venerdì 19 Luglio 2024

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Un trauma: 2551 posti di lavoro da eliminare su circa 8500 (cioè un taglio del 30%) in parallelo con la chiusura completa di due cantieri (sugli otto che ci sono in Italia) a Castellammare di Stabia (Napoli) e Sestri Ponente (Genova) e un drastico ridimensionamento di Riva Trigoso (Genova).
E’ questo che prevede il piano industriale della Fincantieri, polo pubblico italiano delle costruzioni navali, piano giudicato indispensabile dall’azienda per fronteggiare la crisi economica e il taglio di molte commesse. Ieri l’amministratore delegato Giuseppe Bono ha illustrato il programma ai sindacati e subito sono partiti gli scioperi e le manifestazioni. A Sestri Ponente operai in piazza, traffico bloccato e qualche cassonetto incendiato; a Roma gli operai di Castellammare hanno stabilito un presidio davanti alla sede di Confindustria; e in serata il municipio di Castellammare  è stato occupato.
In 200 anni di storia le aziende che sono confluite in Fincantieri hanno costruito 7 mila navi, di cui 2 mila militari.
Ma adesso lo scenario di mercato è drammatico. Nel mondo la domanda armatoriale dal 2007 al 2010 ha subito un crollo del 55%, cioè si è più che dimezzata, e in Europa si sono persi 50 mila posti di lavoro.
E purtroppo questo è un settore in cui il crollo degli ordini può essere rapido ma il recupero è sempre lento: le grandi navi richiedono una programmazione pluriennale.
Fincantieri spera di non andare allo scontro sociale. Quello presentato, dicono le fonti aziendali, “non è un piano prendere o lasciare. Si apre una trattativa che ci auguriamo possa aggregare il maggior consenso possibile”. Il prossimo incontro è convocato per il 6 giugno. Ma che margini di trattativa ci sono?
Le reazioni dei sindacati (tutti) sono ultra-negative. Il leader della Fiom Cgil, Maurizio Landini, dice che “il piano non è accettabile perché chiude due cantieri e mezzo. E’ un errore strategico. Su queste basi non ci sono le condizioni per un accordo. E’ necessario che il governo intervenga perché Fincantieri cambi idea”.
Il segretario generale della Fim Cisl, Giuseppe Farina, accusa il piano industriale di essere rinunciatario perché “sembra voler solo adeguare le capacità  produttive del gruppo al calo del mercato”. “La Fim – dice Farina – è disponibile a discutere ma solo per salvaguardare l’insieme della struttura industriale, i cantieri e l’occupazione. Occorrerà  un cambio di impostazione del piano industriale”.
Il segretario regionale della Uilm Campania, Giovanni Sgambati, aggiunge che  “la tensione che si  è registrata oggi sotto la sede di Confindustria a Roma è solo un piccolo inizio di quello che produrrà  l’annunciata chiusura del cantiere di Castellammare di Stabia. Ora è importante mantenere forte la coesione delle organizzazioni sindacali”.
Per Antonio D’Anolfo, segretario nazionale dell’Ugl metalmeccanici, “non si può assistere passivamente al declino di un settore storico e d’eccellenza dell’industria italiana, che in una congiuntura economica come quella attuale dovrebbe essere salvaguardato con un sistema di commesse e con una strategia complessiva di rilancio”.

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