domenica 18 Agosto 2024

Come finirà la nostra economia?

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La crisi non sembrano sentirla. Gli unici a moltiplicarsi come funghi nelle grandi città italiane, in provincia come in periferia. Spesso lavorano senza essere conosciuti al fisco, per cui i dati elaborati dalla Cgia di Mestre, l’associazione dei piccoli artigiani del Veneto, sono di certo sottostimati, rispetto alla capacità complessiva di piccole e medie imprese a ragione sociale cinese.
LO STUDIO CGIA – Alla fine dello scorso anno hanno superato la soglia delle 54milaunità, scrive un report della Cgia. Rispetto al 2009, la crescita è stata dell’8,5%, mentre le imprese italiane, sempre in questo ultimo anno di dura crisi economica, sono diminuite dello 0,4%. Le aziende italiane guidate da imprenditori cinesi stanno crescendo in maniera esponenziale: tra il 2002 e il 2010 la loro presenza nella nostra penisola è cresciuta del 150,7%. «Pur riconoscendo che gli imprenditori cinesi hanno alle spalle una storia millenaria di successo – dice Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia – la loro forte concentrazione in alcune aree del Paese sta creando non pochi problemi. Spesso queste attività si sviluppano eludendo gli obblighi fiscali e contributivi, le norme in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e senza nessun rispetto dei più elementari diritti dei lavoratori occupati in queste realtà aziendali. Questa forma di dumping economico ha messo fuori mercato intere filiere produttive e commerciali di casa nostra».
LA QUESTIONE SETTENTRIONALE – Al netto delle tensioni si scopre che a tutto il 2010 il maggior numero di imprenditori cinesi si trova in Lombardia (10.998), Toscana (10.503) e Veneto (6.343). Ma la crescita è stata omogenea ed è evidente anche in altre parti del Paese. La presenza cinese, infatti, è aumentata su tutto il territorio nazionale dell’ 8,5%, con picchi nel Trentino Alto Adige. Altro dato interessante riguarda l’incidenza degli imprenditori cinesi sul totale dell’imprenditoria straniera presente in Italia. Questo indicatore si attesta, ormai, all’8,6%. In Toscana, però, arriva a toccare il 18,2% (causa-Prato?), in Veneto il 10,9%, in Emilia Romagna il 9,4% e nelle Marche l’8,8%. Pelletteria, calzature, abbigliamento, i settori dove hanno maggiormente investito. Ma anche alberghiero, bar e ristorazione, le cui attività condotte da titolari cinesi hanno raggiunto le 10.079 unità. La Cina è più vicina.

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