Ormai sparisce
Gli artigiani stanno scomparendo: oltre 318mila in meno in Italia negli ultimi dieci anni e quasi uno su cinque manca all’appello senza che sia stato possibile un rimpiazzo. Sono i dati dell’Inps dai quali risulta che in nove anni tra il 2014 e il 2023, questi lavoratori sono passati da 1.775.373 a 1.456.918 con una flessione del 17,94%. In un solo anno, nel 2023 soltanto rispetto al 2022 ne sono scomparsi oltre 70.000 (73.357 unità -4,8%).
In pratica nelle nostre città ci sono sempre meno falegnami, idraulici, sarti e vetrai ma rientrano in queste categorie anche estetiste, acconciatori e gelatai purché facciano in autonomia un’attività di produzione di beni anche semilavorati o di prestazione di servizi.
Artigiani sempre più anziani
La situazione potrebbe peggiorare nei prossimi anni visto la composizione per età: il 59,4% del totale degli artigiani, infatti, ha oltre 50 anni mentre solo il 17,4% ne ha meno di 40. La classe di età tra i 50 e i 59 anni è il 33,9%, seguita dalla classe 40-49 anni (25,2%), gli ultrasessantenni sono il 25,5% e solo il 4,0% ha meno di 30 anni.
Commercianti in diminuzione
A fronte dell’aumento consistente del lavoro dipendente diminuiscono tra gli autonomi anche i commercianti anche se in modo meno rapido. Nel 2023 i commercianti erano 2.051.022 con una flessione dello 0,5% sul 2022 e del 7,97% sul 2014. Anche in questa categoria l’età media è alta con il 53,8% che ha oltre i 50 anni.
Tra i 50 e i 59 anni di età si concentra la quota più elevata di commercianti (29,8%), il 24,2% ha un’età compresa tra i 40 e i 49 anni e il 24,0% ha più di 60 anni. Nel complesso, nelle classi di età dai 40 anni in su, troviamo il 78,1% dei commercianti mentre solo il 6,3% dei lavoratori ha meno di 30 anni. Inps ha pubblicato anche i dati sulla cassa integrazione che evidenziano come a maggio con 47,3 milioni di ore chieste ci sia stato un aumento consistente (+36,7%) rispetto allo stesso mese del 2023, dovuto principalmente alle grandi aziende. Bisognera’ comunque guardare anche al tiraggio (ovvero all’effettivo uso delle ore chieste di cassa) che nel primo trimestre si e’ fermato al 18,85%