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Antifa fuorimoda

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Pure Il Manifesto scuote tristemente la testa di fronte alla scarsa mobilitazione che le parole d’ordine dell’antifascismo riescono oramai a produrre.

MILANO, IL MOVIMENTO BALLA DA SOLO


Il corteo antifascista, a due mesi dalle aggressioni dei naziskin, non smuove la città



Via il dente, via il dolore. Lo si capiva dai gesti, dal nervosismo, dai cosa vuoi farci…e dalle mezze frasi che ieri c’era soprattutto una gran voglia di lasciarsi presto dietro le spalle la manifestazione antifascista che ha aperto il tiepido autunno del «movimento» milanese. Nelle intenzioni, condivisibili, doveva essere una giornata per «ridare vita alla città». Mai come questa volta però la città era da tutt’altra parte. «C’è troppo poco di tutto», abbozza qualcuno che ne fa una questione di numeri. Diciamo circa 2000 persone. Hanno marciato da piazzale Cadorna, sfiorando il carcere di san Vittore per poi entrare nel cuore del quartiere Ticinese, luogo simbolo di come Milano sia cambiata (in peggio). Destinazione finale, piazza Vetra, la piazza dove da generazioni si ritrovano i «giovinastri» che devono essere tenuti sotto stretta sorveglianza. Uno spazio che ormai è chiuso da una cancellata, simbolo di tutti i cancelli da abbattere in città. Almeno ieri sera, un luogo molto ospitale: un palco per suonare, performance teatrali e videoproiezioni di poesie sui muri della piazza.

Nel complesso però la manifestazione non ha dato prova di grande vitalità. Ma se la città agonizza non si può certo puntare il dito solo contro chi questa volta ha faticosamente cercato di rimettere insieme i cocci della parte più militante, almeno per dare una risposta doverosa alla brutale aggressione dello scorso agosto avvenuta nei pressi del centro sociale Conchetta, quando una ventina di naziskin ha assaltato i ragazzi del centro a colpi di coltello. Il collante antifascista se riproposto troppo schematicamente però non tiene più, anche se costringe sempre i vari gruppi a inscenare un’unità di intenti che è solo di facciata. Come ieri, quando lo sforzo se non altro è servito a tenere dignitosamente il corteo.

Quanto agli odiosi agguati dei naziskin, più che la prova di una rimonta della destra estrema – che a Milano per tradizione è marginale e sarebbe bene che rimanesse tale – piuttosto dimostrano quali guasti può produrre la scarsa capacità di incidere sul territorio di quei soggetti che naturalmente dovrebbero fare da argine alla cultura che produce teste rasate, e non solo.

Le questioni sul tappeto sono epocali (guerra, precarietà, repressione, diritti negati) e la pressione si è fatta paralizzante. Disennescata la piazza, la parola è tornata alla politica politicante. Con questi risultati: «Cosa vuoi, fino alle prossime elezioni ormai sarà così…». Lo spaesamento, di tutti, è evidente, e spinge le varie realtà milanesi a scegliere percorsi magari anche positivi ma sempre più autoreferenziali. In questi mesi di massacri giornalieri, Milano non ha mai dato segni di vitalità né tantomeno di partecipazione (poche centinaia di persone in piazza la prima volta che, dopo 60 anni, l’esercito italiano ha ucciso dei civili in Iraq, solo per fare un esempio); e questo deserto non è cosa che deve far riflettere solo la parte più militante della sinistra.

Quella che in fondo, come è successo anche ieri, ci prova sempre a battere un colpo.


da: “Il manifesto” – 3 ottobre 2003

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