venerdì 19 Luglio 2024

Diario di viaggio – Puntata uno

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Missione umanitaria in Birmania di CasaPound Italia e Popoli in viaggio tra i Karen

Prima di affrontare cinque giorni nella giungla facciamo la spesa di generi alimentari e materiale militare: sacchi a pelo, zanzariere amache con zanzariera incorporata, teli antipioggia, ponchi, jungle boot. Poi ci mettiamo: abbiamo percorso i primi 180 chilometri fino al punto d incontro con gli altri. Di questo viaggio c’è da dire che io l’ho fatto tutto sul cassone del pick up. C’era posto dentro la macchina ovviamente, ma ho voluto farlo fuori per osservare meglio il paesaggio, gli odori, i suoni di animali stranissimi. Questa strada è chiamata the road of death, la strada della morte. Un nome alquanto particolare dovuto al fatto che negli anni ‘60 i comunisti thailandesi assaltavano e uccidevano contadini e civili di varia età che vi transitavano per creare quel clima di tensione e d ingovernabilità della nazione. Boeh Mya, il padre del comandante dell’esercito nazionale di liberazione karen Nerdah Mya, generale di corpo d armata karen, in quegli anni combatteva i terroristi e questo garanti al popolo karen la benevolenza del governo thailandese.

In questo lungo e riflessivo viaggio abbiamo incontrato uno dei campi profughi più grandi della Thailandia, il campo di Umphiang, che ospita circa 40.000 karen: baracche e palafitte accatastate a ridosso di una montagna. I karen sono la seconda etnia più numerosa dopo gli Shan. C’è da dire che le etnie sono centinaia: elencarle tutte è pressoché impossibile. Le donne giraffa, quelle che si allungano il collo con degli anelli d’argento e che sono molto famose in occidente, appartengono all’etnia dei karenni. I karen contano 6.000.000 circa di anime divise tra religioni.  Al momento attuale i due blocchi religiosi più grandi sono i karen buddisti, filo birmani, e i karen cristiano battisti, che invece si oppongono al regime militare. Si tratta di due eserciti opposti che a malapena si sopportano, visto anche il fatto che i karen buddisti, su pressioni del governo birmano, agevolano lo spostamento dei karen dalle foreste birmane ai campi profughi, mentre i nostri vogliono esattamente l’opposto, ovvero riportare i profughi nella loro giungla, dove già vive mezzo milione di karen. Anche se in passato sono esistite situazioni abbastanza tese, con scontri a fuoco tra i due gruppi, al momento c’è una sorta di tregua. Tra l’altro, anche tra i nostri ci sono karen buddisti, questo a sottolineare il fatto che quello tra i due gruppi non è uno scontro di religione ma di direzione politica.

Alla fine della ‘road of death’ veniamo accolti da una ventina di guerriglieri che ci aiutano a scaricare i bagagli e a caricarli su dei piccoli trattori. Siamo nella stagione delle piogge e come immaginavamo veniamo colpiti da un forte temporale che rende il nostro primo viaggio fino al campo una sorta d inferno di fango. Arrivati al campo ci sistemiamo in una palafitta costruita appositamente per noi, ceniamo e andiamo a dormire. In giungla si mangia alle 18.30 e si va a dormire alle 20: fa buio prestissimo e la notte è un insieme di suoni e richiami strani.

Il giorno dopo ci svegliamo all’alba. Siamo nel campo militare di Nerdah e dei suoi fedelissimi: la Black legion special force e alle 5.30 c’è l’alzabandiera. Non siamo obbligati a essere presenti, è chiaro, siamo noi che vogliamo esserci. A poche decine di metri da dove ci troviamo noi sorge Little Verona, esempio concreto dell’ottimo lavoro svolto dalla comunità solidarista Popoli, che con perseveranza, sacrificio e serenità ha costruito questo villaggio di 32 case che ospita 300 persone circa. E non solo. Infatti c’è anche una clinica e una Popoli primary school. Sulle ‘case’ e sulle cliniche ci sono piccoli pannelli per rifornire i campi di un minimo di energia.

Ci mettiamo in fila indiana e partiamo: una ventina di soldati e noi, che siamo 8 persone. Oltre a me e a Paolo di Cpi, ci sono Franco, Massimo, Serena, Fabio e Rodolfo di Popoli e Cinzia dell’Uomo libero, un’altra onlus con la quale collaboriamo e che agisce su questo territorio. Al nostro arrivo veniamo accolti da un coro di bambini che in piedi dentro la primary school canta con estrema armonia canzoni karen. Sorridono e ci salutano. Sono bambini bellissimi. Sulla loro faccia i genitori mettono una specie di argilla profumata che serve per proteggere la pelle dal sole e dall’umidità. In realtà, non è argilla, anche se dal colore e dalla forma lo sembra, ma un estratto di corteccia di un albero del posto. L’umidità qui, neanche a dirlo, la fa da padrona: rende l’aria irrespirabile e fiacca i fisici degli occidentali.

Franco è molto amato da questa gente ed è molto naturale visto che sono più di 10 anni che porta aiuti e solidarietà. Inizia la distribuzione dei generi di vario tipo. Si aprono prima le borse dei giocattoli e poi quelle dei vestiti. I soldati sorridono e distribuiscono come capita, senza scegliere “cosa dare e a chi”: tutto a tutti. Nella miseria e nella situazione di disagio c’è tuttavia molta serenità. I bimbi non fanno capricci per il giocattolo che ricevono, non ci sono capricci o pianti per l’orsetto anziché la bambola di pezza. Quello che prendono lo prendono appunto con serenità. Stessa cosa fanno gli adulti con i vestiti.
In Little Verona ci sono circa 300 abitanti dicevamo, di cui quasi 40 bambini molto giovani dai 2 ai 9 anni. Finita la distribuzione, Rodolfo, il medico chirurgo di Popoli, inizia le visite supportato da Massimo e dall’instancabile Cinzia. Tutti i bimbi vengono controllati, pesati e visitati. Popoli ha fatto loro delle schede mediche. In questo giro di visite Rodolfo e Cinzia controllano come stavano i bimbi sei mesi fa, data dell’ultima visita, e con stupore si accorgono che stanno bene. Il peso è aumentato secondo i criteri della crescita e in un posto come questo vi assicuro: è una grande vittoria.

Finita la visita ai bimbi tocca agli adulti. Sono seduti nella sala d’attesa della clinica, saranno sì e no una ventina. Un ragazzo ha la malaria: deve essere portato all’ospedale più vicino, circa 300 km da dove ci troviamo. Nella giungla il problema viene portato dalle zanzare. Le zanzare che pungono di giorno trasmettono una terribile febbre chiamata DENG che se prende in modo grave crea emorragie interne facendo perdere tanto sangue dagli orifizi, se prende in modo leggero crea fortissimi dolori alle ossa debilitando al massimo e rendendo impossibile ogni movimento. Le zanzare che pungono di notte invece trasmettono malaria.

Gli adulti a turno si alzano e vanno dal dottore che con saggezza e caparbietà calabrese ed etica professionale li passa al setaccio uno per uno. Dovrà operare un ragazzo al piede per via di una scheggia di corteccia entrata tempo addietro e quindi incancrenita. Agli altri somministra medicine contro la dissenteria (molto frequente) e vitamine. Vitamine che anche ai bimbi erano state date con caramelle.

In Little Verona ci sono due campi sportivi, uno di pallavolo e uno di calcio tennis. Ragazzi di circa 20 anni (anche se e molto difficile capire bene l’età di questa gente) giocano tra grandi risate e sfotto’ sia a pallavolo che a calcio tennis. Paolo e Fabio per socializzare si mettono a gareggiare nella pallavolo. Io mi soffermo a vedere il calcio tennis. Il calcio tennis è molto frequente qui. Viene giocato in tutta la Thailandia come sport nazionale. Viene praticato con una piccola palla di vimini intrecciata e vedere questi ragazzi giocare è uno spettacolo: girano calci volanti al doppio della loro altezza senza cadere. Chi vince ride e prende in giro gli altri e chi perde va a terra e fa 20 flessioni.

Le visite continuano. Finita la partita e controllato che possiamo essere più utili al campo militare, io, Paolo e Fabio torniamo all’accampamento militare per aiutare i ragazzi nell’ampliamento della casa costruita per noi, che sarà la casa degli ospiti. I karen sono ottimi artigiani del legno. Nel giro di un paio d’ore hanno costruito un bellissimo tavolino da esterni, visto che quello che c’era all’interno della casa era un po’ piccolo. L’intenzione è di allargare la casa sul lato sinistro. Scaviamo tre buche e fissiamo questi pali grossi e robusti, dopo di che andiamo a farci un bagno in una pozza d acqua circondata da pannocchie a 10 minuti da qui.

Il bagno intesa come doccia si fa stando in costume o in mutande sul bordo di questa piccola pozza di acqua corrente, facendo attenzione a buttare l’acqua sporca in un piccolo torrente di scarico. Il bagno inteso invece come toilette sono delle piccole capanne con interrate delle piattaforme di bagno turco.

La sera a cena mangiamo nodlees (spaghettini di riso) pollo, uova, cuore di bambu bollito (il sapore ricorda quello del carciofo). Siamo tutti stanchissimi. Andiamo a dormire, per la prima volta in vita nostra molto probabilmente, alle 19. Domani mattina ci alzeremo all’alba per raggiungere un villaggio a 10 km da qui: ci sono persone anziane che devono essere visitate. Il villaggio si chiama Populata. Sarà una lunga e faticosa marcia fatta in una giungla infestata di mine antiuomo e con pattugliamenti birmani. Ci troviamo nella stessa zona dove due settimane fa hanno ucciso un volontario del Free burma rangers. In tutto saremo un novantina di persone: otto civili e il resto militari armati con in testa il loro comandante. Zaini affardellati pronti. Amache, teli, ponchi, nello zaino c’è proprio tutto. Ancora una spruzzata di autan e mi infilo nel sacco a pelo. Buonanotte.

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