non deve, esserci identificazione con chicchessia. Altrimenti si ricadrebbe nella democrazia delegata, quella stessa in cui restano invischiati come mosche in una ragnatela  i destoterminali, vaneggiando nella loro agonia di  astruse “unità dell’area”, schiavi delle compulsive necessità di proiettare qualche mini-vedette nel circo dell’avanspettacolo.
Chi ha  se non una mentalità rivoluzionaria almeno una volontà di azione e di potenza, invece di sfilare fà. AUTONOMAMENTE, ovvero in auto-nomia, e agisce in dialettica libera, senza sottoporsi a brame carrieristiche o a inseguimenti di rimborsi elettorali, possibilmente senza neppure entrare in lizza nella democrazia delegata alla quale è estraneo e da cui è distante.
Sceglie, con criterio, con libertà, senza appartenenza a corrente alcuna, se sostenere qualcuno e chi, lo fa sulla base di spazi da aprire o da chiudere e di edificazioni di potere autonomo e autocentrato. E ciò a prescindere da ogni identificazione.
Chi fa il corsaro non batte bandiera di marina alcuna e se ne frega sia degli inglesi, sia degli spagnoli sia degli olandesi. Se oggi si aprono spazi alla Tortuga se gli olandesi battono gli inglesi e invece domani se ne apriranno altri se saranno gli spagnoli a battere gli olandesi, lo stabilisce e si comporta di conseguenza.

Tortuga

Lo ricordo ai corsari e lo dico a quelli che vogliono a tutti i costi entrare in marina ma non sanno neanche costruire una zattera che galleggi oltre le secche: né il comandante olandese, né il comandante inglese, né il comandante spagnolo battono bandiera nera con il teschio.
Nessuno ci rappresenta? Molto meglio così.
Io non so voi, ma personalmente non sono mai stato democratico e men che meno delegato e delegante.  Amo la Tortuga e tutte le incursioni, d’amore e di guerra, che si svolgano tra i terremotati a Poggio Picenze e da Taffo, che siano compiute per i Karen e per i bambini di Gaza, che si tratti delle occupazioni per i senza tetto, che siano le azioni nazionali contro la Fiat.
Io batto bandiera nera e me ne frego.
Non m’identifico né in Berlusconi né contro di lui né cerco altri in cui identificarmi.
Non m’illludo e non mi deludo. Non reagisco passionalmente  e visceralmente in faccende di strategia.
Non smarrisco il discernimento mai, ma non lo mantengo  per innalzare le mie natiche sopra chissà quale piccolo scranno o per fare audience in tarda serata affinché per qualche giorno qualche anonimo mi riconosca per strada. Lo conservo e l’utilizzo per tracciare le rotte che possano solcare i miei brigantini e perché la Tortuga non muoia e cresca ogni giorno di più.

Ultime

Progressi nel disagio demografico

Sarà più facile avere figli

Potrebbe interessarti anche