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All’Olimpico uno spettatore stende con un accendino l’arbitro svedese Frisk, reo di un arbitraggio provocatorio e peraltro recidivo. Si scatena una polemica tra quelli che “è un atto grave”, “ma dove andremo a finire” e quelli che invece “ogni tanto prendersi una rivincita fa bene e ci fa sentire liberi”.

Durante l’intervallo della gara di Champions League Roma-Dinamo Kiev l’arbitro svedese Frisk è stato colpito alla fronte da un accendino ed ha dovuto sospendere la partita perché non più in grado di continuarla. I tifosi erano esasperati per atteggiamenti che avevano ritenuto provocatori e perché memori dei referti a senso unico compilati dallo stesso arbitro al termine di un famoso Roma-Galatasaray.


Il gesto e le prevedibili conseguenze (una stangata alla società e lunga squalifica dello stadio Olimpico) hanno provocato aspre polemiche. Da un lato quelli del “politicamente corretto”, quelli del “vivere civile”, del “così non si risolve niente”, del “è un atto grave, scandaloso”, del “siamo nel 2004”; dall’altro molta gente comune e ruspante che si dice che in fondo colpirne uno per educarne cento non è così sbagliato e che “ogni pazienza ha un limite” e che “così impareranno a rispettarci” e che “la dignità non ha prezzo”. Molto interessante lo spartiacque che si è venuto a creare e che forse non si limita al pallone ma coinvolge il modo di affrontare una realtà in cui siamo stati espropriati di tutto e privati di ogni possibilità di affermazione e, talvolta, abbiam voglia di riprenderci la libertà negata con un gesto liberatorio dal gusto forte, che ci restituisce aria ai polmoni.


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