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Biden punta all’Asia

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In modo chiaro e convinto

L’assetto del nuovo National Security Council guidato da Jake Sullivan lascia pochi dubbi su quali saranno le priorità in politica estera dell’amministrazione Biden. Durante i lunghi anni della Guerra Fredda, le menti più brillanti e gli analisti più capaci dell’amministrazione americana affollavano la direzione “Europa” del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, nella quale venivano elaborate le strategie per contenere l’Unione Sovietica, consolidare i rapporti con gli alleati, definire le strategie di competizione.
Nell’era post 11 settembre lo stesso accadde per la direzione “Medio Oriente”: c’erano due guerre da combattere in Iraq e in Afghanistan e occorreva definire una strategia a tutto campo per contrastare la minaccia globale dell’Islam radicale.
Oggi le sfide, le minacce e le crisi, e anche le opportunità, sono ulteriormente spostate verso Oriente, nella vasta area dell’Indo-Pacifico, fra le coste della California, il Mar Cinese, attraverso l’Oceano Indiano, per giungere fino alla costa orientale dell’Africa. E dunque le scelte dell’amministrazione Biden sono state conseguenti e lo “shift” verso l’Asia è oramai una realtà: la nuova direzione “Indo-Pacifico” del Consiglio di Sicurezza Nazionale è oggi diventato il più grande team di esperti di sicurezza dell’amministrazione americana.
Sotto la guida di Kurt Campbell, già “assistant Secretary of State” con delega all’Asia nell’amministrazione Obama, la nuova divisione dell’Indo-Pacifico è nata accorpando il vecchio ufficio degli “Asian Affairs”, che si occupava tradizionalmente di Cina, Giappone, le due Coree, l’Asia del Sud-Est e l’Australia, con l’ufficio del “South Asia”, storicamente competente per il subcontinente indiano (India, Nepal, Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka).

Una nuova dottrina dell’Indo-Pacifico sta dunque prendendo forma e riguarderà la definizione di strategie e di nuove “policies” per contenere la Cina e al tempo stesso costruire un nuovo e articolato sistema di alleanze nel continente asiatico.
Il “focus” sulla Cina coinvolgerà diversi aspetti della strategia di sicurezza nazionale americana: dal rapporto fra tecnologie e sicurezza, ai temi della biodifesa e della sicurezza sanitaria globale, alle questioni militari, ai temi della democrazia e dei diritti umani.
Molti membri del nuovo team sulla “Indo-Pacifico” del Consiglio di Sicurezza
Nazionale hanno espresso negli ultimi mesi una visione molto assertiva e competitiva nei confronti dei Pechino. Si tratta di Laura Rosenberger, già “Chief of Staff” di Anthony Blinken quardo era vice-Segretario di Stato con Obama/Clinton, che guiderà l’ufficio “Cina” del National Security Council e che ha recentemente scritto su Foreign Affairs un lungo articolo sul come i “valori democratici” rappresentino un forte vantaggio competitivo nei confronti di Pechino.
Il confronto a tutto campo fra “democrazie” e “autocrazie” non sarà esclusivamente un confronto di forza e di potere, ma anche di “valori”, e dunque il tema della “promozione e diffusione della democrazia” diventerà di nuovo una priorità nell’amministrazione Biden.
Shanti Kalathil, con due genitori uno indiano e l’altra taiwanese, sarà la coordinatrice dell’ufficio su “Democrazia e Diritti Umani” del Consiglio di Sicurezza Nazionale che si focalizzerà nei prossimi mesi sulle massicce violazioni dei diritti umani i tutta la Cina, dal Tibet, agli Uyghuri dello Xinkiang, fino alla progressiva riduzione delle libertà fondamentali nella città di Hong Kong; sul dossier birmano, dal colpo di Stato dei militari alle persecuzioni dei Rohynga; sulla diffusione di fake news da parte dei regimi autoritari e sul controllo dei social, a cominciare dal cinese Tik Tok che impedisce di postare online ogni tema considerato “sensibile” da Pechino.
Infine Tarun Chhabra, anche lui di origine indiana, che sarà il coordinatore del team su “Tecnologie e Sicurezza Nazionale” che definirà le politiche
dell’amministrazione Biden sui temi cruciali della competizione con la Cina su 5G e intelligenza artificiale.
Questa è la nuova squadra rafforzata che si occuperà della nuova priorità “Asia” nel Consiglio di Sicurezza Nazionale e la politica dell’amministrazione Biden nella grande area dell’Indo-Pacifico sarà sostanzialmente caratterizzata dal “contenimento” e competizione con la Cina; crescente sostegno all’India come partner strategico e come contrappeso a Pechino; rafforzamento della cooperazione politica e militare con le democrazie asiatiche e difesa di Taiwan; denuncia costante delle violazioni dei diritti umani e sostegno alle lotte per la democrazia.

La Cina, sarà per i prossimi anni il primo competitor globale degli Usa e il soggetto che rappresenta le maggiori minacce politiche, militari ed economiche: “la Cina – ha recentemente ricordato Campbell – cerca di dominare le tecnologie all’avanguardia, comprese il 5G, l’intelligenza artificiale e la biogenetica, per sfruttarle al servizio della promozione di un modello autoritario di società”. Il dominio cinese in queste tecnologie è considerato, dunque, dall’amministrazione
Biden una minaccia esistenziale per le società libere. Da qui, l’impegno a “lavorare a stretto contatto con agli alleati e con i paesi amici per impedire l’acquisizione cinese di ulteriori capacità militari e strategiche”.
L’India sarà il vero nuovo partner strategico globale degli Usa nell’Indo-Pacifico, a cominciare dalle politiche sulla sicurezza, sulle quali l’amministrazione Usa attribuisce all’india un ruolo di leadership nel mantenimento della sicurezza
nell’Oceano Indiano. Il rafforzamento della cooperazione strategica a tutto campo fra India e Usa potrebbe essere una delle vere novità dell’amministrazione democratica e oggettivamente un “game changer” negli equilibri globali dell’Indo-Pacifico.
Cresce in America, come Usa, l’idea di integrare l’alleanza transatlantica con un alleanza indo-pacifica che potrebbe vedere proprio nell’India un solido pilastro intorno al quale consolidare una forte alleanza fra le democrazie asiatiche e l’Occidente. In questo contesto la nuova amministrazione Biden prevede di assegnare sempre più forza e struttura al modello “QUAD”, l’accordo di cooperazione sulla sicurezza fra Usa, India, Australia e Giappone, che molti vorrebbero trasformare in una vera e proprio accordo internazionale di difesa a tutto campo fra le democrazie dell’indo-pacifico. Una sorta di “Nato d’Oriente” per contenere ancora una volta le ambizioni di Pechino.
Il Segretario di Stato Anthony Blinken, ha recentemente confermato questa linea, annunciando un più forte impegno della nuova amministrazione per rafforzare i legami con gli alleati dell’Indo-Pacifico, a cominciare da Australia, Giappone e India per costruire una solida coalizione fra le grandi democrazie asiatiche per contenere l’espansionismo cinese.
Nella stessa direzione vanno anche collocate le diverse iniziative del’amministrazione americana per inglobare nuovi paesi, come le Maldive, il
Bangladesh e Sri Lanka, nel progetto della “Free and Open Indo-Pacific Initiative”, promosso dal Giappone e fortemente sostenuto dall’India.

L’amministrazione Biden non ridurrà il sostegno a Taiwan e anzi è possibile un incremento della cooperazione militare per consentire a Taiwan di sviluppare un’efficace e autonoma capacità di difesa asimmetrica in grado di garantire la
propria libertà e sicurezza. Washington è convinta che la Cina adotterà misure sempre più assertive per costringere l’unificazione con Taipei, compresa l’opzione militare e non vuole farsi trovare impreparata.
La Corea del Nord non è più considerata una minaccia strategica, ma al tempo stesso si prevede di massimizzare la pressione su Pyongyang utilizzando tutti gli strumenti economici, diplomatici, militari, di intelligence per bloccare i programmi di costruzione di armi di distruzione di massa. La denuclearizzazione della penisola rimane prioritaria e per raggiungere l’obiettivo verrà incrementato il sostegno militare a Corea del Sud e Giappone, insieme alla promozione di azioni per avvicinare di più le due democrazie asiatiche, spesso distanti su molti dossier.
Infine l’obiettivo per i paesi del Sud-est asiatico sarà quello di sostenere il processo di integrazione regionale avviato dall’’ASEAN (l’Associazione dei Paesi
del Sud-Est asiatico) e di incrementare il loro coinvolgimento nell’architettura di
sicurezza della regione. Vietnam, Indonesia, Thailandia e Filippine andranno sempre di più coinvolti in un modello economico integrato in grado di offrire una credibile alternativa al progetto della Via della Seta cinese e saranno sostenuti da Washington nelle loro rivendicazioni nel Mar Cinese Meridionale.
Infine Myanmar rimarrà un “sorvegliato speciale”. Se la violenta repressione della minoranza Rohynga, aveva già acceso più di un riflettore su una transizione democratica che aveva tradito troppe aspettative, il recente colpo di stato militare rappresenta un forte campanello di allarme. L’amministrazione Biden vuole evitare che Myanmar finisca definitivamente nella sfera di influenza cinese e sosterrà apertamente la Lega Nazionale per la Democrazia e la presidente Aung Sun Suu Khy, eletta con una maggioranza schiacciante poche settimane fa.

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