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Come creano il clima per insanguinare il Giubileo

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Istigazione a innescare spirali

La vicenda dell’accoltellamento di Nathan Graff, per come è gestita dai media, è un chiaro esempio di come il “frame” voglia a tutti i costi accreditare una versione dei fatti che non solo fino ad ora non è stata confermata, ma che  anzi per il momento sembra andare addirittura in direzione opposta.
Inizia di mattina presto il Corriere della Sera, che titola in prima pagina: “Accoltellato ebreo, paura a Milano!“, e fa seguire due paginate di puro terrore, con titoli come “Noi siamo senza donne, moriremo felice per Allah”, “Il Mullah che istruiva i martiri”, “Ci sentiamo tutti minacciati: intorno a noi c’è un clima di odio ma non rinunceremo ai nostri simboli” e via dicendo. Titoli che dettano chiaramente la linea (o la ricevono). Inutile spiegarvi che ogni giorno, in Italia, ci sono Dio solo sa quanti accoltellamenti. Fuori dalle discoteche, allo stadio, nei condomini, nelle periferie degradate… Nessuno ci apre la prima pagina. Il punto è che qui ad essere stato accoltellato è un “ebreo”. E questo non è un dato, ma una sentenza. Tanto che lo scrivono proprio nel titolo, e meno male che loro sono quelli che lottano contro la discriminazione razziale.
E chi poteva essere ad aprire le danze, se non l’immancabile, immarcescebile Pigi Battista? E come poteva chiamarsi il suo editoriale da urlo, se non “I pregiudizi e l’odio“? Già ieri sera, quando il fatto era appena avvenuto e lui doveva scrivere l’articolo da dare in pasto alle rotative questa notte, il nostro infaticabile artigiano delle articolesse aveva scritto il suo bravo pezzo, pieno di frasi come “si colpisce l’ebreo come incarnazione del sionista, dovunque si trovi, per la sola colpa di esistere“, “l’Italia deve preoccuparsi“, “l’odio antiebraico cammuffato da odio antisionista“, “Un segnale, terribile, da non sottovalutare“.
Tutto chiaro, dunque, per Pigi, giusto? Sembrerebbe di sì, tranne che per il fatto che nel suo stesso articolo scrive: “È ancora tutto da verificare quello che è accaduto ieri sera a Milano, la dinamica dell’aggressione, l’identità dell’attentatore, lo spunto da cui è partito l’agguato“. Battista riesce nell’improbabile intento di ficcare nello stesso articolo la granitica certezza della matrice antisionista/antiebraica dell’attentato e la candida ammissione – dove è costretto a riportare i fatti come un qualunque reporter alle prime armi – che non si conoscono ancora i motivi dell’aggressione. Ma fa niente: la tesi doveva essere sostenuta e ci voleva qualcuno che non si facesse molti scrupoli.
Per Pigi (e per il Corriere) le cose si mettono male intorno alle 13 di oggi, quando Radio24 manda in onda una breve intervista a Milo Hasbani, co-presidente della comunità ebraica di Milano. Il quale, molto correttamente, non parla di aggressione per motivi legati alla razza o alla religione, ma anzi, al contrario, sottolinea con chiarezza che non vi è nessun elemento che possa ricondurre l’attentato alla matrice terroristica o pregiudiziale nei confronti degli ebrei. Bene, se è la stessa comunità ebraica a dire che probabilmente non è l’odio verso gli ebrei ad avere armato la mano che ha inferto 7 coltellate a Nathan Graff, allora si può tranquillamente affermare che Pigi Battista ha perso l’ennesima occasione per dimostrarsi un giornalista in gamba. Anzi, un giornalista.
Nel frattempo le dichiarazioni del mondo della politica e dell’opinione fluiscono come se piovesse. Neppure loro, ovviamente, sanno un accidenti di nulla sui veri motivi retrostanti l’aggressione, ma quando si tratta di uniformarsi al coro del politically correct, allora non si fanno scrupolo di diventare tutti complottisti convinti. Fiamma Nirestein: “L’Europa è percorsa dall’Israelofobia“. Emanuele Fiano (PD): “Aspetteremo le ipotesi degli inquirenti. Ma è ovvio che il pensiero di tutti corre verso un episodio di violenza antisemita“. Mariastella Gelmini: “Solidarietà alla comunità ebraica: clima di odio e intolleranza“. Mara Carfagna “condanna il terrorismo antiebraico“. Maurizio Lupi condanna “ogni forma di antisemitismo“. E così via… Insomma: sono tutti sicuri.
Ma non è finita, perché adesso arriva SkyTG24, che all’ora di pranzo manda in onda un servizio dove un’orda di inviati per-nulla-prevenuti, microfono alla mano, assaltano di domande viziose Milo Hasbani, cercando in tutti i modi di fargli dire che l’attentato è un atto diretto contro la comunità ebraica in quanto tale. Lui resiste stoicamente, sottolineando più volte che mancano gli elementi sostanziali per far pensare a un attentato di quella matrice (per esempio l’aggressore non pronuncia nessuna frase in arabo, cosa che invece è caratteristica delle intifade, oppure banalmente l’atto violento non è stato rivendicato da nessuno), quando si sente chiaramente un breve taglio nel montaggio e una frase che suona come “può essere che lo sia“. Ma si capisce chiaramente che quelle parole facevano parte di un ragionamento più ampio che suonava più o meno come ‘certo, se l’aggressore ce l’aveva con gli ebrei, allora può essere che lo sia‘, della serie: può essere tutto e niente, ovvero ‘nella vita non si può mai dire‘. Tant’è vero che nel video completo pubblicato sul web, questo taglio non c’è e il senso non si può fraintendere.
Sbatti il mostro in prima pagina
Ma la parte comica deve ancora arrivare: sul posto, inviati di SkyTg24, ci sono un paio di cronisti, una donna e un uomo. La donna, forse la figlia segreta di Pigi Battista, si dà da fare in tutti i modi per dimostrare che si tratta chiaramente di un’atto antiebraico/antisionista. La prova? “Nathan Graff era un omone, e dunque [e dunque cosa?] l’aggressore voleva proprio colpire lui, in quanto ebreo“. Chi? Cosa? Come? Siccome uno è “un omone”, allora l’aggressore ce l’ha con gli ebrei? Quindi se ne deduce che se Jihadi John in persona avesse accoltellato un ebreo di piccola statura, allora nulla si sarebbe potuto dire fino al completamento delle indagini? Oppure intendeva forse dire che uno potrebbe pensare che l’attentatore se ne stesse andando in giro con l’idea di colpire qualcuno a caso, ma poi avendo visto Graff che non si poteva non vedere (in quanto omone) e aveva (pensate un po’) una bella kippah in testa, abbia accoltellato proprio lui, in quanto ebreo (o in quanto ‘omone’)?
La ragazza (che ha le idee un po’ confuse) riesce anche lei nell’improbabile impresa di mescolare frasi come quelle che avete appena sentito con affermazioni che riportano lo stato delle indagini, che al momento del suo reportage non registravano alcun elemento che facesse pensare a un attentato di matrice islamica o antisionista, ma anzi propendevano per un volgare “tentato omicidio” qualunque. Lo stesso fa il secondo cronista inviato sul luogo (uno non bastava), sottolineando come fosse chiaro il collegamento del caso in oggetto con l’intifada (su quali presupposti, lo sa solo lui), ma infilando nello stesso pezzo (senza colpo ferire, così, en passant) come lo stato delle indagini indicasse piste diverse, perfino opposte.
Dobbiamo dunque pensare che adesso le indagini le fanno i cronisti, e il parere degli inquirenti vale tanto quanto quello di uno che passava di là per caso, o peggio, degli spin doctor? Ma lo sanno, gli investigatori, che Graff è un’omone? La signorina di Sky gliel’ha detto? Non lo sa che omettere dettagli come questo potrebbe farla accusare di complicità con lo jihadismo? Tra l’altro, il fatto che l’aggressore fosse di carnagione chiara e avesse i capelli biondi, lo identifica sicuramente come un arabo. E mi meraviglia come nessuno abbia ancora tirato fuori il califfato.
Ovviamente non finisce qui. Ne sentiremo ancora molte, sulla vicenda e, sicuramente, mille-mila sono le articolesse e le prodezze degli inviati che mi sono perso in questa disamina, ma il punto non è questo. Potrebbe anche saltare fuori che l’attentatore era il pronipote di Bin Laden o di Adolf Hitler, questo non cambierebbe le cose: il mondo dell’informazione mainstream italiana reagisce ad alcuni elementi chiave, ad alcuni attivatori semantici, esattamente come il cane di Pavlov iniziava a salivare quando suonava il cicalino. Per cui, nella migliore delle ipotesi, giornalisti che non sanno fare il loro lavoro si prodigano per ficcare una tela in una cornice, anche se quella cornice è troppo stretta, troppo larga o di forma diversa, molto tempo prima di avere gli elementi per stabilire cosa rappresenta e chi l’ha dipinta. Nella peggiore delle ipotesi, invece, tutte le scuse sono buone per compiacere azionisti sensibili ad alcuni temi e al modo di presentarli.
Chi non l’ha ancora vista, si guardi la mia intervista a Marcello Foa: “Come gli spin doctor manipolano i giornalisti usando il frame“.

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