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Chi ha paura dei legionari?

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E intende squalificare Ronchi fino al rango partigiano


RONCHI DEI LEGIONARI Una contrapposizione pacifica. Anche se la distanza resta, incolmabile. Legionari o Partigiani: alle spalle dell’antico nome di Ronchi distinguibile ed unico appare il richiamo alla marcia su Fiume che Gabriele D’Annunzio guidò all’alba del 19 settembre 1919. Così, venerdì sera, ai piedi della colonna romana che ricorda l’impresa, si è consumata la tradizionale cerimonia promossa dalle sezione di Fiume della Lega Nazionale e dal comitato per la valorizzazione storico-letteraria di Gabriele D’Annunzio. Cerimonia che, tra gli altri, ha visto presente anche il sindaco, Roberto Fontanot, che già da alcuni anni, assicurando la partecipazione della municipalità ronchese, ha avviato una sorta di riappacificazione con il passato. Molti i labari delle delle associazioni combattentistiche e d’arma e tanti ronchesi. «Sono convinto – ha detto Adriano Ritossa – che l’opuscoletto realizzato per l’occasione, dove abbiamo riportato alcuni stralci della Carta Del Carnaro, ovvero della costituzione della Reggenza di Fiume, trattata in modo magistrale dal professor Fulvio Rocco, abbia non solo informato quanti vogliono conoscere la storia ma pure dimostrato anche agli scettici la trasversalità del Fiumanesimo e posto nella giusta evidenza la figura del poeta-soldato. Crediamo di aver fatto una azione di formazione civica per tutti i cittadini e, così come annunciato nel corso della manifestazione, per il prossimo anniversario provvederemo alla stesura di un libro, in modo da fornire un quadro storico degli eventi ancora più esaustivo ed ampio». Sul fronte opposto, con un presidio i piazza Unità, coloro i quali spingono per arrivare a Ronchi dei Partigiani. «Esistono altre marce – è stato detto – che hanno visto Ronchi come soggetto invece che come inconsapevole testimone come per quella di D’Annunzio e dei suoi legionari che ne dà il suffisso a partire dall’epoca fascista. Le marce per cui Ronchi e la sua popolazione meritano di essere ricordati furono perlomeno tre e videro colonne di uomini e donne attraversare la cittadina isontina nei giorni successivi all’8 settembre del 1943». La prima delle marce è quella che vede gli operai salire sul Carso a costituire la Brigata Partigiana Proletaria la cui storia gloriosa e tragica. La seconda è quella fatta dagli internati sloveni e croati nei campi di concentramento per slavi approntati dallo stato italiano anche in località a noi vicine quali Visco, Gonars e Sdraussina. L’altra marcia che attraversa in senso opposto pressapoco negli stessi giorni Ronchi è quella dei militari italiani che dopo l’armistizio dell’8 settembre, ma in particolare la storiografia jugoslava parla di rotta o capitolazione che pare definizione più appropriata, rientravano dalla campagna di occupazione dei Balcani in cui si erano macchiati di orrende gesta. «È a queste tre marce, forse meno note e meno teatralmente rivoluzionarie – si è proseguito – che Ronchi e la sua popolazione hanno dimostrato il proprio valore. Valore che non è militare ma che parte dal grande cuore di questa località e dei suoi abitanti».

 

 

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