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Addio giovane maestro!

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Quando al Giulio Cesare si formava qualche coscienza rivoluzionaria

L’anno si chiude appesantendo il bollettino delle perdite. Si rasserenino gli opposti fissati, Covid e vaccino non ci sono entrati se non in poco o per niente: il gran numero dei passaggi oltre è dovuto all’età e ai suoi malanni.
Ho saputo da poche ore che la settimana scorsa è venuto a mancare Marcello Madia. Benché non lo vedessi da 49 anni il ri-cordo che ne serbo è vivido. Quando iniziai a militare al Giulio Cesare, liceo romano che frequentava anche lui, egli era appena più piccolo di me, ma lo consideravo un veterano, in quanto suo zio, Titta Madia, principe del foro, oltre ad essere stato Segretario dell’Ufficio di presidenza, dal 24 maggio 1924 al 21 gennaio 1929 e deputato della Corporazione delle professioni e delle arti durante il Ventennio, era stato tra i fondatori dell’Msi.
Fu quindi da lui che ebbi, su mia richiesta, il mio primo corso di formazione politica, tenutosi per strada tra via Livorno e Piazza Bologna.
“Essere fascisti – mi disse – significa avere il culto del coraggio. Anche in inferiorità numerica devi attaccare sempre. L’inferiorità numerica la si calcola dopo il rapporto di uno a quattro, che fino a quello noi siamo praticamente in superiorità, considerato quanto scappano gli altri e quanto meno coraggio hanno di noi”.
Da buon Sigfried von Nibelungen gli credetti e mi comportai spesso di conseguenza. Devo ammettere per esperienza acquisita che aveva ragione.
Un’altra volta mi passò a prendere a casa di sera per portarmi a una riunione della parrocchia. Non capivo perché. “Un buon rivoluzionario deve sempre osservare tutto, capire cosa succede, da chi si deve guardare e chi può orientare”. Alla fine della riunione tra parrocchiani mi disse: “È inutile ritornare, è tempo perso, questi sono soltanto degli inutili idioti”.
Poi divenimmo entrambi dei capi-squadra al liceo e all’ultimo anno, benché le gerarchie ufficiali fossero diverse, a comandare al Giulio Cesare fui io, con lui a dir poco centrale.
Le nostre strade si separarono all’università, ma il ri-cordo è rimasto lucido e tangibile.
Ti sia luminoso il cielo, mio primo maestro!

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