venerdì 19 Luglio 2024

Cuore di lupo

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VI puntata – Verso Sarajevo

Sono le 8.30 di mattina quando ci mettiamo in marcia verso Sarajevo.
Come immaginavamo, la strada è deserta e il viaggio è molto tranquillo, con l’instancabile Stefano alla guida e le letture di Fabio a voce alta: montagne ricoperte di neve e panorami mozzafiato ci
accompagnano per tutto il tragitto.
Nel momento in cui attraversiamo la frontiera per rientrare in Serbia avverto come un dispiacere: il dispiacere per non aver fatto ‘fisicamente’ qualcosa. I legami sono stati stretti, è vero, i posti dove intervenire individuati e visitati, e anche le idee adesso ce le abbiamo tutti quanti un po’ più chiare. Nei prossimi mesi lavoreremo per far conoscere quest’altra storia, ci impegneremo per aiutare la
scuola di Osojane con un generatore di corrente elettrica e cercheremo di dare una mano per mettere su la nuova serra di fragole. E anche per l’ospedale di Silovo faremo tutto il possibile: cercheremo di trovare un’automobile nuova, un generatore di corrente elettrica e tutto il materiale che ci hanno chiesto. Ma è quel senso di impotenza che ti disturba: il fatto che, messo di fronte alla brutalità e alla menzogna, il mondo chiuda gli occhi per non vedere. Perché, per quanto tu possa fare, l’umanità tutta ha già deciso i ruoli, assegnato le parti e condannato chi invece aveva ragione. Tutta questa miseria, questa paura, tutte queste croci disseminate ovunque lungo le strade, nelle piazze, nei giardini delle case… Un domani, quando penserò al Kosovo, ricorderò questo grande senso di amarezza, di sconfitta: perché questa è una sconfitta di tutta l’Europa e non solo dei serbi.
Durante questo viaggio ho finito di leggere “Cuore di Lupo” di Maria Lina Veca. Il lupo è l’animale totem dei serbi: l’espressione ‘cuore di lupo’ fa riferimento esattamente a questo e fa capire molte cose.
L’altro giorno, ad esempio, quando siamo andati verso Pristina, abbiamo incontrato un lupo squartato e messo a mo’ di trofeo su un tubo di cemento armato. Poco dopo ci siamo imbattuti in una vecchia: era ferma all’angolo di una strada, e con lei aveva 3 o 4 lupi morti.
Dire che sono disgustato è dire poco.
Il libro di Maria Lina Veca è scritto molto bene, si legge con estremo interesse, e parla di una storia vera. Anzi, di tante storie vere intrecciate tra loro e avvenute in questi tempi bui. Parla del traffico di organi, ad esempio, e di serbi scomparsi ai quali gli organi sono stati asportati per “esigenze di mercato”: qualcosa di terribile e raccapricciante, qualcosa che avviene a pochi chilometri di distanza dalle nostre case nell’indifferenza di quelle stesse persone che poi magari storcono il naso per degli scontri allo stadio.
Come fu per Italia-Serbia. Ripenso a quel gesto considerato folle e violento.
A tutta la messa in scena orchestrata dai soliti noti e ai commenti dei giornalisti durante la diretta e nei giorni successivi. “I giocatori stanno dicendo ai tifosi serbi che perderanno tre a zero!”: addirittura questo sono riusciti a dire confondendo per ignoranza il saluto serbo con una sconfitta a tavolino… Non ho mai apprezzato la violenza fine a se stessa e tanto meno i mitomani, ma ora che ho toccato con mano, che ho avuto l’opportunità di vedere da vicino quello che succede qui, di quei tifosi posso capire la rabbia, il senso d’impotenza di fronte all’ingiustizia subita. E non vedo più violenza fine a se stessa, né vedo mitomani perché comprendo il dolore, comprendo la necessità.
Perché se non hai voce e ti stanno uccidendo, utilizzi qualsiasi cosa possa servire.
Ivo Andric, scrittore jugoslavo Nobel per la letteratura nel 1961, diceva: “E’ grave se qualcuno soffre, ma è ancor più grave se qualcuno soffre e nessuno se ne accorge”. Ecco, questo popolo fiero che lentamente, giorno dopo giorno, sta morendo con la sua terra, lo sta facendo di nascosto.

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