venerdì 19 Luglio 2024

A Obama rode

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La sua democrazia jihadista fa fiasco ovunque

NEW YORK – I militari restituiscano subito il potere a un governo civile, democraticamente eletto. Le forze armate devono evitare “arresti arbitrari” a cominciare da quello del presidente Morsi. L’America è pronta a congelare i suoi aiuti all’Egitto se si conferma una situazione da golpe militare.

Sono le ore 19 a Washington, quando Barack Obama prende posizione di persona sul dramma egiziano. Si dice “preoccupato gravemente per la decisione delle forze armate egiziane di destituire il presidente Morsi e di sospendere la costituzione”. Ricorda i principi che hanno guidato la sua azione: “Il migliore fondamento per una stabilità durevole in Egitto è un ordine democratico con la partecipazione di tutti: forze secolari e religiose, civili e militari”. Nella transizione, l’America “si attende che i militari assicurino il rispetto dei diritti di tutti gli uomini e le donne in Egitto”. Il riferimento preciso a “uomini e donne”, anziché un generico appello ai diritti umani, sembra dettato dalle notizie sugli stupri avvenuti durante le proteste.

Obama ricorda che democrazia e Stato di diritto sono una cosa ben diversa dalla dittatura della maggioranza, è un tema sul quale aveva più volte ammonito Morsi, perché il presidente ora deposto dai militari non si arrogasse uno strapotere in nome della sua vittoria alle urne. “Occorre un governo – prosegue Obama – che rispetti maggioranze e minoranze, che istituzionalizzi quei contropoteri e quei controlli istituzionali dai quali dipende la democrazia”. Oltre all’appello rivolto a tutte le parti perché evitino la violenza, Obama ne rivolge uno più specifico ai militari. “Mi attendo – dice il presidente americano – che in questa fase di incertezza i militari rispettino i diritti di tutti, incluso il diritto a manifestare pacificamente. Li chiamo a restituire l’autorità di governo nella sua pienezza ad un governo civile e democraticamente eletto attraverso un processo trasparente e inclusivo. Ogni arresto arbitrario va evitato, incluso quello del presidente Morsi o dei suoi sostenitori”.

C’è poi un passaggio cruciale che riguarda il sostanzioso supporto finanziario degli Stati Uniti. Qui Obama non prende decisioni immediate, vuole usare il peso di questi aiuti come un’arma negoziale nei confronti dei militari. “Ho dato direttive – dice il presidente americano – ai ministeri e alle agenzie federali competenti, perché verifichino le implicazioni legali della nostra assistenza al governo egiziano”. La spiegazione sta nelle leggi approvate dal Congresso di Washington, dove si vieta esplicitamente la fornitura di aiuti – economici o militari che siano – a nazioni dove sia avvenuto un colpo di Stato. Il potere esecutivo, quindi la Casa Bianca, ha però un certo margine di manovra nell’interpretare quali circostanze determinino un “vero” colpo di Stato.

Per tutta la giornata di ieri, non a caso, sia il Pentagono sia il Dipartimento di Stato non avevano voluto annunciare una sospensione immediata degli aiuti. Obama spera di mantenere uno strumento di pressione e di negoziato per “orientare” l’azione dei militari egiziani. Una transizione veloce verso la normalità, il ritorno in tempi brevi ad un governo civile e democraticamente eletto, potrebbe risparmiare all’Egitto la cessazione degli aiuti. Sono aiuti tanto più preziosi, da quando l’economia egiziana è entrata in crisi, in particolare per la caduta delle entrate turistiche.

Obama cerca di tornare ad avere un ruolo attivo in uno dei più gravi focolai di crisi internazionale. Fucriticato, a suo tempo, da sinistra per avere sostenuto troppo a lungo la dittatura Mubarak; poi dai repubblicani e da Israele per avere mollato Mubarak aprendo la strada all’avvento dei Fratelli Musulmani. Nelle proteste degli ultimi giorni, anche la componente laica e secolarizzata della società civile egiziana si era sentita “tradita” da Obama. La sua ambasciatrice al Cairo era stata accusata addirittura di essere “al soldo” dei Fratelli Musulmani.

 

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