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Considerazioni sulla Rivoluzione Francese

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Duecentotrenta anni dopo

 

Duecentotrenta anni fa avveniva a Parigi la presa della Bastiglia, con conseguente linciaggio delle guardie del presidio e del suo direttore Launay.
È convenzione degli storici datare l’inizio della Rivoluzione Francese in quel giorno, benché fosse cominciata di fatto quasi un anno prima, negli Stati Generali convocati l’8 agosto 1788.
Sempre da tale data, festa nazionale in Francia, si è soliti far partire quella che si definì Età Contemporanea, che per alcuni sarebbe poi sfociata nell’Età Atomica (6 agosto 1945, bombardamento di Hiroshima); anche se sarebbe più opportuno parlare ormai di un’Età Satellitare.
Fatto sta che gli ordinamenti moderni, basati sul laicismo tendenzialmente ateo, sono tutti considerati figli della Rivoluzione Francese benché fossero già stati proclamati, tredici anni prima, dai neonati Stati Uniti d’America, per la cui costituzione anche la massoneria francese e prussiana avevano giocato un ruolo non indifferente.

Punti fermi
Evitando di leggere la storia secondo un manuale dottrinario, qualunque ne sia l’orientamento, possiamo comunque fissare dei punti fermi. La mobilità sociale si trovava parzialmente imbrigliata nelle forme dell’Ancien Régime; la cultura dominante si stava orientando da due secoli ininterrottamente verso uno scetticismo materialista; la fronda nobiliare contro il Trono si nutriva di suggestioni illuministe. Luigi XVI era un galantuomo, magnanimo e con pudore nell’esercitare il potere, perché il suo precettore, l’Abate Fénélon, che era illuminista, lo aveva educato a vergognarsene.
La combinazione tra una pessima annata di raccolti e i debiti contratti in guerra con l’Inghilterra, aveva prodotto quello spirito di rivolta che, a detta di Napoleone, il Re avrebbe potuto stroncare con il polso fermo. “Che coglione!” disse di lui in italiano. Ma era soprattutto un nobile d’animo. E probabilmente era destinato alla ghigliottina dall’irruzione di forze metafisiche.
Forze metafisiche che si congiunsero, pur con intenzioni diverse, nella sedizione.
Nobili e Clero insorsero perché rifiutavano la tassazione per riparare il debito francese. Nel Terzo Stato il partito rivoluzionario, organizzatosi nei Club, s’impose all’insaputa della massa.

Stati di folla
Per anni ci furono febbricitanti e sanguinosi stati di folla che produssero autentici genocidi, mentre continue ondate rivoluzionarie portavano sulla cresta degli uomini che poi venivano puntualmente abbattuti e finivano assassinati o giustiziati. Joseph de Maistre, precedentemente in Massoneria, ci ha lasciato nel suo Considerazioni sulla Rivoluzione Francese un quadro lucido e perfetto delle forze infra/umane scatenate che tutto travolgono, ivi compresi i loro araldi e servitori.
L’irruzione dal basso dell’informe non consentiva comunque ritorni indietro ma soltanto rettifiche. Rese possibili peraltro dalle scelte inconsapevoli di alcuni simboli sacrali di Roma, quali il Fascio e il Berretto Frigio. Restauratore nel cambiamento si propose Napoleone. I nostalgici dell’Ancien Régime si troveranno, invece, a sostenere logge e alta finanza nell’avvio dell’era usuraia in salsa liberal/conservatrice. Questa, si obietterà, è un’altra storia, ma fino a un certo punto.
Quando si scatenano le forze infere serve una ri-fondazione. Saranno Cesare, e quindi Augusto, a salvare  e rinnovare Roma, cosa che nessun nostalgico avrebbe potuto realizzare dopo che stati di folla analoghi nella ferocia e nell’insensatezza a quelli francesi di diciotto secoli più tardi, si erano scatenati (si pensi a Cinna e Fimbria).
Uno stato di folla sub/umana e feroce produce sempre il Terrore. Lo produsse al tramonto della Res Publica, si ripeté nella Rivoluzione Francese che poi fu presa a modello dai bolscevichi per la realizzazione di un ulteriore, lunghissimo e larghissimo, inferno terrestre.

Oggi
A duecentotrent’anni di distanza si assiste nuovamente a un emergere di forze sub/razionali che, “liberati” gli individui ad opera della mistificazione democratica che nega i criteri essenziali e concede così a qualsiasi nullità di opinare e  di decidere benché non ne abbia la preparazione e la competenza necessarie, li spingono addirittura a nutrire la pretesa di disfare natura e cultura a capriccio e secondo un impianto utopico (si pensi alla follia gender). L’isteria che li caratterizza, la sete di linciaggio che li anima, sono a dir poco significative.
I moderni sono un po’ troppo disinvolti nel giocare con il sacro che neppure scorgono quando ci si baloccano scivolando nelle droghe, o in orgie di sangue e pedofilia, o anche in meno crudi ma nondimeno devastanti stati di de-personalizzazione di massa seguendo riti esogeni fondati su culture che odiano l’Olimpo.
Aprire gli occhi già sarebbe tantissimo. O si è serenamente padroni di sé o si è schiavi di forze oscure.
Gerarchia è l’antidoto all’annientamento. Per imporsela bisogna essere liberi.

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