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Cefalonia: ingiustizia è fatta

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La testimonianza del figlio di uno dei fucilati

Orfano del magg. Federico Filippini Comandante il Genio della Div. ‘Aqui’ fucilato a Cefalonia il 25 settembre 1943

 

Lo scorso 18 ottobre l’ ex caporale della Wehrmacht Alfred Stork è stato condannato all’ergastolo dal Tribunale Militare di Roma per aver fatto parte di un plotone che fucilò gli Ufficiali della Div. ‘Aqui’ a Cefalonia definiti nel capo di imputazione ‘prigionieri di guerra’. Questo il dispositivo della Sentenza di cui si attendono le motivazioni.
Tutto a norma di legge beninteso, ma l’analisi dei fatti su cui si fonda la sentenza è stata rettamente compiuta o ci sono delle inesattezze od omissioni di carattere storico che in qualche misura possono inficiarla?
Ad avviso dello scrivente – e non solo – la risposta non può che essere positiva essendo indubitabile che tra le tante cose non dette o consapevolmente taciute durante l’istruttoria del processo ce n’è una fondamentale e cioè che la ‘Aqui’ non stava a Cefalonia ‘sua sponte’ o per diporto ma era una delle sette divisioni occupanti la Grecia – isole comprese – che facevano parte dell’XI Armata italiana il cui Comandante gen. Carlo Vecchiarelli, il giorno 9 settembre, subito dopo la notizia dell’armistizio con gli Alleati, dal suo comando di Atene ordinò alle dipendenti Divisioni – compresa ovviamente la ‘Aqui’- di cedere le armi pesanti ai tedeschi non per un ottuso filo – germanesimo ma unicamente perché l’esame della situazione non consentiva di prendere iniziative contro gli stessi aventi una qualche possibilità di successo. Tutte le divisioni (tranne la ‘Pinerolo’ il cui comandante gen. A. Infante non obbedì all’ordine alleandosi con i partigiani comunisti greci che successivamente non rispettarono i patti massacrando a migliaia i nostri militari), obbedirono immediatamente a tale ordine pervenuto anche a Cefalonia dove il gen. Gandin consultò i Comandanti di Corpo della divisione che furono favorevoli alla sua esecuzione come unica soluzione della situazione di ‘impasse’ creata dall’armistizio badogliano.
Purtroppo come è noto ci furono alcuni uff. li inferiori, quasi tutti di complemento, i quali – al di fuori e contro ogni norma disciplinare – incitarono parte dei loro soldati appartenenti in larga misura all’Artiglieria e al Distaccamento della Marina di Argostoli, a ribellarsi all’imminente ordine di cessione delle armi da parte del gen. Gandin senza riflettere che egli non l’avrebbe emanato di sua iniziativa ma in esecuzione di quello ricevuto dal Comando di Armata. Avvennero così episodi di insubordinazione gravissimi quali il lancio di una bomba contro l’auto del gen. Gandin o l’uccisione di un Capitano – Pietro Gazzetti – il quale mentre si recava al convento delle Suore Missionarie di Argostoli – per ordine di Gandin – a prelevare con un autocarro le stesse per portarle in ospedale ritenuto luogo più sicuro venne bruscamente fermato da un Capo di Marina di 2ª classe (il nome è riportato nei miei libri) che gli intimò di consegnargli il camion per adibirlo a servizi della marina. Al rifiuto del Capitano, costui estratta una pistola gli sparò come riferì Padre R. Formato urlando: “Anche voi appartenente alla schiera vigliacca dei traditori!”. Il povero capitano morì dopo due giorni di agonia all’ospedale ma la sua morte – in linea con le fandonie raccontate nel dopoguerra – venne fatta passare nel suo Stato di Servizio come ‘avvenuta per fucilazione da parte dei tedeschi’! Questi ed altri fatti altrettanto gravi come il fuoco aperto di loro iniziativa contro due motozattere tedesche dalle batterie dei due ‘rivoltosi’ più agitati – il cap. Pampaloni e il ten. Apollonio, vedi http://www.storiain.net/arret/num123/artic7.asp – causarono continui rinvii dell’esecuzione dell’ordine di Vecchiarelli permettendo al fuggiasco governo Badoglio – una volta giunto a Brindisi – di inviare il 13 settembre al malcapitato Comandante della ‘Aqui’ ancora in preda al caos provocato da militari indegni, un ordine opposto a quello del Comando di Armata che malgrado tutto il gen. Gandin stava per eseguire: l’ORDINE DI RESISTERE CON LE ARMI AI TEDESCHI la cui copia è riportata nel link http://www.storiain.net/arret/num162/artic5.asp).
Tale Ordine cui Gandin – per la sua provenienza dal legittimo governo – si vide ‘costretto’ ad obbedire fu, in definitiva, la CAUSA PRIMA DELLA TRAGEDIA poiché venne inviato SENZA CHE IL GOVERNO BADOGLIO AVESSE PREVENTIVAMENTE DICHIARATO GUERRA ALLA GERMANIA con la conseguenza che i nostri Militari – durante e dopo i combattimenti – non poterono godere della TUTELA riservata ai ‘PRIGIONIERI DI GUERRA’ dalla Convenzione di Ginevra essendo il loro ‘status’ – in assenza di uno stato di guerra dichiarato – quello di ‘franchi tiratori’ come tali fucilabili appena catturati.
Queste le risultanze storiche della vicenda cui fanno riscontro solo sciocchezze di molti ignoranti (dal verbo ‘ignorare’) o di personaggi politicizzati per i quali la vicenda di Cefalonia dette addirittura inizio alla Resistenza ‘partigiana’ per effetto di un ‘referendum’ indetto da Gandin tra la truppa che all’unanimità avrebbe deciso – in nome di un preesistente e viscerale antifascismo – di combattere e…morire contro l’odiato nemico tedesco fino a poche ore prima suo alleato!
In ciò buona parte di responsabilità ebbe Ciampi nel suo farneticante discorso del 1 marzo 2001 a Cefalonia in cui raccontò la favola su accennata molto bella ma assolutamente non rispondente alla verità… come tutte le favole.
Ad ulteriore smentita di quanto sopra ci piace riportare il testo del drammatico colloquio svoltosi il 29 settembre 1943 – quando la tragedia di Cefalonia si era consumata – a bordo della corazzata Nelson nelle acque di Malta in occasione della firma del cosiddetto ‘armistizio lungo’ tra Badoglio e i membri del suo ‘governo’ con il Comandante in Capo Alleato gen. Eisenhower che invitò Badoglio a dichiarare guerra alla Germania per evitare che i nostri Militari caduti in mano tedesca fossero fucilati come ‘partigiani’ o ‘franchi tiratori’ come già avvenuto purtroppo per i nostri Ufficiali alla tristemente nota ‘Casetta Rossa’.
Il testo è il seguente e non abbisogna di commento alcuno tanto e tale è il suo agghiacciante contenuto: «EISENHOWER: “Desidero sapere se il governo italiano è a conoscenza delle condizioni fatte dai tedeschi ai prigionieri italiani in questo intervallo di tempo in cui l’Italia combatte la Germania senza averle dichiarato guerra”. AMBROSIO: “Sono sicuro che i tedeschi li considerano partigiani”. EISENHOWER: “Quindi passibili di fucilazione?” BADOGLIO: “Senza dubbio”. EISENHOWER: “Dal punto di vista alleato la situazione può anche restare com’è attualmente, ma per difendere questi uomini, nel senso di farli divenire combattenti regolari, sarebbe assai più conveniente per l’Italia dichiarare la guerra”».
Quanto sopra è più che sufficiente a rappresentare l’anomala situazione esistente sotto il profilo ‘storico’- nel cd ‘Processo Stork’ in cui, a prescindere dall’aberrazione di considerare come ‘responsabile volontario’ di una fucilazione un ventenne caporale comandato ad eseguirla, si sono qualificati – NELLA RICHIESTA DEL PM E NEL DECRETO DI RINVIO A GIUDIZIO dell’imputato – come ‘PRIGIONIERI DI GUERRA’ i nostri poveri Ufficiali costretti ad eseguire un Ordine Governativo dai contenuti infami perché inviato SENZA CHE una Guerra esistesse con il risultato di porre gli stessi al di fuori della TUTELA prevista dalla Convenzione di Ginevra sui ‘combattenti regolari’ caduti prigionieri : una circostanza questa, che mi ha costretto come da mia lettera al quotidiano LIBERO a dire ADDIO ad un processo cui – come figlio di un Ufficiale fucilato alla Casetta Rossa – avrei certamente partecipato qualora fossero stati rispettati i fatti storici su cui esso si fondava. V. link http://www.liberoquotidiano.it/lettere/12692/CEFALONIA-ADDIO-AL-PROCESSO–STORK-.html.
In conclusione ritengo che la condanna dello Stork – alla luce di quanto sopra – sia una più che evidente strumentalizzazione dei fatti raccontati contro e al di fuori di un qualsiasi contesto storico accettabile dal PM De Paolis e dai Difensori delle uniche due Parti Civili oltre che dalle solite ANPI e Ass. Aqui che hanno monopolizzato un processo in cui l’ha fatta da padrona l’ideologia – naturalmente di Sinistra – e la Storia – quella vera – è rimasta fuori della finestra.
Costoro sembra che abbiano toccato con un dito il cielo ottenendo la peraltro assai facile e scontata condanna di un caporale all’epoca ventenne essendo risultato perfettamente inutile quanto – in linea con le mie osservazioni – è stato prospettato al Collegio giudicante dall’ avv. Zaccaria difensore dell’imputato.
Tanto valeva che si fosse limitato a chiedere la clemenza della Corte…evitando sguardi di sopportazione dagli esponenti della Sinistra presenti in forze in un’ Aula rievocante più che quella di un Tribunale della Repubblica italiana una sede del vecchio PCI degli anni d’oro.
Quale nota finale, oltre a confermare per l’ennesima volta che i Morti a Cefalonia in totale furono meno di 1700 (basta recarsi all’Ufficio ALBO D’ORO dei Caduti del Min. Difesa per averne conferma) ribadisco che non corrisponde a verità l’affermazione del PM e degli Avvocati di Parte Civile secondo cui i nostri poveri Ufficiali fucilati fossero PRIGIONIERI DI UNA GUERRA …INESISTENTE come scrissi al GUP dr. Rolando prima di abbandonare definitivamente il processo.
Ignoro dove costoro possano aver letto tale corbelleria ma non m’interessa più di tanto.
IO, STO CON EISENHOWER.

Post Scriptum

Sulla tragedia ho pubblicato tre libri ed ho scritto un gran numero di articoli, facilmente reperibili anche nel web dove gestisco il sito www.cefalonia.it che ha contribuito a sfatare le tante menzogne propagandate sulla vicenda – spacciata per atto di Resistenza Partigiana e non Militare come in effetti fu – aumentando a dismisura le Vittime che furono meno di un quinto delle 10.000 asserite da decenni e smentite dai dati dell’Ufficio ALBO D’ORO dei Caduti del Min. Difesa a Roma.

 

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