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Commissione 11 settembre: le responsabilità di Cheney

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di Paolo Raimondi, presidente del Movimento Internazionale per i Diritti Civili – Solidarietà

Roma, 7 maggio 2004 — Ci sono voluti un anno e sette mesi di battaglie, ma all’inizio di aprile la Commissione Parlamentare del Congresso americano sull’11 settembre ha cominciato a operare. E subito la verità è esplosa in faccia a Cheney e a Bush. L’effetto psicologico provocato dallo choc dell’11 settembre aveva paralizzato la popolazione americana e una efficiente orchestrazione dei mass media aveva mantenuto alto il livello di terrore. Poi l’emergenza della preparazione della guerra in Iraq e la prospettiva di una prolungata guerra preventiva generalizzata e di una guerra al terrorismo infinita aveva eccitato un falso patriottismo accecante. Un anno dopo il preannunciato fallimento dell’invasione dell’Iraq molte cose sono cambiate e i neo conservatori di Dick Cheney sono sulla difensiva.
Il momento è arrivato di far chiarezza sull’11 settembre. Come è stato possibile? Chi lo ha fatto? Chi non ha voluto vedere? E perché? Queste sono alcune delle domande che molti americani, anche settori dell’establishement politico e militare, si stanno ponendo.
La Commissione, presieduta dal repubblicano Tom Kean e dal democratico Lee Hamilton e composta da parlamentari di entrambi i partiti, dopo i primi tre giorni di audizioni ha espresso parole di condanna per l’amministrazione Bush, concludendo che se i vertici del governo si fossero comportati diversamente, la tragedia poteva essere prevenuta. Le accuse dei membri della Commissione sono apparse sulla prima pagina del Washington Post del 17 aprile fianco a fianco con il primo annuncio del libro “Plan of Attack” di Bob Woodward, il noto giornalista che denunciò il caso Watergate che costrinse Nixon alle dimissioni, in cui Cheney è identificato come l’architetto “febbricitante” dell’iniziativa guerrafondaia contro l’Iraq.
In un’audizione l’ex responsabile del Consiglio di Sicurezza Nazionale (NSC) per l’antiterrorismo Richard Clarke ha riferito alla Commissione come Cheney non abbia tenuto neanche un solo incontro della sua task force per l’antiterrorismo prima che si verificasse la tragedia dell’11 settembre. Clarke, che è stato al governo con Bush senior, Clinton e Bush junior, ha pubblicato a marzo un libro intitolato “Contro tutti i nemici” in cui spiega di aver personalmente indicato il pericolo terrorismo ai principali esponenti del governo, ma che erano troppo presi dall’ossessione “Saddam”. Subito dopo la sua testimonianza, Cheney è corso a telefonare alla trasmissione radiofonica del fondamentalista crisitiano Rush Limbaugh per dire che Clarke “non era del gruppo” del NSC. Si era dimenticato che Condoleeza Rice aveva nominato Clarke a capo della “gestione della crisi” proprio l’11 settembre, come prima decisione della giornata. Clarke venne dimissionato molto più tardi, dopo che aveva ripetuto più volte a Bush che l’Iraq non c’entrava niente con l’11settembre.
Il libro di Woodward, pubblicato a puntate sulle pagine del Washington Post, dà supporto ai primi risultati della Commissione dettagliando anche come Cheney nel maggio 2001 avesse ricevuto il mandato di coordinare l’antiterrorismo e la sicurezza territoriale ma avrebbe ignorato la montagna di indicazioni e di prove raccolte dalla CIA e dalla FBI tra la primavera e l’estate, prove che parlavano di gravi rischi di attacco terroristico di vaste dimensioni.
Il 18 aprile, ospite della trasmissione “60 minutes” della CBS, Woodward ha rincarato la dose contro Cheney accusandolo di aver trascinato gli USA nella guerra in Iraq adducendo pretesti che adesso risultano chiaramente screditati, come i presunti legami dell’Iraq con l’11 settembre e come i presunti arsenali di armi di distruzione di massa di Saddam. Per scrivere il suo libro Woodward ha consultato almeno 75 esponenti dell’amministrazione e ha tra l’altro scritto che Cheney è stato anche l’architetto di ciò che il Segretario di Stato Colin Powell ha definito un governo paralle

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