Eliminata un’altra pedina dell’affaire Marrazzo
Il caso Marrazzo si arricchisce di volta in volta di circostanze sempre più misteriose e di tinte sempre più fosche. Dopo il blitz nell’abitazione della trans Natalì, dove l’ex Governatore del Lazio fu sorpreso da alcuni carabinieri infedeli e costretto poi alle dimissioni, dopo la morte del pusher Gianguarino Cafasso e la morte di Brenda, ecco un suicidio, quello di Roberta, trovata impiccata ieri sera nella sua abitazione in via Tor di Quinto. Un suicidio che arriva la stessa notte in cui Natalì, principale testimone dell’inchiesta sul ricatto all’ex presidente della Regione Lazio, è stata aggredita selvaggiamente da un cliente proprio in viale Tor di Quinto, la stessa strada in cui Roberta è stata trovata morta. L’uomo, un italiano di 35 anni è stato identificato dai carabinieri e denunciato all’autorità giudiziaria, mentre Natalì è ricoverata in ospedale a Roma per una sospetta frattura. Un filo conduttore sembra unire tutta questa scia di morti e di sangue. Un matassa che solo la magistratura potrà sbrogliare ma che sembra portare quasi sempre ai carabinieri infedeli, quei militari che a vario titolo sono stati implicati nel ricatto a Marrazzo e nella morte del pusher Cafasso. “Roberta aveva avuto un anno fa un problema con quei quattro carabinieri coinvolti nell’inchiesta sul presunto ricatto a Marrazzo – ha dichiarato l’amica Rachele, già testimone del caso ed a sua volta aggredita giorni fa- in particolare con Carlo Tagliente (attualmente agli arresti domiciliari), che la vessava per una questione di documenti e di permesso di soggiorno”. E parlando di Brenda ha aggiunto: “mi ha sempre detto che qualcuno voleva ammazzarla e che per questo si sarebbe uccisa lei per prima; tanto che a volte, davanti a me, sbatteva la testa al muro nei suoi momenti di disperazione”. La procura di Roma ha intanto aperto un fascicolo, intestato “atti relativi a”, sulla morte di Roberta e l’autopsia, eseguita oggi, ha confermato che il decesso è dovuto a suicidio. Gli accertamenti sono affidati al pm Francesca Loy. Il magistrato ha compiuto oggi un sopralluogo nell’abitazione di Roberta insieme con il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo ed il sostituto Rodolfo Sabelli, questi ultimi titolari dell’inchiesta sul caso Marrazzo e sulle morti di Cafasso e di Brenda. La presenza di Capaldo e di Sabelli era legata all’eventuale raccolta di elementi utili per collegare il caso di Roberta a quelli dei quali si stanno occupando. Nell’appartamento, tuttavia, non sono state riscontrate tracce di violenza. Il pm Loy, comunque, intende fare luce sulle frequentazioni di Roberta e per questo motivo si accinge a disporre una serie di accertamenti, a cominciare dall’esame dei tabulati delle sue utenze telefoniche. “Questa morte getta ulteriori ombre sul mondo dei trans di Roma. Un mondo dove ricatti, violenze e prevaricazioni la fanno da padroni” hanno commentato i legali dei familiari di Brenda e della stessa Rachele, Walter Biscotto e Nicodemo Gentile. E riguardo all’aggressione subita proprio da Rachele hanno aggiunto: “Si tratta di un episodio preoccupante commesso da un giovane, rispetto al quale stiamo raccogliendo informazioni. Questi nuovi fatti confermano l’esistenza di torbide situazioni ancora tutte da chiarire nell’ambito delle quali sicuramente è da ricercare quel movente che ha portato anche alla morte di Brenda”. Intanto un nuovo personaggio sembra spuntare nel sottobosco romano dei trans e della droga: “Claudio, un italiano”, come lo descrivono i trans amiche di Brenda e Rachele, che gestisce un giro di false ricette mediche per rifornire di psicofarmaci i trans. “Piscofarmaci che anche Brenda e Rachele assumevano”, assicurano i trans.