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Centro di gravità permanente

Abbandoniamo subito le aspettative e le ansie e i deliri che ne conseguono

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“È un disastro: un sistema postumanista, tecnologizzato, totalizzante, che ci ha trascinati in un 1984 senza via d’uscita!”

“È fantastico: il sistema ha i giorni contati, l’oligarchia ha perso il controllo, le sue follie woke la stanno facendo crollare”.

“È impossibile qualsiasi soluzione: la gente ha il cervello lavato, sono zombie, incapaci d’intendere, di volere, di osare”.

“È bellissimo: il buon senso sta prendendo il sopravvento e fa saltare le strutture stesse dalla globalizzazione”.

“Sta nascendo il modo multipolare”.

“Si sta ristrutturando il potere oligarchico mondiale, riducendo i nostri spazi e togliendoci il futuro”.

Un’altalena di emozioni e di convinzioni, che convivono nelle nostre teste e che si esprimono alternativamente dalle nostre labbra facendo a pugni tra di loro.

Perché?

Semplicemente perché ci siamo abituati a essere passivi: aspettare, delegare, sperare, come gli ergastolani fanno nella grazia o gli innamorati abbandonati nel ritorno di chi li ha lasciati.

Così si ripongono le proprie aspettative da impotenti in altri, in personaggi esotici che cambiano di volta in volta, tipo Putin o Trump e altri ceffi prima di loro.

Personaggi esotici che vengono puntualmente rappresentati dagli impotenti molto diversi d quello che sono, attribuendo loro delle volontà che non hanno mai avuto.

Ma non è tanto questo che importa, quanto il fatto di attribuire a qualcuno la propria virilità che non c’è più.

Come quelli che, travisando la storia ancora una volta, hanno festeggiato l’ottantesimo anniversario della sconfitta dell’Italia nel 1945 ringraziando i giovani venuti da oltreoceano per “liberarci”. Perché, al di là della puntuale mistificazione del fascismo e della presunta resistenza, il fatto stesso di pretendere che un popolo per essere liberato debba ricorrere agli stranieri è rivelatore di quanto si sia mosci dentro.

Non ha alcuna importanza quale delle nostre risposte alle ansie esistenziali sia la meno errata, il fatto è che dovremmo smetterla di porci domande angosciate.

Nulla può andare nella direzione giusta se non parte dal centro, ovvero dall’essenziale.

L’essenziale è semplice. Si tratta di essere nella linea storica con ciò a cui apparteniamo, di avere una visione centrata sul nostro popolo, sulla nostra nazione, sulla sua matrice e sul suo destino, che sono europei.

Si tratta di agire costruttivamente e organicamente, con animo lontano da qualsiasi angoscia, per riempire culturalmente, economicamente e politicamente i vuoti sociali determinati dall’aridità capital-comunista.

Si tratta di agire su di sé, come nel più corretto spirito marziale, come da saggezza guerriera, per vincere il primo nemico, che è dentro di noi e che è proprio quello che ci spinge ad affidarci a qualcun altro, perché questo accade solo se non siamo forti spiritualmente.

Imperium è la risposta, è l’asse verticale e soprattutto interiore. Quando lo si percepisce si acquisisce anche stile e si è sempre e comunque liberi.

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