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Bicentenario dell’Imperatore

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Travisato e calunniato da reazionari e canaglia decedeva due secoli orsono il creatore del cesarismo moderno

Un uomo che valse Alessandro e Cesare e fu calunniato come Nerone. Una personalità che annientava chi ci si confrontasse e che seppe farsi amare, anzi adorare, costringendo tutti color che voglion emergere nella mediocrità ad odiarlo perché strappò loro ciò di cui essi non eran mai stati degni. Così potremmo definire Napoleone.
Il condottiero immortalato dal tiepido Manzoni, che pur non ne era entusiasta: 
Dall’Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai,
dall’uno all’altro mar.

Basterebbe? Essenzialmente sì, ma c’interessa anche la valutazione storica e politica. Calunnianto come Nerone, perché come il romano ebbe contro di sé gli storiografi progressisti e reazionari e fu amato dal popolo. Calunniato ancor più di Nerone perché ebbe contro l’Inghilterra che inaugurò la damnatio memoriae e la criminalizzazione delle idee, da cui si proseguì nei modi che oggi conosciamo. Traditore della Rivoluzione per i giacobini, Robespierre a cavallo per i monarchici, Anticristo per lo Zar, l’incarnazione della Révolution bottée per Marx, in realtà non fu nulla di tutto ciò. Dalla Rivoluzione estrasse alcune cose ma le impugnò e le plasmò in un re-volvere modernizzato. Dalla Rivoluzione estrasse l’eguaglianza, ma non quella che s’immagina, bensì delle opportunità da cui far partire la selezione per una nuova nobiltà conquistata sul campo “Ogni soldato della mia Armata ha nello zaino il bastone di Maresciallo di Francia”. Ne fece un ordine rinnovato. Ebbe a dire: “Ho chiuso l’abisso dell’anarchia, ho riordinato il caos, ho purificato la Rivoluzione”. Fu precisamente quello che fece. Amava il popolo, se inquadrato e fiero, ma detestava la canaglia. Sulla tomba dell’illuminista, che definì “cattivo uomo, brutto uomo”, dichiarò: “Mi disgustai di Rousseau dopo aver veduto l’Oriente: l’uomo selvatico è un cane”.
Nella campagna di Russia, quando gli fu proposto di armare la massa contadina, si rifiutò perché, con un secolo d’anticipo, aveva colto l’orrore di cui sarebbe stata capace quella canaglia.
Già nel 1796, entrato in Modena, condannava le sommosse, che pur l’avevano favorito, ripudiando l’anarchia e ammonendo che “un popolo che si abbandona a tali eccessi non è degno della libertà”. Quattordici anni dopo, da Empereur, avrebbe ribadito il concetto a una Delegazione del Corpo Legislativo “dovetti regolare le sorti di tutti i popoli facenti parte dell’Impero, far provare a tutti i benefici della stabilità e dell’ordine, e dissolvere i mali dell’anarchia”.

Un Napoleone restauratore nella modernità? Così ancora Manzoni:
Ei si nomò: due secoli,
l’un contro l’altro armato,
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
Ei fe’ silenzio, ed arbitro
s’assise in mezzo a lor.

Fu un grande arbitro. Quelli che volevano tornare al secolo precedente non commisero, poi, che disastri. Non è molto noto, ma Bonaparte, che dormiva tre ore a notte e che studiava tutto e possedeva un’intelligenza al di sopra del normale, dichiarò la guerra all’Usura.
Come la sorte è a volte beffarda! L’uomo additato dai reazionari come modernista, massone, e quanto altro si voglia, aveva messo in catene quello stesso Rothschild che Luigi XVIII, non appena salito al trono, nominò invece barone ringraziando così la sua dinastia di banchieri per aver contribuito a piegare la sua nazione. La Santa Alleanza che doveva “restaurare” un sistema che non Napoleone, ma la nobiltà francese, aveva colato a picco, divenne il contenitore internazionale della Santa Finanza e il suo veicolo.

Anticristo, per lo Zar. Ma come si comportò con la religione? In Egitto agli scienziati che spiegavano l’inesistenza di Dio, replicò indicando le stelle: “E chi dunque ha creato tutto ciò?”. Già da Primo Console obbligò i generali ad andare a Messa, e quelli, spesso, manifestavano il loro disappunto sbattendo le sciabole sul pavimento. Ebbe però a dire: “Solo la religione cattolica è incancellabile nel fondo dei cuori e sola può conquistarmeli e cancellare tutti gli ostacoli”. Quindi, teneva nei confronti del cristianesimo un atteggiamento opportunistico? Anche, ma non solo. Di certo aveva una percezione metafisica. Se la frase “non è il fanatismo ma l’ateismo che oggi si deve temere”, può ancora apparire cinica, un’altra affermazione ha ben altro significato: “Non vi sono miracoli, tutto è un miracolo!” In realtà Napoleone si sentiva un ghibellino. “L’unico Vicario di Dio in terra è il Cesare, il Papa non deve avere alcun potere temporale”.
Complicate le relazioni con Pio VII che comunque disse: “ lo si deve ringraziare perché senza di lui non sarebbe stata ristabilita la religione”. Napoleone non gli perdonò mai di sostenere gli inglesi e i russi, protestanti e ortodossi all’assalto dell’unità dei popoli cattolici.
Beffardamente emblematica sarà la battaglia di Waterloo dove contro di lui, ad eccezione di qualche reparto belga satellite di Londra, furono schierati soltanto protestanti.
La sua figura era comunque al di sopra di questi schematismi. Da grandissimo qual era, in lui si ebbe la coincidenza degli opposti, perfino negli archetipi metafisici. Ha osservato acutamente Merezkovski che in lui convissero la misura apollinea e la smisuratezza dionisiaca. In ogni caso fu uomo del Sole. Lo attestò anche con la scelta delle Api d’oro nella bandiera dell’Elba.

Lo hanno accusato di tutto. Oggi perfino di essere misogino, lui che alle donne dava importanza estrema e che impose d’incoronare Giuseppina, violando un cerimoniale che da tempo era precluso alle femmine. Per via dell’uccisione di alcuni prigionieri in Asia, lo hanno fatto passare per un genocida. In effetti era vero l’opposto. Il magnanimo si occupava di orfani e vedove al punto di versare egli stesso una pensione – udite, udite! – alla balia di Luigi XVI. “La sua prima cura dopo ogni battaglia erano i feriti” ricorda il barone Fain. “Feceva il giro del campo e comandava di raccogliere i suoi come i nemici”.
Gli altri, quelli che combattevano l’Anticristo, in particolare i russi, gli spagnoli e gli inglesi, non davano quartiere: feriti e dispersi venivano uccisi dopo essere stati torturati e mutilati. Ma il cattivo era sempre e solo il magnanimo: vi dice niente? D’altra parte il Nemico contro di lui e contro coloro che ripresero poi il suo disegno è lo stesso. Un disegno così:  “Basta con i partiti; non ne voglio, non ne sopporterò alcuno. Non appartengo a nessuna fazione, sono della fazione del grande popolo francese”  E, sull’Europa: “Unire i popoli geograficamente uniti, ma disgiunti, sminuzzati dalle rivoluzioni e dalla politica… volevo farne un solo corpo nazionale” (…)
“Un codice paneuropeo, un tribunale paneuropeo, una sola misura monetaria, unità di pesi, una legge unica. Tutti i fiumi navigabili per tutti, tutti i mari liberi”. (…). “Tutt’Europa una famiglia, in modo che ogni europeo viaggiando in essa si sentisse a casa ovunque”.
Fu colui che inaugurò il cesarismo moderno, quell’alleanza tra capo e popolo che sola garantisce dignità, fierezza, potenza e l’eguaglianza della trincea. A lui si riferirono per decenni tutti i rivoluzionari che non avevano una visione materialistica e  non erano nemmeno schiacciati da un’idea di Nazione trasformata – come accade oggi nelle destre – a mamma chioccia.  L’amore di Napoleone per la Francia, con la quale costruiva l’Europa, era quella di un amante, non di un figlio: “je couche avec elle” avrebbe detto, precedendo nel sentimento Mussolini.

La sua foga incontenibile produsse la nascita del nazionalismo rivoluzionario, sia a sua imitazione (Francia, Italia, Polonia) che per reazione (Spagna, Germania). Senza di lui i tedeschi non avrebbero forse mai trovato la scintilla per unirsi. Per le unità della Repubblica Sociale, Mussolini, nelle misure, nella geometria e nei simboli, s’ispirò alle insegne imperiali napoleoniche, a loro volta ispiratesi alle romane. Le idee erano in fondo le stesse, lo era  il dna, lo era l’arcehtipo e lo era perfino il progetto europeo, così come lo erano la fratellanza di trincea e la magnanimità.
Non è certo un caso se, con stupefacente giustezza, i Reduci della Charlemagne hanno soprannominato tutto l’insieme di volontari europei sul Fronte dell’Est esattamente come l’esercito di Napoleone: La Grande Armée.

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