giovedì 18 Luglio 2024

Uccidere il premier non è reato

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C’era troppa tensione e Massimo Tartaglia perse la testa, di qui il gesto – compiuto da un uomo in quel momento incapace di intendere e di volere – che portò al ferimento al volto di Silvio Berlusconi con una statuetta del Duomo la sera del 13 dicembre dell’anno scorso a Milano. Questa, in sintesi, la motivazione della sentenza di assoluzione del perito elettrotecnico 42enne per l’aggressione al premier, resa nota dal giudice Luisa Savoia e che fa indignare il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto. “La presenza di una folla tumultuosa (sia di supporter che di soggetti critici rispetto al presidente del Consiglio) ha prodotto – scrive la gup milanese – in una combinazione fattuale e psichica, una sorta di black-out mentale dell’imputato”.
Insomma, sembra dire il magistrato, una mente fragile, come quella di Tartaglia, i cui problemi psichici sono stati comprovati dalle perizie mediche richieste dai difensori dell’accusato, trovandosi in un’atmosfera surriscaldata, avrebbe subito un’eccitazione che lo ha spinto ad aggredire il premier. Il gup Savoia, nelle sue motivazioni, riconosce la gravità del gesto spiegando però che va inquadrato nel contesto della manifestazione: da una parte i sostenitori del premier, dall’altra i contestatori. Cioè quel clima surriscaldato che ha provocato anche tensioni e problemi di ordine pubblico, determinando “una situazione di conflittualità che ha avito effetti scatenanti di impulsi etero aggressivi da parte di Tartaglia”. Alla luce di queste considerazioni, la decisione di assolvere Tartaglia, respingendo la richiesta del pm Armando Spataro di un ricovero in casa di cura e optando per la sola libertà vigilata”.
La motivazione della sentenza, già aspramente criticata al momento della sua emissione negli ambienti vicini al Cavaliere, viene definita da Fabrizio Cicchitto come “molto inquietante. L’affermazione secondo la quale ”c’era troppa tensione e Tartaglia ha perso la testa“ ha – dice il capogruppo pdl – un sapore giustificazionista che può valere per il futuro. E ciò è assai pericoloso”.
Va da sé che questa sentenza dà l’idea dell’impunità e, di fatto, incoraggia gesti inconsulti.
Perché il putsch bianco riesca è indispensabile che il centodestra abbia un altro leader. Dunque ucciderlo sarebbe una buona soluzione per chi sostiene i congiurati.

E certamente questa sentenza non scoraggia chi abbia in mente di utilizzare psicopatici.
Che, in pieni golpe estivi, una sentenza simile sia firmata Savoia suona infine strano: tra la beffa, il monito e il destino.

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