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Arafat nel paradiso dei combattenti

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Il trapasso a Parigi alle tre e mezza del mattino dell’11 novembre. I funerali in Egitto. La nuova sfida per i funerali a Ramallah

Yasser Arafat ha abbandonato questa vita alle tre e trenta dell’undici novembre. Ha scelto Parigi, ultima capitale europea ad avere una politica autonoma che s’oppone alla macina delle oligarchie genocide. Ha scelto anche che i suoi funerali si tengano in Egitto, la terra che Nasser portò alla ribalta dopo secoli di dominazione e che Sadat guidò alla vittoria contro le truppe d’occupazione israeliana. Il messaggio è chiaro: l’estremismo fondamentalista incassa così due colpi, la causa della Palestina non può essere soffocata e fuorviata da fanatismi teocratici che fanno sempre il gioco delle oligarchie ad essa nemica, oligarchie fondamentaliste antico/testamentarie.


Si continua a parlare di avvelenamento procurata ad Arafat, non è impossibile, egli stesso sedici mesi fa denunciava: l‘utilizzo di uranio impoverito per produrre il cancro sulla popolazione palestinese.
“Ci si ripropone una nuova Hiroshima ?” si chiedeva Arafat che citava, oltre a quella americana un’altra fonte da parte di un paese sicuramente schierato con Bush, la Polonia.


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