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Fedeltà al governo e meno sparate personali. Così Fini a meno di quaranta suoi fedelissimi

ROMA – Dentro il Pdl, leali al governo e alla maggioranza ma liberi di dissentire e di fare proposte costruttive: Gianfranco Fini fa il punto con i parlamentari che gli sono rimasti fedeli, cerca di rassicurare i finiani che lo hanno seguito nell’ultimo strappo e di mostrare loro la rotta, nella sala della Camera intitolata all’indimenticato Pinuccio Tatarella.

Erano poco meno di quaranta, ma non erano stati convocati per una conta. La riunione si fa lunga: oltre quattro ore, durante le quali Fini annuncia che al convegno per la presentazione del rapporto Inps interverrà nel merito della riforma previdenziale. Ognuno dice la sua ed il presidente della Camera ascolta, palesemente desideroso di dilatare al massimo lo spazio del confronto interno.

“Non è in discussione la permanenza nel Pdl – mette subito in chiaro l’ex leader di An – e dobbiamo garantire la massima lealtà alla coalizione e alla maggioranza di governo, dobbiamo mostrare agli elettori totale fedeltà al programma elettorale”. Un’indicazione soprattutto ad uso di chi da oggi in poi andrà in tv o farà dichiarazioni. Nessun pretesto, insomma, offerto a chi vuole bollare la nuova “minoranza politico-culturale” come un manipolo di facinorosi pronti a sabotare l’agenda di governo. Per questo, si decide che ci saranno due ‘coordinatori’ (uno per la Camera ed uno per il Senato) che fungeranno un po’ da portavoce, da coordinatori delle diverse posizioni per evitare che si vada in ordine sparso sui temi più delicati.

Una accortezza che Giulia Bongiorno raccomanda in particolare sulle questioni legate alla giustizia, sulle quali chiede di essere sempre consultata. Si batte però sulla necessità di ‘aggiornarlo’ anche, il programma di governo, perché il quadro generale è mutato da quando è stato steso.

Fini torna a spiegare, che non si può accettare una Lega ‘dominus’ della coalizione e che il federalismo fiscale può essere realizzato a patto che non ci sia un Nord che se ne avvantaggia rispetto al Sud. Con spirito costruttivo, i finiani faranno proposte sullo sviluppo economico e sul federalismo fiscale.

Ma non ci saranno imboscate né le “scintille in Parlamento” di cui parlava Sandro Bondi al termine della direzione. Un concetto che Fini tornerà a spiegare in tv ospite di Ballarò, seconda tappa mediatica dopo ‘In 1/2 ora’ di Lucia Annunziata di una campagna televiva che l’ex leader di An vuole fare per spiegare agli italiani le sue posizioni politiche (e che forse lo vedrà presto sui divani bianchi di ‘Porta a Porta’ di Bruno Vespa).

Insomma, Fini chiede ai suoi di evitare sbavature e sparate solitarie, ma ha deciso che in compenso comunicherà molto lui per tutti. Contare tutti i ‘finiani’ anche oggi è impossibile per la stampa, tenuta rigorosamente lontana dal vertice della minoranza del Pdl da uno stuolo di commessi di Montecitorio. Si può dire invece che qualcuno tentenna, altri già scendono dalla scialuppa (Amedeo Laboccetta, dopo un colloquio di quasi un’ora nello studio del presidente Fini, dice “Io non ci sto”) e altri non si censurano nelle critiche.

Roberto Menia, fedelissimo dell’ex leader di An e suo amico personale, chiede ad esempio “Dove si va a sbattere? Qual è la strategia?”. Dopo aver definito ieri “irresponsabili” coloro che spingeranno verso le elezioni anticipate, Fini cerca oggi di coinvolgere i suoi in un’ottica costruttiva. “Facciamo un seminario – li esorta – un convegno con le nostre proposte che funga da piattaforma programmatica per rendere più forte il Pdl”.

C’é già una data in agenda: venerdì 14 maggio. Intanto, resta la questione relativa ad Italo Bocchino, capogruppo vicario del Pdl che, per evitare polemiche e strumentalizzazioni politiche, domani vuole consegnare ‘brevi manu’ al capogruppo Fabrizio Cicchitto la lettera delle sue dimissioni. “Adesso toccherà a loro darci una risposta”, spiega Bocchino nella riunione, forse alludendo alla clausola del regolamento approvato dal gruppo che lega il destino di Bocchino a quello di Cicchitto, essendo stati eletti in ticket. Insomma: simul stabunt, simul cadent.

BERLUSCONI, LITE SI FA IN DUE, PER DIVORZIO BASTA UNO – “Per litigare bisogna essere in due”, ma “per divorziare basta essere in uno”: così Silvio Berlusconi rispondendo ad una domanda su quale sia il segreto di un buon matrimonio politico, nel corso della conferenza stampa con Putin.

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