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A quanto lo vendi il sangue?

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Un tanto sul deficit

Stime di crescita più alte sia per quest’anno che per il prossimo, e un disavanzo che nel 2016 sarà lasciato crescere, rispetto al suo andamento tendenziale, di una somma pari allo 0,8 per cento del Pil ovvero 13 miliardi, toccando quindi il 2,2 per cento del prodotto. Anzi, in realtà alla fine il deficit potrebbe salire ancora un po’ più su, se in sede europea sarà accettato il principio per cui le spese destinate all’accoglienza dei migranti possono essere scorporate dal calcolo: il nostro Paese intende chiedere per i costi dell’emergenza di questi mesi ulteriore spazio in misura pari allo 0,2 per cento del Pil, circa tre miliardi.

 

PASSAGGIO ALLE CAMERE

La Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza che il governo ha approvato ieri e che ora dovrà passare all’esame del Parlamento contiene l’obiettivo dichiarato di una manovra più orientata alla crescita. «Espansiva e non di rigore» l’ha definita il premier Renzi, che ha poi voluto sintetizzare così il percorso già fatto e quello ancora da fare: «Nel 2015 abbiamo svoltato, nel 2016 si tratta di accelerare». Sia Renzi, sia il ministro dell’Economia Padoan hanno però sottolineato con insistenza che il prossimo sarà anche il primo anno dall’inizio della lunga crisi in cui il rapporto tra debito e Pil tornerà a ridursi. Di più: l’Italia – ha specificato Padoan – rispetterà anche la regola del debito nella sua versione orientata al futuro (forward looking).

 

Il traguardo del pareggio di bilancio viene però spostato in avanti ancora di un anno, dal 2017 al 2018. Il buon andamento dell’economia, che pur in un contesto di prudenza permette di portare la stima di crescita allo 0,9 per cento quest’anno e all’1,6 il prossimo (in entrambi i casi due decimali al di sopra delle precedenti previsioni) viene attribuito dal governo non solo all’andamento favorevole del quadro internazionale («non durerà per sempre» ha avvertito lo stesso ministro dell’Economia) ma anche alle misure prese nei mesi scorsi. Msiure che quindi con la prossima legge di Stabilità saranno confermate ed anzi intensificate.

 

I DUBBI FUGATI

In ogni caso l’esecutivo ritiene possibile utilizzare ulteriori margini di flessibilità, rispetto a quelli già messi nero su bianco ad aprile con la prima versione del Def, ovvero la possibilità di arrivare ad un disavanzo dell’1,8 per cento (invece che dell’1,4) in rapporto al Pil. Ora con il pieno utilizzo della clausola delle riforme e circa 5 miliardi di cofinanziamento ai progetti infrastrutturali si toccherà il 2,2. Secondo il ministero dell’Economia i dubbi sul possibile ricorso da parte italiana a questo secondo strumento di flessibilità sarebbero superati grazie allo scenario di maggior crescita ed al rispetto della regola sul debito, che rende la posizione del nostro Paese complessivamente più credibile.

 

In più c’è da definire la possibilità dell’ulteriore sconto da tre miliardi per le spese sostenute a seguito dell’emergenza migranti (la cifra corrisponde a quella ipotizzata sul Messaggero dello scorso 8 settembre). Come ha ricordato il presidente del Consiglio la richiesta di collegare la questione dei profughi e il conseguente impegno finanziario alle regole di bilancio è stata avanzata in prima battuta da altri paesi come l’Austria, ma è naturalmente vista con totale favore dal nostro Paese, che per primo si è dovuto confrontare con i consistenti costi dell’accoglienza.

 

Un contributo alla riduzione del debito pubblico arriverà anche dalle privatizzazioni, che dovranno fruttare nel 2015 lo 0,5 per cento del Pil, poco più di 6 miliardi, e un importo maggiore, pari allo 0,5 per cento, negli anni successivi. Non aiuta invece in questo percorso l’inflazione che restando bassa, ben al di sotto del target (vicino al 2 per cento) fissato dalla Bce, limita la crescita del prodotto nominale e dunque per via aritmetica rende un po’ più alta l’incidenza del debito. 

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