domenica 22 Dicembre 2024

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Il Nazionalismo Indiano del BJP tra Russia e Israele e tra Israele e Palestina: la via del nazionalismo integrale anti-egemonista

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I vari analisti italiani, che sino a pochissimo tempo fa non consideravano affatto l’India, sono oggi sorpresi nel vedere la centralità globale che il fronte ultra-nazionalista del Bharatiya Janata Party di Modi ha gradualmente assunto, in attesa di superare la Cina Comunista quando il destino lo consentirà. Sicuramente quel momento arriverà, secondo l’ideologo Hindutva e min. degli esteri S.Jaishankar, fondatore di una chiara dottrina strategica che trae esplicita ispirazione da Schmitt, Mazzini, Machiavelli e da un altro leader di Stato italiano che non cita pubblicamente ma solo nei congressi privati. Vanno perciò nettamente smentite le interpretazioni dominanti in Europa ed in Italia in ambito di analisi sull’India Nazionalista; quest’ultima è infatti considerata a casa nostra filorussa e filoisraeliana.

Si tratta in entrambi i casi di grossolane e marchiane semplificazioni che non meriterebbero nemmeno di essere commentate non fosse che vengono sistematicamente ripetute anche dagli esperti o dai geopolitici. Siamo anzittutto di fronte alla terza potenza mondiale che soffia sul collo di Washingont e Pekino, ragione per cui parlare di un’India filorussa o filoisraeliana è francamente ridicolo. Altro elemento da considerare è che Modi, a differenza di Xi Jinping che soffia astutamente sul fuoco, ha sempre svolto il ruolo del mediatore internazionale – un po’ come Erdogan – in quello che ha definito “un piccolo conflitto infraeuropeo”, quello tra russi e ukraini e la medesima postura sta assumendo nel recente conflitto purtroppo divampato in Medio Oriente. Sia da un punto di vista energetico che ideologico il conflitto tra Israele e Palestina è però ben più importante per New Delhi di quanto lo sia “il piccolo conflitto europeo”, che è una mera variante tattica nella linea strategica Indo/Mediterranea e contro-egemonista del nazionalismo integrale di New Dehli. In primo luogo in quanto l’India, con la Via del Cotone, sta proponendo l’unica concreta alternativa di civiltà alla Via della Seta del Partito Comunista di Xi, la nuova globalizzazione egemonica internazionale rispetto al declino statunitense.

Gli accordi tra israeliani e sauditi, che prevedono corridoi energetici infrastrutturali e accordi commerciali che riporteranno al centro della scena mondiale il Mediterraneo, rimandando in ultima istanza all’India (il più grande consumatore di energie dei prossimi decenni), sono chiaramente visti come il fumo negli occhi dall’elite Socialista egemonista di Pechino, che preferisce la guerra e l’instabilità, nel Vicino Oriente, alla stabilizzazione benedetta da Modi fondata sul progresso tecnologico economico e sul lavoro diffuso. Inoltre, per quanto il BJP – data la storica e decennale amicizia tra pakistani e palestinesi ed in virtù del fatto che considera quello pakistano uno stato fallito ed artificiale tenuto in vita prima dal colonialismo britannico, oggi da quello Comunista di Pekino – abbia sempre sostenuto diplomaticamente Tel Aviv, oggi Modi è impegnato in prima persona, anche in questo caso, nella pacificazione della regione del Vicino Oriente. Alla netta condanna degli attentati di Hamas il leader indiano ha fatto subito seguire una lunga e pressante girandola di telefonate con i leader tradizionali del nazionalismo palestinese non estremista e non fanatico. Va anche considerato che il movimento Hindutva continua a agitare una formale postura di sostegno a Israele nel caso di attacchi islamisti e lo stesso Modi ha spesso differenziato un ebraismo globalista neomarxista e trotskista nemico dell’India al punto da attaccare pubblicamente Soros, da un ebraismo nazionale israeliano che non può essere per il leader indiano condannato aprioristicamente e d’altra parte le relazioni tra il BJP e la comunità ebraica indiana non sono affatto cattive; ma ciò andrebbe anche letto e visto nella permanente e sostanziale antitesi a Islamabad, che ha da sempre fatto integralmente propria la causa palestinese. Sono noti del resto l’antiebraismo e l’ antisocialismo radicale di fondo dell’Hindutva, dovuti alla lunga militanza – mai rinnegata, tutt’altro – dei quadri più anziani in movimenti nazionalisti di esplicita ispirazione fascista tipo il Rashtriya Swayamsevak Sangh (Movimento Nazionale di Volontariato) – fondato nel 1925 – vicino ai guerriglieri waziri del fachiro di Ypi sostenuti dall’Italia fascista, poi alla Legione Indiana e che dopo il 1945 ha continuato la sua lotta quando l’India del Congresso (Sinistra radicale internazionalista) diveniva per decenni una semicolonia della marxista-leninista Unione Sovietica.

Narendra Modi e i suoi più vicini collaboratori del BJP vengono appunto da questo movimento, la loro Opposizione all’egemonismo Comunista è storica, militante, ha significato persecuzione e sofferenza nazionale; il 19 febbraio 2021 il min. della cultura di New Delhi ha tributato i più alti onori all’ideologo M.S. Golwakar, il quale anche nel dopoguerra continuò a esprimere la sua affinità alle forze dell’Asse radicalizzando l’anticomunismo militante, la lotta totale all’Imperialismo Sovietico egemone in India (https://twitter.com/MinOfCultureGoI/status/1362620425059119108); la grande e calorosa simpatia accordata a Giorgia Meloni da Modi nello scorso marzo forse senza adeguata consapevolezza da parte della leader romana – simpatia che va comunque considerata alla luce dell’affinità ben più forte e radicata con Tokio, con Donald Trump e con il GOP stratunitense in genere – è dovuta in definitiva a questo; si ricordi al riguardo che Abe Shinzo e Modi erano alleati di ferro e tuttora i rapporti del leader indiano con i nazionalisti del Sol Levante sono strategici e molto stabili, non solo per la comune contrapposizione al Partito Comunista ma anche per una reciproca fiducia storica. Ciò non toglie che sul piano della Realpolitik proprio ai margini del recente G20, Modi ha delineato la strategia della rivoluzione energetica e tecnologica green, facendo esplicitamente luce sul focus africano da strappare all’imperialismo egemonista neo-comunista russo/cinese e lanciando l’idea del Corridoio (India, Emirati, Israele e Mediterraneo) quale antagonismo strategico al BRI pekinese. Motivo questo per cui a New Delhi sono certi che dietro il recente avventurismo dell’islamismo palestinese via sia il Partito Comunista Cinese nella sua guerra strategica a scacchi contro il Nazionalismo indiano.

Guerra strategica liminale anti-indiana e neo-egemonista, diretta dal Partito Comunista Cinese, che dopo Kabul 2021 e l’apertura di una nuova fase storica segnerà sicuramente, purtroppo con il sangue ma anche con gli scatti di intuizioni politiche, religiose e culturali che potrebbero arrestare l’irreparabile, il nuovo destino mondiale dei prossimi decenni. L’Italia in questo versante potrebbe avere un’occasione strategica storica per rientrare di forza nel Mediterraneo, ripudiando la Via della Seta, non cadendo nel tranello franco-tedesco della Partnership globale UE-Cina socialista (subdola variante europea della Via della Seta) e sostenendo in prima linea il Corridoio del BJP di Modi, superando così la solita postura aggressiva e anti-italiana del gollismo francese, che dal Trattato di Parigi (1947) a oggi ha costituito il decisivo ostacolo per la Sicurezza Nazionale; molto difficile però che si inveri questo scenario, che sarebbe viceversa veramente provvidenziale per la nostra nazione.

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