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16 Luglio 2001. Nel Cantone svizzero di St. Gallen muore Beate Uhse, era stata una pilota di aerei e un’imprenditrice del sesso.
Nata Köstlin, famiglia dell’aristocrazia terriera della Prussia Orientale, aveva vissuto la giovinezza e fu educata in una ambiente Völkisch, tra i miti della terra del movimento degli Artamani e il Movimento giovanile dei Wandervogel, assorbendo in pieno la cultura della bellezza del corpo, dell’educazione fisica, del nudismo e di una sessualità disinibita.
A quindici anni era già campionessa di giavellotto e manifestò una vera passione per gli aerei che la portò ad ottenere il brevetto di pilota a soli diciotto anni volando su un biplano Bücker Bü 131 Jungmann.
Quello era stato solo l’inizio di una carriera; in seguito divenne pilota acrobatico, partecipò a gare aeree in Europa e fu controfigura di piloti in alcuni film.
Innamoratasi di un ufficiale della Luftwaffe, l’istruttore di volo Hans-Jürgen Uhse, i due si sposarono all’inizio della Seconda guerra mondiale, nel settembre 1939.
La coppia ebbe un figlio nel 1943, Klaus, ma Beate ritenne di anteporre alla famiglia la sua bravura di pilota mettendola al servizio della Germania del Terzo Reich arruolandosi anch’essa nella Luftwaffe e raggiungendo il grado di Capitano, stesso grado di un’altra famosa pilota degli aerei da caccia tedeschi, Hanna Reitsch, della quale parleremo più avanti.
Nel maggio 1944, suo marito, il Colonnello Hans-Jürgen Uhse morì in combattimento.
Un anno dopo Beate iniziò l’istruzione sull’ultimo tipo di caccia a reazione, il Messerschmitt Me 262 e nell’ultimo aprile di guerra si trovò al comando di una squadriglia aerea nei pressi di Berlino.
Con i russi alle porte ricevette l’ordine di trasferire il reparto verso Ovest.
Eseguì l’ordine e poi tornò a Berlino – nella capitale distrutta dai i bombardamenti – dove ancora si trovavano il figlioletto di due anni e la diciannovenne che lo stava accudendo; poi, raccolti anche alcuni feriti e un meccanico, portò tutti in salvo a bordo di un tipo di aereo che non aveva mai guidato, sfuggendo al fuoco sovietico e riuscendo a raggiungere il confine danese dove fu fatta prigioniera dagli inglesi e avviata in un campo di concentramento.
In quelle stesse ore, un’altra pilota militare alla quale abbiamo accennato, il Capitano Hanna Reitsch, atterrò a Berlino nei pressi della Cancelleria del Reich, un atterraggio spericolato, in una strada ingombra di rovine e sotto i tiri dell’artiglieria sovietica.
Suo scopo era riuscire a portare in salvo Adolf Hitler e prima di ciò, convincerlo ad abbandonare la capitale del Reich. Non solo non riuscì a convincere il Führer ma neppure i coniugi Goebbels a mettere in salvo i loro sei bambini. Il ministro Goebbels non avrebbe potuto salvare i suoi figli mentre morivano quelli degli altri berlinesi e la Reitsch fallì la sua ultima missione. Poi seguì anche per lei una lunga detenzione.
Beate Uhse dal canto suo, riacquistata finalmente la libertà, nella Germania distrutta, decise di mettere a frutto gli insegnamenti ricevuti dalla madre laureata in Medicina e stampò un opuscolo sul metodo anticoncezionale Ogino-Knaus, diffondendolo dapprima nel solo Schleswig-Hollstein, poi vendendolo per corrispondenza in tutta la Germania.
Il successo di vendite la portò a lanciare una rivista settimanale che si occupava di problemi sessuali.
In breve Beate Uhse divenne l’alfiere della libertà sessuale.
Nei primi anni ‘60 aprì un primo sex-shop dando scandalo e scatenando proteste. Da quel momento affrontò circa tremila cause giudiziarie.
Tenne però sempre a precisare la differenza tra la vendita del suo materiale erotico e la pornografia. In area tedesca la catena dei suoi sex-shop superò il centinaio e ne allestì una ventina all’estero.
Nella sua storia, la vedova dell’eroe di guerra si sposò nuovamente ed ebbe un altro figlio ma dovette combattere e vincere un’altra guerra, quella contro il tumore allo stomaco nel 1983.
Nel 1996 a Berlino fondò un museo di arte erotica (Beate-Uhse-Erotikmuseum) e tre anni dopo la sua società fu quotata in Borsa.
L’ultima sua uscita pubblica fu nell’ottobre 2000 alla Buchmesse, la Fiera del Libro di Francoforte quando l’ormai ottantunenne Beate Uhse ritrovò la novantottenne regista attrice e fotografa Leni Riefenstahl; due tra le più famose e intraprendenti donne del Terzo Reich. Ovviamente la stampa internazionale si sbizzarrì fantasticando sull’incontro delle due “vecchie naziste” incuranti dell’età e ancora in piena attività.
Beate Uhse morì meno di un anno dopo, la Riefenstahl la seguì nel 2003 a centouno anni, dopo aver realizzato, solo un anno prima, il suo ultimo film, il documentario di fotografia subacquea “Meraviglie sott’acqua”.

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