Beirut

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Tutto complicato ma tutto semplicissimo

Non ci sono ancora elementi sufficienti che ci consentano di affermare con certezza quello che è accaduto a Beirut.
Esiste un filmato in cui si vede un missile terra aria che sta per raggiungere il suolo prima della deflagrazione, il che indicherebbe l’aviazione israeliana come autrice della strage. Tuttavia i filmati si possono truccare e attendiamo per vantare certezze.
Secondo alcune fonti sarebbe stata utilizzata una testata nucleare miniaturizzata, il che non lascerebbe alcun dubbio sulla matrice e neppure sulla dinamica: quindi aviazione dello stato ebraico. In ogni caso Netanyahu aveva minacciato il Libano il giorno prima.
A esplosione avvenuta Trump aveva detto immediatamente che i generali l’avevano informato di essersi trattato di una bomba, poi ha fatto un mezzo dietro-front.
Una bomba non significa necessariamente un missile o comunque il frutto di un bombardamento, può essere benissimo un ordigno deposto accanto all’obiettivo.
Tutti convergono nel sostenere che a saltare in aria sia stato un deposito degli Hezbollah.  Questo consente a tutti gli appecoronati a Tel Aviv, che sono tanti e trasversali ma, purtroppo, pullulano in maniera imbarazzante nel populismo di destra, di scaricare le colpe sull’irresponsabilità di una formazione che gli Usa, Israele e qualche genio nostrano vorrebbe considerare terrorista.

Non si può escludere nulla, ma le probabilità di un errore fatale sono davvero poche rispetto all’attentato. Un attentato opera dell’aviazione israeliana o di qualche formazione estremista (cristiana o jihadista) facilmente impugnabile dall’intelligence sionista o di qualche alleato di Tel Aviv.
Che il Libano sia oggi nel mirino degli americani e degli israeliani è palese. Nell’ultimo anno i tentativi di destabilizzazione, sul piano economico come su quello sanitario, sono pressanti e scandalosi.
Non dimentichiamoci che la ridefinizione delle zone d’influenza nel pianeta stanno comportando una rivoluzione tanto in Medio Oriente quanto nel Mediterraneo.
Gli Usa contano sull’equilibrio tra forze regionali, dalle quali intendono escludere gli europei.
Il nostro ruolo, assolutamente importante in Libano, non durerà presumibilmente a lungo.
I francesi sono poi particolarmente a rischio. Entrambi siamo interessati dall’evoluzione dello scenario di Beirut.
L’alleanza tra cristiani ed Hezbollah ha consentito al Libano di rimettersi in piedi e di assumere un ruolo di cooperazione inter-religiosa garantendo una sorta di porta girevole tra i mondi occidentale e orientale. Ciò accadeva parzialmente nella destabilizzata Siria.
Hezbollah, lungi dallo svolgere un’attività terroristica, ha finora garantito proprio questa vivibilità come hanno dimostraro le reazioni veementi del nostro contingente quando Salvini, allora ministro, si mise a delirare chiedendone il disarmo…

Se gli americani intendono lasciare dietro di sé le rovine di ogni istituzione stabile, quello che accade in Libano è allora comprensibile. Già in Iraq e in Libia questa strategia ha funzionato, e il caos si è impadronito delle regioni. Il che facilita il business delle mafie e il controllo del territorio.
Destabilizzato per i popoli, stabilizzato per le gangs.
Se Israele continua a credere che i suoi alleati naturali sono gli jihadisti wahhabiti e salafiti, ha sicuramente ragione. Salvo che per sopravvivere ha comunque bisogno di alte tensioni tra diversi players regionali. Che Tel Aviv speri di far scontrare tra loro Ankara e Teheran è evidente, che ci riesca facilmente lo è molto di meno.
Nello scenario incerto che continua a propugnare e a disegnare, probabilmente però conta sulla dottrina spicciola che espresse a suo tempo ai capi delle Brigate Rosse quando offrì loro sostegno: la destabiliazzazione di ogni paese del Mediterraneo per presentarsi sempre e comunque come l’unica sentinella affidabile per gli americani.
I quali, però, del Mediterraneo s’interessano sempre di meno.
Sarà questo, allora, un calcolo così intelligente da parte israeliana? Si vedrà presto.
In quanto all’immediato futuro libanese, la partita decisiva si giocherà sul mantenimento delle intese etniche e religiose. Decisiva per il Libano ma anche per il nostro domani.

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