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Catene mentali

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Se queste sono le critiche come civiltà siamo al capolinea

Va bene esagerare, va bene cercare di anticipare i tempi, ma questa volta l’Adidas ha davvero fatto traboccare il vaso: le scarpe presentate il 14 giugno scorso hanno fatto scalpore, ma questa volta in negativo, suscitando indignazione e rabbia in chi ha voluto leggere nel loro design un rimando all’idea di schiavitù e razzismo.
Chi ha pensato a come strutturare queste scarpe da ginnastica, il funambolico Jeremy Scott, con tutta probabilità non voleva offendere nessuno, ma a vedere le reazioni del web e soprattutto di Facebook l’intento non è stato raggiunto.
Le JS Roundhouse Mid, questo il nome delle scarpe sotto accusa, si presentato con degli elementi mai visti prima in un paio di scarpe: parliamo di un paio di manette arancioni, che rimandano attaccate alle scarpe con dei ganci. Il che, secondo gli utenti letteralmente impazziti, ricorderebbe troppo le catene legate ai piedi dei deportati di colore.
Se queste sono le critiche come civiltà siamo al capolinea.
Ma non sarà che tutto questo accanimento dipende dal fatto che Adidas fu fondata da Adolf “Adi” Dassler, fervente nazionalsocialista che chiamò il figlio Horst come il Caduto che aveva composto l’inno?
E poi che? Le catene ai piedi le hanno portate solo gli africani? Tutti i condannati a morte per collaborazionismo in Francia, ad esempio, dove li mettiamo? Imbecilli!

 

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