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C’è chi può

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Alcuni hanno il diritto di massacrare i civili

 

Sono sempre amici dei “liberatori”.

KOSOVSKA MITROVICA – Il fiume Ibar, simbolo della persistente contrapposizione etnica in Kosovo, è il confine naturale che divide la parte sud di Kosovska Mitrovica, a maggioranza albanese, da quella nord, a maggioranza serba. Quattro ponti – due dei quali attraversabili solo a piedi – sono l’unico passaggio che collega le due parti della città. A controllare i ponti, una volta teatro di scontri e rappresaglie tra serbi e albanesi e monitorati costantemente da cecchini, ci sono i carabinieri italiani del Reggimento Msu (Multinational Specialized Unit) che fanno parte della missione militare Kfor (Kosovo Force) dal 1999 e dall’Eulex (European Union Rule of Law Mission in Kosovo), che dal 2008 ha preso il controllo dei servizi di polizia, giustizia e dogana. Una città per due amministrazioni: una serba, nella parte nord, una kosovara nella parte sud. Kosovska Mitrovica viene considerata il “capoluogo” del Kosovo del Nord dove, nella parte a maggioranza serba, sono presenti tutte le istituzioni riconosciute da Belgrado ma non dal governo secessionista di Pristina.
I segni indelebili della guerra. Nonostante siano passati quattordici anni dal conflitto e cinque da quando il Kosovo ha dichiarato l’indipendenza dalla Serbia, le macerie dei micidiali raid Nato sono ancora visibili. Altrettanto visibili sono le rovine delle case distrutte dagli attacchi dei militanti per la liberazione del Kosovo dell’Uck (Ushtria Çlirimtare e Kosovës) e dei miliziani pro-Milosevic. L’indipendenza è avvenuta il 17 febbraio 2008, dopo un lungo braccio di ferro con Belgrado, che non l’ha mai riconosciuta, insieme a diversi Paesi come Russia, Cina, Venezuela, Spagna e Romania.
Circa 1.800 persone sono ancora disperse. Quella guerra è costata la vita a circa 13 mila persone e circa 1.800 – in gran parte serbe – sono tutt’ora disperse. A questo bisogna aggiungere l’incalcolabile numero – ancora in aggiornamento – di vittime di leucemia e cancro, molto probabilmente provocate nel tempo dalle radiazioni delle bombe a uranio impoverito. Amnesty International, attraverso Sian Jones, esperta per le questioni del Kosovo, ha recentemente denunciato gli scarsi risultati ottenuti dalla missione civile dell’ONU in Kosovo (Unmik). “Il fatto che l’Unmik non abbia indagato sui ripetuti e sistematici attacchi contro i civili, come pure su possibili crimini contro l’umanità, ha contribuito al clima di impunità che regna in Kosovo”. Ed ha aggiunto: “Bisogna fare piena luce sulla sorte di tutte le persone che risultano ancora scomparse”.
Alto tasso di disoccupazione e povertà. Secondo gli ultimi dati forniti dall’Agenzia statistica nazionale del Kosovo il tasso di disoccupazione supera ancora il 35%. La rilevazione è stata effettuata sull’intero territorio kosovaro – compresa la parte nord del Paese a maggioranza serba – su un campione di persone fra i 15 e i 64 anni. Lo stesso rapporto sottolinea come una fetta maggioritaria della popolazione “potenzialmente attiva” non cerca affatto lavoro. Il salario medio mensile nel settore privato è la metà rispetto alla vicina Macedonia e non ci sono segnali di sviluppo. Sempre secondo l’Agenzia statistica, sono state 924 le imprese che hanno fallito nel 2011. I dati che ci arrivano dalla Banca mondiale non sono certo migliori: un terzo dei meno di due milioni di kosovari vive ufficialmente con neanche un dollaro al giorno. A ciò va aggiunto che il territorio del Kosovo – il più povero dell’area balcanica – è ritenuto covo di criminalità e traffici inconfessabili.
La tensione si fa alta in vista delle elezioni. L’agente lituano dell’Eulex, Audrius Šenavicius, è rimasto ucciso il 19 settembre scorso durante una sparatoria avvenuta sulla strada che collega Kosovska Mitrovica alla frontiera serba di Jarinje, nelle vicinanze del villaggio di Zve? an. Lo scontro a fuoco ha coinvolto due veicoli dell’Eulex che trasportavano sei agenti diretti al turno di servizio nel posto di frontiera. L’attacco è arrivato a meno di due mesi dalle elezioni municipali che si terranno in tutto il Kosovo il 3 novembre 2013. Proprio in quei giorni la violenza – oggi abbastanza isolata – potrebbe accentuarsi. Molti politici locali, soprattutto i serbi che non riconoscono le autorità di Pristina, sono a favore del boicottaggio. Nei prossimi giorni potrebbero alzarsi nuove barricate e nuovi scontri potrebbero colpire anche i ponti che dividono in due Kosovska Mitrovica, simbolo della resistenza serba.

 

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