venerdì 19 Luglio 2024

Come abbiamo fatto a non pensarci prima?

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Alcuni intellettuali atlantisti nostrani hanno trovato la soluzione per risolvere il rompicapo irakeno: via le truppe di occupazione, si faccia posto alla NATO. Complimenti, trovata geniale. Come se il problema non fosse l’occupazione in sé ma il colore delle divise dell’occupante.




Un gruppo di “anime belle” (italiane naturalmente è noto che noi
siamo “brava gente”), ha proposto che a garantire le prossime
elezioni “libere” in Iraq non siano le attuali forze di occupazione,
ma truppe della Nato. Fra i proponenti vi sono nomi prestigiosi, si
va da Adriano Sofri (si sa che da noi i pregiudicati hanno
particolare voce in capitolo su qualsiasi argomento) a Giuliano
Ferrara a Piero Ostellino a Marta Dassu a Maria Rita Parsi, dei veri
campioni dell’intellighentia nazionale. La proposta, secondo il
fluviale resoconto che ne ha fatto Sofri su “La Repubblica”, “ha
raccolto una sequela impressionante di adesioni da molti membri del
governo e della maggioranza, a intellettuali di idee varie, a
esponenti non secondari dei Ds e del centro sinistra”.

Ma da quale luna scendono costoro? Come possono pensare che nella
situazione attuale gli iracheni facciano distinzione fra un soldato
americano che spara agli ordini di Washington e uno che spara invece
per conto della Nato, quando qualsiasi straniero che opera in quel
Paese, si tratti di un occidentale o di un nepalese, armato o civile
che sia, è considerato un nemico da eliminare?
E come si può credere che anche gli iracheni più sprovveduti e
ignoranti, ignorino che la Nato è una alleanza sotto il totale
dominio americano, dove gli altri Stati membri hanno la parte dei
paggetti se non quella dei servi?

In Iraq abbiamo provocato una tragedia immane. Cerchiamo almeno di
mantenere un minimo di serietà e di non colorare questa tragedia con
le tinte della farsa che la renderebbero ancora più infame.
Le opzioni sono solo due: o le truppe angloamericane restano fino a
quando non avranno completamente distrutto la resistenza irachena, e
con essa il Paese, edificando poi su questo deserto la parodia di
quella democrazia che sembra stargli tanto a cuore, o se ne vanno
lasciando che gli iracheni decidano da sé il proprio destino e il
proprio futuro, con le armi, se non possono e non riescono a fare

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