lunedì 15 Settembre 2025

Alla fiera dell’Est

Le letture apocalittiche o la presunta svolta epocale del vertice SCO non hanno ragion d'essere

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Nell’epoca attuale esiste una narrazione che si fonda sulla capacità di fare scena dei singoli attori e sulla pigrizia sensazionalistica dei media, e poi c’è una realtà che con detta narrazione coincide sempre di meno. Il vertice di Pechino della SCO, non fa eccezione.

L’immagine propagandistica del fronte unito contro l’Occidente

unita ai proclami di Putin, ha tenuto banco e ha lasciato intendere che sia stata lanciata una sfida da parte di un blocco che si erge compatto all’orizzonte.
Ma le cose non sono andate così.

Quali saranno le eventuali evoluzioni di quanto è stato annunciato nei due giorni che hanno preceduto la sfilata muscolare cinese lo scopriremo a breve. Quello che è stato abbozzato però è abbastanza preciso, e non è quanto si è preteso di credere.

Iniziamo dalle affermazioni cinesi

Lì non si parla a vanvera e ogni parola è soppesata.

Xi ha condannato “l’egemonismo, del potere unilaterale, e del “bullying behavior” (comportamenti prepotenti), un riferimento implicito alla politica estera statunitense (e non europea) e ha soggiunto il “rifiuto netto della mentalità da Guerra Fredda e della confrontazione a blocchi”.
Esattamente il contrario di quanto lasciato credere dal Cremlino e inteso dalla maggioranza dei media, come al solito superficiali, distratti e incompetenti.

Il “blocco compatto” lo è stato solo su alcuni punti

cioè la distensione tra Cina e India per risposta all’aggressione americana sui dazi, e la cooperazione di polizia contro il terrorismo e l’estremismo. Su questo sono state fatte concessioni a Putin in senso “antifascista” che non interessavano nessun altro.

Si prevede una polizia e un’intelligence sovranazionale che si occuperà a tutto campo di perseguire ogni discriminazione etnica, religiosa e qualunque rivalutazione storica del fascismo o del nazismo.
Cosa di cui difficilmente i cinesi si occuperanno seriamente e gli indiani non di certo.

Tutto questo rientra nella proposta esplicita di Nuovo Ordine Mondiale

che, al di là di quale sia sua composizione, è la raccolta del guanto di sfida al boicottaggio sistematico americano del WTO che ha fatto saltare le regole.
Si vuole imporre agli americani il ritorno al mondialismo senza protezionismo. Non si tratta di sfidare solo Trump perché la svolta va avanti dalla crisi del 2008 e ha visto comportarsi come lui anche Obama e Biden.

L’Occidente è stato sfidato?

In qualche formula ma, in realtà, la proposta di globalismo liberale (perché di tale si tratta) è aperta a tutti i partners mondiali, in primis gli europei che hanno assistito interessati.

La Russia verrà sostenuta in Ucraìna?

Non ci sono elementi che permettano di attestarlo. Non solo non è stato offerto alcun appoggio concreto, e va ricordato che da SCO e BRICS il sostegno militare a Mosca è sempre stato molto limitato se non nullo, mentre alcuni membri (Turchia, India) armano direttamente o per triangolazione, o addirittura mandano volontari sul fronte, lato Kiev.

Il messaggio espresso è stato che si vuole la pace.

Narendra Modi, il leader indiano, ha invitato Russia e Ucraina a trovare soluzioni pacifiche e durature: “La pace a lungo termine è il richiamo dell’umanità”.

Xi Jinping ha promosso un ordine multilaterale basato sul rispetto della sovranità, in contrapposizione alla “mentalità da Guerra Fredda” e ha aggiunto una frase che potrebbe sembrare una promessa di sostegno a Mosca. Poiché i cinesi soppesano le parole più dei gesuiti, il suo significato è però ben diverso. “Non possiamo permettere che la Russia perda la guerra”. Che non vuol dire che deve vincerla, ma che si deve fare in modo che non crolli. Ovvero che si trovi una via d’uscita rapidamente.

Detta così, significa che Pechino ritiene possibile, se non probabile, una sconfitta russa.
Questa è una novità notevole.

Cerimoniali diversi

Gli osservatori hanno notato come a due delle nazioni invitate, Turchia e Azerbaijan, sia stato dedicato un cerimoniale molto più significativo che non ai russi.

Lo scorso 8 agosto Stati Uniti, Armenia e Azerbaijan hanno firmato un accordo di pace alla Casa Bianca, che prevede diritti esclusivi americani per lo sviluppo del TRIPP, un corridoio strategico che collegherà l’Azerbaijan al suo exclave di Nakhchivan attraverso il territorio armeno.

Il progetto includerà linee ferroviarie, oleodotti, gasdotti, cavi in fibra ottica e potenzialmente linee elettriche.

Rinunce russe

Questo si è accompagnato con la rinuncia russa del canale Volga-Don, il che ha fatto infuriare Teheran che ne sarebbe stata beneficiaria.

Dopo questa esclusione di fatto dal Caucaso, la Russia ha ottenuto la vetrina per Putin in Alaska e in Cina affinché salvi la faccia, ma Washington e Pechino già sono concentrate su altro di concreto.

Intanto la Russia ha pure abbandonato il progetto Power of Siberia-2, un mega-gasdotto (chiamato anche “pipeline transiberiana”) destinato a collegare i giacimenti di gas della Siberia occidentale alla Cina, attraversando la Mongolia.
Anche nella SCO Mosca si ridimensiona.

Non far cadere la Russia

Come annunciamo da anni, gli Usa e la Cina non possono permettersi l’implosione russa e stanno cercando soluzioni per una pace che sia accettabile da ambo le parti e che salvi la faccia di Putin.

La famosa offensiva di primavera, e poi d’estate, non solo non è riuscita, malgrado la propaganda della Lubjanka e la cecità dei media, ma sta prendendo colpi.

Nel Donbass la punta dell’offensiva che doveva essere risolutiva e che è stata bloccata per mesi, è stata costretta a cedere terreno e a ripiegare negli ultimi quindici giorni.

Nella zona di Kursk, la famosa cittadina di Sumy che la propaganda russa ha spacciato per strategica e ha dato per presa fin da maggio, non solo è rimasta nelle mani ucraìne, ma da tre giorni Mosca ha ripiegato le sue forze per spostarle verso il Donbass.

L’Ucraìna che diserta ed è a corto di uomini

Così siamo abituati a sentirci dire. Tanto che avrebbe richiamato alle armi anche i bambini.
Invece è stata concessa la libertà di espatrio ai giovani fino a 22 anni.

Un messaggio per far vedere che Kiev non ha l’acqua alla gola.

Oltretutto da tre anni in qua la sola sconfitta da parte sua è stata la fallita controffensiva, determinata dalle scelte americane.
Dovranno pensarci Washington e Pechino a togliere in qualche modo le castagne dal fuoco della Russia, il che non le consentirà di riparare ai danni che si è inflitta da sola, né a tornare a svolgere un ruolo di autentico rilievo nel mondo di domani, qualunque sia la sua composizione.

Una svolta verde

La Cina ha proposto un programma di investimenti ingenti negli anni a venire per i paesi della SCO per cercare di smussare le ostilità nei suoi riguardi di diversi paesi dell’Indo-Pacifico, India in testa.
Particolare importanza è stata data alla trasformazione progettuale nella green economy, quella stessa che si deride in Europa.

La prova di forza

La grande sfilata cinese ha avuto più funzioni al tempo stesso.
Ricordare ai concorrenti, partners e rivali di est e d’ovest, che a differenza di molti altri che non hanno le competenze tecniche, la forza economica o il potenziale militare, Pechino è un player.
Lo show si rivolgeva soprattutto all’India: “non pensare che la nostra distensione sia paritetica” e alla Russia “se vuoi contare qualcosa, sappi che devi sempre stare sotto di noi”.

L’Europa è isolata come in molti hanno sostenuto?

Non lo è, come non lo sono gli Usa, l’Inghilterra, l’Australia, il Canada.

Giusto qualche dato per ricordare l’interdipendenza e, quindi, la correttezza della formula indiana del multallineamento rispetto ad altre come unipolarismo, bipolarismo o multipolarismo.


Tra Unione Europea e Cina c’è un flusso reciproco di investimenti e La Cina ha registrato un surplus commerciale verso l’UE pari a circa 240 miliardi di dollari nel 2024.
Al di là di quanto questo possa essere negativo per noi, la Cina non ha alcuna intenzione di isolarci. Né può isolare gli Usa perché l’interdipendenza economica e teconologica tra i due paesi è fortissima.

L’India è il 9° partner commerciale dell’UE, con scambi di beni pari a circa €120 miliardi nel 2024, rappresentando l’11,5% del commercio totale dell’India. E la tendenza aumenta, mentre cala quella tra India e Russia.

E l’industria militare?

Secondo il SIPRI, l’India è stata il secondo maggiore importatore mondiale di armi nel periodo 2020–2024, con una quota dell’8,3% delle importazioni globali . Le principali fonti di approvvigionamento sono state:

Russia: 36% delle importazioni
Francia: 33%
Israele: 13%
Stati Uniti: circa 2,7 milioni di dollari nel 2024

Nessun isolamento e nessun blocco

La politica aggressiva dei dazi di Trump ha smosso il formicaio. Come si ricomporrà, chi vincerà e chi perderà il braccio di ferro, è tutta da vedere.
Quello che per ora è emerso, considerando pure gli accordi tra UE e Usa su dazi e riarmo, è un aumento ovunque dell’interdipendenza.
Chi saprà giocare le sue carte con intelligenza e con dignità ne uscirà meglio di altri.
La Turchia e l’India per il momento sono quelle che hanno fatto meglio e che possono indicare un percorso a noi europei, perché il bipolarismo (definito multilaterale o antioccidentale conta poco) non sembra che si riesca a realizzare, la Cina non ci pare che sia molto disposta, anche perché ci perderebbe parecchio.
Le politiche americane di rinnovo di Jalta vanno bene in tono minore e per soggetti modesti come la Russia che senza il nucleare avrebbe il peso specifico di un produttore energetico del terzo mondo e con il nucleare riesce ad avere quello di un comprimario pluridipendente.

Da Pechino non è partita nessuna sfida concreta a nessuno, solo un messaggio per la partita dei dazi.
Come evolverà è da vedere, e questo un po’ ovunque.

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